Analizzando il processo che ha portato alla posa della prima pietra di inciampo per rom e sinti in Italia, avvenuta il 18 gennaio 2023 a Trieste, il contributo si interroga sulle tappe che hanno riattivato la partecipazione politica di giovani rom e sinti, proprio a partire dalla ricostruzione di vicende storiche che si sono trasformate in elementi di riscoperta della propria identità collettiva, in coerenza con la Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti, Caminanti (2012-2020; poi 2021-2030). Il periodo 1990-2010 è stato caratterizzato dalla ricostruzione a livello storico della deportazione e dello sterminio nazifascista, noto come Porrajmos o Samudaripen; successivamente, istituzioni culturali, come le università, hanno lavorato a progetti per la sua divulgazione e si sono interrogati su come promuovere una didattica della memoria (tra gli altri, Porrajmos.it: il museo virtuale sullo sterminio di sinti e rom; Rom e Sinti in Italia e nel mondo – Giving Memory a Future); quindi istituzioni e realtà culturali hanno acquisito la consapevolezza che tale memoria assume un particolare significato nel contrasto all’antiziganismo diffuso anche oggi, facendo emergere i meccanismi di conservazione di letture stereotipate mantenutesi anche dopo Auschwitz. Parallelamente a questo percorso nello spazio culturale pubblico, è avvenuto un processo di narrazione interna alle comunità rom e sinti italiane che si lega alla riappropriazione della propria storia come elemento di costruzione di cittadinanza, smentendo un quadro sociale di memoria, dunque un processo di narrazione sociale consolidatosi nella storia, che teorizzava una sorta d’incapacità delle “popolazioni nomadi” (così venivano definiti i rom e sinti) nel considerare la profondità del racconto storico. L’idea dell’incapacità di narrazione storica rappresenta un pregiudizio diffuso e pericoloso, perché l’accusa d’incapacità a rapportarsi con il passato si alimenta reciprocamente con la negazione di appartenenza a una cittadinanza che resta fondamento essenziale per la costruzione di gruppi socialmente coesi. Il contributo rilegge, alla luce di questo scenario, la posa della pietra di inciampo (Stolpersteine) a Romano Held (1927-1948), sinto per parte paterna e rom per parte materna, deportato da Udine a Dachau nel 1944. La ricostruzione storica della sua vicenda, curata dagli autori del contributo e che ha attinto a fonti storiche diverse (fonti orali interne alle comunità, videointerviste realizzate in precedenti progetti, fondi conservati presso l’Archivio di Stato di Udine), e la partecipata posa della pietra di inciampo ha visto il coinvolgimento di diversi gruppi rom e sinti ed è l’esito dell’alleanza tra le due più importanti associazioni giovanili italiane ebraiche (UGEI – Unione Giovani Ebrei d’Italia) e romanì (UCRI – Unione Comunità Romanès in Italia). La comunità familiare degli Held, tuttora presente nella regione Friuli Venezia Giulia, ha prodotto una riattivazione anche attraverso l’arte: nel giorno della posa della pietra d’inciampo, sono tornate ad essere proposte in contesto pubblico le poesie, i componimenti musicali e le testimonianze che componevano da sempre la narrazione privata legata alla deportazione familiare, ma che ha trovato possibilità di espressione e riconoscimento condiviso con l’esterno. Si tratta di un’esperienze d’inclusione attivata attraverso la narrazione storica dentro ad uno spazio di racconto condiviso tra maggioranza e minoranze. Rispetto al tema della narrazione multipla, è ancor più significativo perché è nato dalla collaborazione di componenti giovanili della comunità ebraica italiana e delle comunità rom e sinti, ma con il chiaro obiettivo di non realizzarsi in uno spazio di dibattito chiuso entro il perimetro delle due minoranze, ma teso a germogliare all’esterno, per riattivare il dibattito pubblico e politico sul tema della memoria delle deportazioni e dello sterminio nazifascista. Il percorso di ricerca storica e di attivazione comunitaria che ha portato alla posa della pietra a Romano Held viene in questo senso analizzato come processo educativo che partecipa all’elaborazione di quadri sociali di memoria, attraverso i quali le comunità edificano, definiscono e conservano (o cambiano) i propri riferimenti valoriali collettivi, le proprie narrazioni pubbliche, l’immagine di sé stessi e dell’alterità. Le memorie individuali o collettive delle comunità, i documenti d’archivio, insieme alle testimonianze orali e agli oggetti di vita quotidiana, possono rappresentare strumenti di riattivazione di narrazione storica che si arricchisca di una pluralità di voci, che incentivi il dibattito e che, in particolare, permetta il superamento della duplice narrazione, o della negazione, sul Porrajmos.

Bravi, L., Pasta, S., Dal privato allo spazio pubblico. Le fonti sulla deportazione di rom e sinti come percorso di cittadinanza e riconoscimento, Abstract de <<III Congresso della Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico Educativo - III Congress of Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo>>, (Milano, 14-15 December 2023 ), EUM - Edizioni Università di Macerata, Macerata 2023: 215-217 [https://hdl.handle.net/10807/258415]

Dal privato allo spazio pubblico. Le fonti sulla deportazione di rom e sinti come percorso di cittadinanza e riconoscimento

