Nel suo editoriale sull’edizione speciale della rivista EAS “La guerra in classe” Pier Cesare Rivoltella richiama l’importanza di raccontare la guerra ai bambini e ai ragazzi nelle scuole. Raccontare la guerra in classe per non lasciare il racconto solo allo spazio mediale ma provare a stimolare un approccio critico alle notizie e alle immagini, per non lasciare che il conflitto diventi solo un altro elemento di flusso e di semplificazione. Raccogliendo questo stimolo, ci si è interrogati su un aspetto della rappresentazione mediale del conflitto che emerge sempre più nello scenario mediale contemporaneo, la dimensione del digitale. La narrazione del conflitto, infatti, si dipana in quella che David Bolter ha definito la Plenitude Digitale, in cui tutto sembra disintermediarsi e porsi sullo stesso piano senza più distinzione tra vero e verosimile, canone alto e basso, competente e non competente. In questo scenario ci interroga la rappresentazione mediatica della tecnologia nel conflitto, una rappresentazione che seppur partita dalle analisi militari delle forze in gioco, tende a costruire una nuova categorizzazione, forse l’unica possibilità di rappresentare il diverso nella Plenitude bolteriana, l’appartenenza o l’esclusione dal mondo della tecnologia digitale e delle reti. Il noi contro loro diventa un’assiologia non solo del bene contro il male, ma del bene digitale contro il male analogico e obsoleto. Manuel Castells, nel suo lavoro di analisi dell’avvento del tempo del digitale, rileva come l’incapacità strutturale del sistema sovietico di adeguarsi alla flessibilità e alla rapidità del digitale fu una delle cause del declino e, alla fine, del crollo dell’URSS; questa dimensione sembra riproposta ora come una chiave di narrazione del conflitto. Nella rappresentazione mediale della guerra in Ucraina siamo rapidamente passati dalla narrazione degli “attacchi hacker” russi al racconto di un’armata di stampo “sovietico”, composta da mezzi degli anni ‘70, coinvolta in una guerra che “sembra la seconda guerra mondiale”, “indietro sulla tecnologia”, una “Russia che vuole lasciare Internet”, contrastata da una resistenza Ucraina che è passata della bombe molotov e dai Kalashnikov in mano ai civili alle armi ibridate con la tecnologia digitale come i droni, i missili Javelin, la “sorveglianza digitale del campo di battaglia”, il “riconoscimento facciale dei nemici”. Si può leggere in questo senso anche la decisione di Meta, società per eccellenza simbolo del “web moderno”, di schierarsi a favore dell’Ucraina, sospendendo le policy sull’hate speech e fornendo opportunità tecnologiche per gli ucraini. Allo stesso modo si è schierato attivamente contro la Russia il movimento di Anonymous, unendo dalla stessa parte – quella della tecnologia digitale – i simboli per eccellenza dei colossi del Web e dell’hacktivismo digitale, spesso posizionati su fronti opposti. Va ricordato che in Italia, pur con talune eccezioni sovraesposte, l’invasione russa è accompagnata da un generale sostegno mediatico, politico e culturale agli ucraini da un punto di vista morale, di solidarietà umana e anche militare; in campo italiano una situazione simile si era avuta durante la guerra in Kosovo (1999) e l’intervento della Nato. Nella ricerca proposta di seguito abbiamo concentrato l’attenzione sulla rappresentazione della tecnologia utilizzata dalle parti in conflitto per verificare l’ipotesi che la narrazione emergente sia quella di una contrapposizione tra una parte “buona”, che vive assieme a “noi” nel mondo digitale contemporaneo, e una parte “cattiva”, che viene dal passato analogico sovietico e che non appartiene, più, al nostro mondo. Occorre interrogarsi sulla validità di tale rappresentazione. La ricerca si compone di due fasi: la prima è più vicina all’analisi classica del discorso mediatico tradizionale, mentre la seconda rientra nelle tecniche di social network analysis (SNA). Nella prima sono stati estratti gli articoli di sette quotidiani italiani relativi alla tecnologia associata alla guerra e ai due blocchi per un periodo di due mesi a partire dal 24 febbraio 2022, data dell’invasione russa dell’Ucraina. La selezione riguarda le testate più diffuse in Italia (Corriere della Sera, la