La nota affronta il problema della legittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge n. 40/2010, traendo spunto dal pronunciamento della Corte costituzionale n. 150/2012 reso nell’ambito della relativa q.l.c. sollevata da vari tribunali italiani nel 2010-2011. Chiarito in via preliminare che la questione non può essere affrontata esclusivamente alla luce delle norme interposte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e valutata criticamente la teoria dello standard del consenso fatta propria dalla Corte EDU, la quale mette capo ad un ingiustificato allontanamento dalla dottrina del costituzionalismo, lo scritto si concentra sul rapporto tra fecondazione eterologa ed i principi costituzionali di non-discriminazione, di tutela della filiazione e di tutela della salute. In questa prospettiva, dapprima si argomenta che proprio il principio di eguaglianza, che postula l’identità o la ragionevole analogia tra le situazioni da assoggettare a pari trattamento, metta in luce una differenza incolmabile tra coppie la cui sterilità non impedisce la messa in comune dei propri gameti (alle quali è garantito accesso alla PMA omologa) e coppie la cui sterilità impedisce in radice la messa in comune dei gameti e quindi la generazione di un figlio, e non possa quindi essere addotto a fondamento giustificativo dell’ipotetico riconoscimento alle seconde del diritto di accedere alla PMA eterologa. Di seguito, si evidenzia come la nozione costituzionale di filiazione presupponga la normale coincidenza tra genitorialità biologica e genitorialità sociale ed ammetta una dissociazione tra le due solo in presenza di un’accertata incapacità genitoriale di prendersi cura del figlio, valendo così a giustificare costituzionalmente l’adozione, quale rimedio volto a dare una famiglia sostitutiva ad un minore già nato rimastone privo, ma non anche la fecondazione eterologa, con la quale si fa nascere un bambino allo scopo di soddisfare l’aspirazione alla genitorialità sociale di chi non può essere genitore biologico e si crea ex antea un’artificiale frattura tra biologia e biografia della persona. Infine, si sottolinea che la nozione di salute, che per quanto ampia deve rimanere intersoggettivamente comunicabile, sotto pena della sua impraticabilità giuridica, non consente di qualificare come terapia della sterilità o dell’infertilità della coppia la messa a disposizione di gameti esterni alla coppia stessa, quale si realizza per il tramite dell’eterologa, se non al prezzo di equiparare ad una realtà (la procreazione) la sua simulazione, ed indice pertanto a prediligere – quali strumenti volti a soddisfare il desiderio di una genitorialità non biologica – sia l’adozione di minori che l’adozione di embrioni abbandonati.

Renda, A., Nicolussi, A., Fecondazione eterologa: il pendolo tra Corte costituzionale e Corte EDU, <<EUROPA E DIRITTO PRIVATO>>, 2013; (1): 212-239 [http://hdl.handle.net/10807/45933]

Fecondazione eterologa: il pendolo tra Corte costituzionale e Corte EDU

Renda, Andrea;Nicolussi, Andrea
2013

Abstract

La nota affronta il problema della legittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge n. 40/2010, traendo spunto dal pronunciamento della Corte costituzionale n. 150/2012 reso nell’ambito della relativa q.l.c. sollevata da vari tribunali italiani nel 2010-2011. Chiarito in via preliminare che la questione non può essere affrontata esclusivamente alla luce delle norme interposte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e valutata criticamente la teoria dello standard del consenso fatta propria dalla Corte EDU, la quale mette capo ad un ingiustificato allontanamento dalla dottrina del costituzionalismo, lo scritto si concentra sul rapporto tra fecondazione eterologa ed i principi costituzionali di non-discriminazione, di tutela della filiazione e di tutela della salute. In questa prospettiva, dapprima si argomenta che proprio il principio di eguaglianza, che postula l’identità o la ragionevole analogia tra le situazioni da assoggettare a pari trattamento, metta in luce una differenza incolmabile tra coppie la cui sterilità non impedisce la messa in comune dei propri gameti (alle quali è garantito accesso alla PMA omologa) e coppie la cui sterilità impedisce in radice la messa in comune dei gameti e quindi la generazione di un figlio, e non possa quindi essere addotto a fondamento giustificativo dell’ipotetico riconoscimento alle seconde del diritto di accedere alla PMA eterologa. Di seguito, si evidenzia come la nozione costituzionale di filiazione presupponga la normale coincidenza tra genitorialità biologica e genitorialità sociale ed ammetta una dissociazione tra le due solo in presenza di un’accertata incapacità genitoriale di prendersi cura del figlio, valendo così a giustificare costituzionalmente l’adozione, quale rimedio volto a dare una famiglia sostitutiva ad un minore già nato rimastone privo, ma non anche la fecondazione eterologa, con la quale si fa nascere un bambino allo scopo di soddisfare l’aspirazione alla genitorialità sociale di chi non può essere genitore biologico e si crea ex antea un’artificiale frattura tra biologia e biografia della persona. Infine, si sottolinea che la nozione di salute, che per quanto ampia deve rimanere intersoggettivamente comunicabile, sotto pena della sua impraticabilità giuridica, non consente di qualificare come terapia della sterilità o dell’infertilità della coppia la messa a disposizione di gameti esterni alla coppia stessa, quale si realizza per il tramite dell’eterologa, se non al prezzo di equiparare ad una realtà (la procreazione) la sua simulazione, ed indice pertanto a prediligere – quali strumenti volti a soddisfare il desiderio di una genitorialità non biologica – sia l’adozione di minori che l’adozione di embrioni abbandonati.
2013
Italiano
Renda, A., Nicolussi, A., Fecondazione eterologa: il pendolo tra Corte costituzionale e Corte EDU, <<EUROPA E DIRITTO PRIVATO>>, 2013; (1): 212-239 [http://hdl.handle.net/10807/45933]
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