Un pezzo di castagnaccio, una manciata di castagne. Storia agraria e paesaggio montano nell’Alessandrino tra sviluppo, interruzione e possibile ripresa

Nel nostro paesaggio gastronomico affollato, un cibo può scomparire. Può farlo d’improvviso o lentamente, senza far rumore. Queste scomparse, però, solo poche volte attraggono l’attenzione del pubblico. Per lo più succedono nel turbinio di affetti ed eventi che scandiscono il quotidiano.1 In queste scomparse si possono leggere esperimenti di mercato andati a mala fine, trasformazioni e riposizionamenti aziendali, ovvero il progressivo cambio di consumi della società. In un’era di catene globali del valore,2 però, queste scomparse possono essere il bandolo da afferrare per ripercorrere il cambiamento di un territorio, delle sue filiere, del suo incatenarsi di produzioni, luoghi e genti, e il punto di partenza per interrogarsi su quali strategie mettere in campo per disegnare un futuro. Queste pagine si muovono in questa direzione, partendo da un dolce per interrogare le trasformazioni agrarie che si concatenano a quest’assenza; ripercorrono strade e sentieri un tempo frequentati da mercanti e contadini, oggi quasi abbandonati; guardano ai boschi oggi inselvatichiti esplorando modelli per riattivarli facendone di nuovo territorio antropico; provano a riallacciare un nodo tra passato e futuro attraverso cui dare risposte a quel fenomeno di marginalizzazione rurale che erode il Paese; fanno questo muovendosi nel territorio dell’Alessandrino, seguendo la via Salaria fino al confine con la Liguria, non smettendo di guardare a quei monti che tratteggiano l’orizzonte e danno senso al nome di questa regione.