Repubblica), espressione di determinati mondi culturali (Il Sole 24 Ore, Avvenire), o caratterizzate da posizioni politiche opposte (il Giornale, il Fatto Quotidiano, Il Manifesto). L’analisi del corpus è funzionale all’individuazione di tendenze temporali e tematiche nell’associazione tra tecnologia e guerra, rilevando eventi o temi che modificano il discorso pubblico e differenze tra le diverse testate analizzate. La seconda parte mira a verificare la tenuta di questa interpretazione nel web sociale; il corpus, relativo allo stesso arco temporale e circoscritto alla lingua italiana, è tratto da Twitter, poiché tra i principali social network è l’unico con facilità di accesso ai dati in modo automatico attraverso le API, ovvero le interfacce di programmazione delle applicazioni. La metodologia di detection unisce la ricerca automatica con la classificazione umana, come già applicato in altri studi. La domanda è se nel discorso in Twitter sia valido lo stesso schema interpretativo (tecnologia moderna vs tecnologia arcaica) e se vi siano picchi temporali di tale retorica, attraverso analisi temporali su classificazioni campionarie effettuate manualmente da esperti. I dati sono stati raccolti utilizzando la libreria open-source Python GetOldTweets3, con la quale è possibile ottenere i tweet tramite la ricerca per query. Con la stringa di ricerca che unisce la presenza di un lemma individuante uno dei due blocchi contrapposti nella guerra con un elemento associato tecnologia, attraverso parole chiave ricavate dalla prima fase della ricerca. Successivamente, seguendo la tecnica del campionamento casuale semplice senza ripetizione, è stato selezionato un dataset campionario (Gareth et al., 2017). Quest’ultimo è stato classificato manualmente da esperti del settore, provando a rispondere alla domanda di ricerca.
Raviolo, P., Pasta, S., Mediawar, la rappresentazione mediale della tecnologia nel conflitto come dimensione identitaria in prospettiva media-educativa, Abstract de <<Convegno SIREM 2022 “Apprendere con le tecnologie tra presenza e distanza”>>, (Roma, Università Pontificia Salesiana, 31-August 02-September 2022 ), Scholé - Morcelliana, Brescia 2022: 33-36 [http://hdl.handle.net/10807/213871]
Mediawar, la rappresentazione mediale della tecnologia nel conflitto come dimensione identitaria in prospettiva media-educativa
Pasta, Stefano
2022
Abstract
Nel suo editoriale sull’edizione speciale della rivista EAS “La guerra in classe” Pier Cesare Rivoltella richiama l’importanza di raccontare la guerra ai bambini e ai ragazzi nelle scuole. Raccontare la guerra in classe per non lasciare il racconto solo allo spazio mediale ma provare a stimolare un approccio critico alle notizie e alle immagini, per non lasciare che il conflitto diventi solo un altro elemento di flusso e di semplificazione. Raccogliendo questo stimolo, ci si è interrogati su un aspetto della rappresentazione mediale del conflitto che emerge sempre più nello scenario mediale contemporaneo, la dimensione del digitale. La narrazione del conflitto, infatti, si dipana in quella che David Bolter ha definito la Plenitude Digitale, in cui tutto sembra disintermediarsi e porsi sullo stesso piano senza più distinzione tra vero e verosimile, canone alto e basso, competente e non competente. In questo scenario ci interroga la rappresentazione mediatica della tecnologia nel conflitto, una rappresentazione che seppur partita dalle analisi militari delle forze in gioco, tende a costruire una nuova categorizzazione, forse l’unica possibilità di rappresentare il diverso nella Plenitude bolteriana, l’appartenenza o l’esclusione dal mondo della tecnologia digitale e delle reti. Il noi contro loro diventa un’assiologia non solo del bene contro il male, ma del bene digitale contro il male analogico e obsoleto. Manuel Castells, nel suo lavoro di analisi dell’avvento del tempo del digitale, rileva come l’incapacità strutturale del sistema sovietico di adeguarsi alla flessibilità e alla rapidità del digitale fu una delle cause del declino e, alla fine, del crollo dell’URSS; questa dimensione sembra riproposta ora come una chiave di narrazione del conflitto. Nella rappresentazione mediale della guerra in Ucraina siamo rapidamente passati dalla narrazione