I pochi studi che hanno esaminato l’effetto di superiorità della parola (WSE) o della pseudo-parola (PSE) nei bambini dislessici riportano risultati contrastanti e sono condotti su ortografie opache. 23 normolettori e 18 dislessici sono stati sottoposti al paradigma di Reicher e Wheleer, con parole (VISO), non parole (VESI) e stringhe (VRSN), per un totale di 190 stimoli. L’esperimento è stato somministrato con liste sia miste che bloccate. Inoltre gli stessi stimoli sono stati somministrati in un compito di ricerca visiva, in cui compariva prima la lettera target e successivamente lo stimolo all’interno del quale il soggetto doveva riconoscere la presenza della lettera. Nel compito di Reicher-Wheeler, i dislessici sono meno accurati dei normolettori, ed entrambi (ma soprattutto i dislessici) sono più accurati con le parole, rispetto alle non-parole e soprattutto alle stringhe. Nella condizione a lista mista entrambi i gruppi hanno un WSE rispetto alle stringhe ed un PSE, ma l’effetto è maggiore nei dislessici; mentre il WSE rispetto alle non parole è presente solo nei dislessici. Nell’esperimento a lista bloccata gli effetti sono invece paragonabili nei due gruppi: entrambi hanno un WSE rispetto alle stringhe ed un PSE, ma non evidenziano un WSE rispetto alle non parole. Nella ricerca visiva dislessici e normolettori sono meno accurati e hanno prestazioni paragonabili con tutte le tipologie di stimoli: entrambi presentano un WSE invertito (sia con stringhe che con non-parole), per cui è più difficile effettuare la ricerca visiva nella parola. Lo stesso non accade nel caso del PSE: identificare stimoli posti in una stringa pronunciabile (nonparola) non compromette la performance rispetto alle stringhe non pronunciabili.
Marinelli, C. V., Traficante, D., Zoccolotti, P., Il word superiority effect in bambini italiani con dislessia evolutiva, Comunicazione, in XXII Congresso Nazionale AIRIPAI DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO25-26 Ottobre 2013, (Pordenone, 25-26 October 2013), Giunti O.S., Firenze 2013: 138-138 [http://hdl.handle.net/10807/61716]
Il word superiority effect in bambini italiani con dislessia evolutiva
Traficante, Daniela;
2013
Abstract
I pochi studi che hanno esaminato l’effetto di superiorità della parola (WSE) o della pseudo-parola (PSE) nei bambini dislessici riportano risultati contrastanti e sono condotti su ortografie opache. 23 normolettori e 18 dislessici sono stati sottoposti al paradigma di Reicher e Wheleer, con parole (VISO), non parole (VESI) e stringhe (VRSN), per un totale di 190 stimoli. L’esperimento è stato somministrato con liste sia miste che bloccate. Inoltre gli stessi stimoli sono stati somministrati in un compito di ricerca visiva, in cui compariva prima la lettera target e successivamente lo stimolo all’interno del quale il soggetto doveva riconoscere la presenza della lettera. Nel compito di Reicher-Wheeler, i dislessici sono meno accurati dei normolettori, ed entrambi (ma soprattutto i dislessici) sono più accurati con le parole, rispetto alle non-parole e soprattutto alle stringhe. Nella condizione a lista mista entrambi i gruppi hanno un WSE rispetto alle stringhe ed un PSE, ma l’effetto è maggiore nei dislessici; mentre il WSE rispetto alle non parole è presente solo nei dislessici. Nell’esperimento a lista bloccata gli effetti sono invece paragonabili nei due gruppi: entrambi hanno un WSE rispetto alle stringhe ed un PSE, ma non evidenziano un WSE rispetto alle non parole. Nella ricerca visiva dislessici e normolettori sono meno accurati e hanno prestazioni paragonabili con tutte le tipologie di stimoli: entrambi presentano un WSE invertito (sia con stringhe che con non-parole), per cui è più difficile effettuare la ricerca visiva nella parola. Lo stesso non accade nel caso del PSE: identificare stimoli posti in una stringa pronunciabile (nonparola) non compromette la performance rispetto alle stringhe non pronunciabili.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.