Il verbo «divorare», per la sua proprietà semantica, si presta a essere utilizzato in significati metaforici più ampi del semplice «alimentarsi» in grado di veicolare precisi valori o concetti complessi. In particolare, in due testi simbolo dell'esperienza della Seconda Guerra Mondiale - quali Uomini e no di Vittorini e la poesia Il sogno del prigioniero di Montale, contenuta in La bufera e altro - la brutalità della guerra è rappresentata attraverso scelte linguistiche e lessicali tratte dall'ambito gastronomico e il verbo «divorare» diviene una manifestazione di violenza, di distruzione dell'altro da sé, che riporta l'umanità a una sfera bestiale. Dalla violenza disumana dell'omicidio di Giulaj, che muta l'uomo stesso in cibo per animali, ai prigionieri ridotti a un «pâté» di carni: sia in Vittorini che in Montale l'umanità è riqualificata come cibo dalla ferocia nazista, in una ripresa della metafora del cannibalismo che sembra discendere dalla letteratura americana, specie dal modello di Melville.
Chiocchetti, E., La metafora culinaria come disumanizzazione durante la Seconda Guerra Mondiale: due testi emblematici, in Letteratura e Potere/Poteri, (Catania, 23-25 September 2021), Adi editore, Roma 2023: 2-10 [https://hdl.handle.net/10807/275153]
La metafora culinaria come disumanizzazione durante la Seconda Guerra Mondiale: due testi emblematici
Chiocchetti, Elisa
2023
Abstract
Il verbo «divorare», per la sua proprietà semantica, si presta a essere utilizzato in significati metaforici più ampi del semplice «alimentarsi» in grado di veicolare precisi valori o concetti complessi. In particolare, in due testi simbolo dell'esperienza della Seconda Guerra Mondiale - quali Uomini e no di Vittorini e la poesia Il sogno del prigioniero di Montale, contenuta in La bufera e altro - la brutalità della guerra è rappresentata attraverso scelte linguistiche e lessicali tratte dall'ambito gastronomico e il verbo «divorare» diviene una manifestazione di violenza, di distruzione dell'altro da sé, che riporta l'umanità a una sfera bestiale. Dalla violenza disumana dell'omicidio di Giulaj, che muta l'uomo stesso in cibo per animali, ai prigionieri ridotti a un «pâté» di carni: sia in Vittorini che in Montale l'umanità è riqualificata come cibo dalla ferocia nazista, in una ripresa della metafora del cannibalismo che sembra discendere dalla letteratura americana, specie dal modello di Melville.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.