degli “attacchi hacker” russi al racconto di un’armata di stampo “sovietico”, composta da mezzi degli anni ‘70, coinvolta in una guerra che “sembra la seconda guerra mondiale”, “indietro sulla tecnologia”, una “Russia che vuole lasciare Internet”, contrastata da una resistenza Ucraina che è passata della bombe molotov e dai Kalashnikov in mano ai civili alle armi ibridate con la tecnologia digitale come i droni, i missili Javelin, la “sorveglianza digitale del campo di battaglia”, il “riconoscimento facciale dei nemici”. Si può leggere in questo senso anche la decisione di Meta, società per eccellenza simbolo del “web moderno”, di schierarsi a favore dell’Ucraina, sospendendo le policy sull’hate speech e fornendo opportunità tecnologiche per gli ucraini. Allo stesso modo si è schierato attivamente contro la Russia il movimento di Anonymous, unendo dalla stessa parte – quella della tecnologia digitale – i simboli per eccellenza dei colossi del Web e dell’hacktivismo digitale, spesso posizionati su fronti opposti. Va ricordato che in Italia, pur con talune eccezioni sovraesposte, l’invasione russa è accompagnata da un generale sostegno mediatico, politico e culturale agli ucraini da un punto di vista morale, di solidarietà umana e anche militare; in campo italiano una situazione simile si era avuta durante la guerra in Kosovo (1999) e l’intervento della Nato. Nella ricerca proposta di seguito abbiamo concentrato l’attenzione sulla rappresentazione della tecnologia utilizzata dalle parti in conflitto per verificare l’ipotesi che la narrazione emergente sia quella di una contrapposizione tra una parte “buona”, che vive assieme a “noi” nel mondo digitale contemporaneo, e una parte “cattiva”, che viene dal passato analogico sovietico e che non appartiene, più, al nostro mondo. Occorre interrogarsi sulla validità di tale rappresentazione. La ricerca si compone di due fasi: la prima è più vicina all’analisi classica del discorso mediatico tradizionale, mentre la seconda rientra nelle tecniche di social network analysis (SNA). Nella prima sono stati estratti gli articoli di sette quotidiani italiani relativi alla tecnologia associata alla guerra e ai due blocchi per un periodo di due mesi a partire dal 24 febbraio 2022, data dell’invasione russa dell’Ucraina. La selezione riguarda le testate più diffuse in Italia (Corriere della Sera, la Repubblica), espressione di determinati mondi culturali (Il Sole 24 Ore, Avvenire), o caratterizzate da posizioni politiche opposte (il Giornale, il Fatto Quotidiano, Il Manifesto). L’analisi del corpus è funzionale all’individuazione di tendenze temporali e tematiche nell’associazione tra tecnologia e guerra, rilevando eventi o temi che modificano il discorso pubblico e differenze tra le diverse testate analizzate. La seconda parte mira a verificare la tenuta di questa interpretazione nel web sociale; il corpus, relativo allo stesso arco temporale e circoscritto alla lingua italiana, è tratto da Twitter, poiché tra i principali social network è l’unico con facilità di accesso ai dati in modo automatico attraverso le API, ovvero le interfacce di programmazione delle applicazioni. La metodologia di detection unisce la ricerca automatica con la classificazione umana, come già applicato in altri studi. La domanda è se nel discorso in Twitter sia valido lo stesso schema interpretativo (tecnologia moderna vs tecnologia arcaica) e se vi siano picchi temporali di tale retorica, attraverso analisi temporali su classificazioni campionarie effettuate manualmente da esperti. I dati sono stati raccolti utilizzando la libreria open-source Python GetOldTweets3, con la quale è possibile ottenere i tweet tramite la ricerca per query. Con la stringa di ricerca che unisce la presenza di un lemma individuante uno dei due blocchi contrapposti nella guerra con un elemento associato tecnologia, attraverso parole chiave ricavate dalla prima fase della ricerca. Successivamente, seguendo la tecnica del campionamento casuale semplice senza ripetizione, è stato selezionato un dataset campionario (Gareth et al., 2017). Quest’ultimo è stato classificato manualmente da esperti del settore, provando a rispondere alla domanda di ricerca.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.