Pasta, Stefano
2023

Abstract

Analizzando il processo che ha portato alla posa della prima pietra di inciampo per rom e sinti in Italia, avvenuta il 18 gennaio 2023 a Trieste, il contributo si interroga sulle tappe che hanno riattivato la partecipazione politica di giovani rom e sinti, proprio a partire dalla ricostruzione di vicende storiche che si sono trasformate in elementi di riscoperta della propria identità collettiva, in coerenza con la Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti, Caminanti (2012-2020; poi 2021-2030). Il periodo 1990-2010 è stato caratterizzato dalla ricostruzione a livello storico della deportazione e dello sterminio nazifascista, noto come Porrajmos o Samudaripen; successivamente, istituzioni culturali, come le università, hanno lavorato a progetti per la sua divulgazione e si sono interrogati su come promuovere una didattica della memoria (tra gli altri, Porrajmos.it: il museo virtuale sullo sterminio di sinti e rom; Rom e Sinti in Italia e nel mondo – Giving Memory a Future); quindi istituzioni e realtà culturali hanno acquisito la consapevolezza che tale memoria assume un particolare significato nel contrasto all’antiziganismo diffuso anche oggi, facendo emergere i meccanismi di conservazione di letture stereotipate mantenutesi anche dopo Auschwitz. Parallelamente a questo percorso nello spazio culturale pubblico, è avvenuto un processo di narrazione interna alle comunità rom e sinti italiane che si lega alla riappropriazione della propria storia come elemento di costruzione di cittadinanza, smentendo un quadro sociale di memoria, dunque un processo di narrazione sociale consolidatosi nella storia, che teorizzava una sorta d’incapacità delle “popolazioni nomadi” (così venivano definiti i rom e sinti) nel considerare la profondità del racconto storico. L’idea dell’incapacità di narrazione storica rappresenta un pregiudizio diffuso e pericoloso, perché l’accusa d’incapacità a rapportarsi con il passato si alimenta reciprocamente con la negazione di appartenenza a una cittadinanza che resta fondamento essenziale per la costruzione di gruppi socialmente coesi. Il contributo rilegge, alla luce di questo scenario, la posa della pietra di inciampo (Stolpersteine) a Romano Held (1927-1948), sinto per parte paterna e rom per parte materna, deportato da Udine a Dachau nel 1944. La ricostruzione storica della sua vicenda, curata dagli autori del contributo e che ha attinto a fonti storiche diverse (fonti orali interne alle comunità, videointerviste realizzate in precedenti progetti, fondi conservati presso l’Archivio di Stato di Udine), e la partecipata posa della pietra di inciampo ha visto il coinvolgimento di diversi gruppi rom e sinti ed è l’esito dell’alleanza tra le due più importanti associazioni giovanili italiane ebraiche (UGEI – Unione Giovani Ebrei d’Italia) e romanì (UCRI – Unione Comunità Romanès in Italia). La comunità familiare degli Held, tuttora presente nella regione Friuli Venezia Giulia, ha prodotto una riattivazione anche attraverso l’arte: nel giorno della posa della pietra d’inciampo, sono tornate ad essere proposte in contesto pubblico le poesie, i componimenti musicali e le testimonianze che componevano da sempre la narrazione privata legata alla deportazione familiare, ma che ha trovato possibilità di espressione e riconoscimento condiviso con l’esterno. Si tratta di un’esperienze d’inclusione attivata attraverso la narrazione storica dentro ad uno spazio di racconto condiviso tra maggioranza e minoranze. Rispetto al tema della narrazione multipla, è ancor più significativo perché è nato dalla collaborazione di componenti giovanili della comunità ebraica italiana e delle comunità rom e sinti, ma con il chiaro obiettivo di non realizzarsi in uno spazio di dibattito chiuso entro il perimetro delle due minoranze, ma teso a germogliare all’esterno, per riattivare il dibattito pubblico e politico sul tema della memoria delle deportazioni e dello sterminio nazifascista. Il percorso di ricerca storica e di attivazione comunitaria che ha portato alla posa della pietra a Romano Held viene in questo senso analizzato come processo educativo che partecipa all’elaborazione di quadri sociali di memoria, attraverso i quali le comunità edificano, definiscono e conservano (o cambiano) i propri riferimenti valoriali collettivi, le proprie narrazioni pubbliche, l’immagine di sé stessi e dell’alterità. Le memorie individuali o collettive delle comunità, i documenti d’archivio, insieme alle testimonianze orali e agli oggetti di vita quotidiana, possono rappresentare strumenti di riattivazione di narrazione storica che si arricchisca di una pluralità di voci, che incentivi il dibattito e che, in particolare, permetta il superamento della duplice narrazione, o della negazione, sul Porrajmos.
2023
Italiano
Il patrimonio storico-educativo come fonte per la Public History of Education. Tra buone pratiche e nuove prospettive. The historical-educational heritage as a source for the Public History of Education. Between good practices and new perspectives. Book of abstracts del III Congresso della Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico Educativo (Milano, 14-15 dicembre 2023) / Book of abstracts of III Congress of Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo (Milan, 14th-15th December 2023)
III Congresso della Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico Educativo - III Congress of Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo
Milano
14-dic-2023
15-dic-2023
978-88-6056-870-0
EUM - Edizioni Università di Macerata
Bravi, L., Pasta, S., Dal privato allo spazio pubblico. Le fonti sulla deportazione di rom e sinti come percorso di cittadinanza e riconoscimento, Abstract de <<III Congresso della Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico Educativo - III Congress of Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo>>, (Milano, 14-15 December 2023 ), EUM - Edizioni Università di Macerata, Macerata 2023: 215-217 [https://hdl.handle.net/10807/258415]
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Bravi Pasta 2023 SIPSE_Book-of-abstracts_full-text_rev (1).pdf

accesso aperto

Tipologia file ?: Versione Editoriale (PDF)
Licenza: Creative commons
Dimensione 944.47 kB
Formato Adobe PDF
944.47 kB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10807/258415
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact