Al tempo della “società onlife” e della “platform society”, a livello europeo emerge la difficoltà a valutare le competenze digitali dei minori. Una recente review rileva una sovrabbondanza di approcci alla loro misurazione, con affondi specifici sull’information literacy o sulla programmazione informatica; l’eterogeneità è aumentata dal considerare in modo non sempre coerente le attività digitali (“Faccio X online”, dove le abilità correlate sono implicite ma non misurate), l’autoefficacia digitale (“Sono abile in X online”) e le competenze digitali, spesso misurate come la capacità autodichiarata di svolgere compiti digitali specifici (“So come fare X online”). Un’altra recente systematic evidence review ha considerato 34 studi che utilizzano metodi trasversali per esaminare l’associazione delle competenze digitali con risultati tangibili, secondo la classificazione di quattro dimensioni comunemente usate in letteratura. Due terzi riguardavano l’associazione con opportunità online o altri vantaggi, mentre un altro terzo ha esaminato i rischi di pericoli online. Al contrario, sono molto rare le ricerche che provano a misurare le competenze digitali in termini di capacità di comunicazione e di creatività. Questa eterogeneità nel rilevare e misurare le competenze digitali si riflette anche nell’ambiguità rispetto al concetto di “divario digitale”. Con “third-level digital divide”, i ricercatori propongono che le disuguaglianze digitali siano interpretate con più di un indicatore della semplice opposizione binaria tra coloro che hanno o non hanno accesso a Internet (“first-level digital divide”) e anche più della mera promozione delle competenze digitali (“secondlevel digital divide”). In alcuni casi, infatti, la promozione dell’accesso e delle competenze senza attenzione ai risultati può riprodurre e addirittura aumentare la disuguaglianza sociale. A partire da queste considerazioni, nel 2021 il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia (CREMIT) dell’Università Cattolica ha proposto di utilizzare il nuovo costrutto di “povertà educativa digitale” in occasione della redazione del rapporto “Riscriviamo il Futuro. Una rilevazione sulla povertà educativa digitale” di Save the Children (2021). La povertà educativa digitale non è intesa unicamente come privazione dei dispositivi e di accesso alla Rete, e neppure come negata partecipazione alla didattica a distanza o didattica digitale integrata, che sono di fatto fenomeni mappati da altre ricerche realizzate nel periodo di emergenza sanitaria. Si fa riferimento alla mancata acquisizione di competenze digitali, intese come nuovi alfabeti necessari nella società postmediale per analizzare la produzione e la fruizione dei diversi contenuti digitali. Citando la definizione proposta da Save the Children, “la povertà educativa digitale si riferisce quindi alla privazione delle opportunità per apprendere, ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, critico e creativo degli strumenti digitali”. In altre sedi si è discusso sul costrutto, sulla possibilità di misurare la povertà educativa e sui risultati di AbCD (Autovalutazione di base delle Competenze Digitali), un primo strumento costruito per rilevare la povertà educativa digitale e utilizzato ad aprile 2021 (Convegno internazionale Scuola Democratica 2021, convegno nazionale Sirem 2021, convegno nazionale Siped 2022). Proprio a partire dall’analisi critica di AbCD, il CREMIT ha realizzato un nuovo strumento per rilevare la povertà educativa digitale. Il contributo presenterà tale strumento, che nelle quattro aree della povertà educativa (qui declinata nel digitale), unisce la prospettiva dei diritti, ispirata al quadro di riferimento per le competenze digitali dell’Unione Europea Digital Competencies 2.1, con quella delle New Literacy, più attenta alla dinamicità e alla transdisciplinarietà delle competenze e sottolinea come un approccio segmentato tradisce la “vocazione di cittadinanza” della competenza digitale. A livello teorico reinterpreta la competenza digitale sulle tre dimensioni della critica (le semantiche, i significati, il senso sociale e culturale), dell’etica (i valori, le responsabilità, la cittadinanza), dell’estetica (i codici, i linguaggi, le narrazioni) e sul concetto delle Dynamic Literacies. Nel contributo si presenteranno i risultati rilevati, attraverso questo strumento, nell’ambito di “Connessioni digitali”, progetto biennale realizzato da Save the Children con CREMIT e la cooperativa EDI onlus in 100 scuole secondarie di I grado di tutta Italia (classi seconde e terza); i dati riguarderanno la rilevazione iniziale del primo anno (a.s. 2021-22), riferita a 2.200 studenti di 112 classi in 38 scuole. La discussione dello strumento e dei risultati è finalizzata alla più ampia riflessione nella direzione dell’individuazione di un ipotetico Digital Educational Poverty Index (DEPI) sul modello dell’Educational Poverty Index (EPI).
Marangi, M., Pasta, S., Rivoltella, P. C., Povertà educativa digitale: costrutto, strumenti per rilevarla, risultati, Abstract de <<Convegno SIREM 2022 “Apprendere con le tecnologie tra presenza e distanza”>>, (Roma, Università Pontificia Salesiana,, 31-August 02-September 2022 ), Scholé - Morcelliana, Brescia 2022: 23-26 [http://hdl.handle.net/10807/213844]
Povertà educativa digitale: costrutto, strumenti per rilevarla, risultati
Marangi, Michele
;Pasta, Stefano
;Rivoltella, Pier Cesare
2022
Abstract
Al tempo della “società onlife” e della “platform society”, a livello europeo emerge la difficoltà a valutare le competenze digitali dei minori. Una recente review rileva una sovrabbondanza di approcci alla loro misurazione, con affondi specifici sull’information literacy o sulla programmazione informatica; l’eterogeneità è aumentata dal considerare in modo non sempre coerente le attività digitali (“Faccio X online”, dove le abilità correlate sono implicite ma non misurate), l’autoefficacia digitale (“Sono abile in X online”) e le competenze digitali, spesso misurate come la capacità autodichiarata di svolgere compiti digitali specifici (“So come fare X online”). Un’altra recente systematic evidence review ha considerato 34 studi che utilizzano metodi trasversali per esaminare l’associazione delle competenze digitali con risultati tangibili, secondo la classificazione di quattro dimensioni comunemente usate in letteratura. Due terzi riguardavano l’associazione con opportunità online o altri vantaggi, mentre un altro terzo ha esaminato i rischi di pericoli online. Al contrario, sono molto rare le ricerche che provano a misurare le competenze digitali in termini di capacità di comunicazione e di creatività. Questa eterogeneità nel rilevare e misurare le competenze digitali si riflette anche nell’ambiguità rispetto al concetto di “divario digitale”. Con “third-level digital divide”, i ricercatori propongono che le disuguaglianze digitali siano interpretate con più di un indicatore della semplice opposizione binaria tra coloro che hanno o non hanno accesso a Internet (“first-level digital divide”) e anche più della mera promozione delle competenze digitali (“secondlevel digital divide”). In alcuni casi, infatti, la promozione dell’accesso e delle competenze senza attenzione ai risultati può riprodurre e addirittura aumentare la disuguaglianza sociale. A partire da queste considerazioni, nel 2021 il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia (CREMIT) dell’Università Cattolica ha proposto di utilizzare il nuovo costrutto di “povertà educativa digitale” in occasione della redazione del rapporto “Riscriviamo il Futuro. Una rilevazione sulla povertà educativa digitale” di Save the Children (2021). La povertà educativa digitale non è intesa unicamente come privazione dei dispositivi e di accesso alla Rete, e neppure come negata partecipazione alla didattica a distanza o didattica digitale integrata, che sono di fatto fenomeni mappati da altre ricerche realizzate nel periodo di emergenza sanitaria. Si fa riferimento alla mancata acquisizione di competenze digitali, intese come nuovi alfabeti necessari nella società postmediale per analizzare la produzione e la fruizione dei diversi contenuti digitali. Citando la definizione proposta da Save the Children, “la povertà educativa digitale si riferisce quindi alla privazione delle opportunità per apprendere, ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, critico e creativo degli strumenti digitali”. In altre sedi si è discusso sul costrutto, sulla possibilità di misurare la povertà educativa e sui risultati di AbCD (Autovalutazione di base delle Competenze Digitali), un primo strumento costruito per rilevare la povertà educativa digitale e utilizzato ad aprile 2021 (Convegno internazionale Scuola Democratica 2021, convegno nazionale Sirem 2021, convegno nazionale Siped 2022). Proprio a partire dall’analisi critica di AbCD, il CREMIT ha realizzato un nuovo strumento per rilevare la povertà educativa digitale. Il contributo presenterà tale strumento, che nelle quattro aree della povertà educativa (qui declinata nel digitale), unisce la prospettiva dei diritti, ispirata al quadro di riferimento per le competenze digitali dell’Unione Europea Digital Competencies 2.1, con quella delle New Literacy, più attenta alla dinamicità e alla transdisciplinarietà delle competenze e sottolinea come un approccio segmentato tradisce la “vocazione di cittadinanza” della competenza digitale. A livello teorico reinterpreta la competenza digitale sulle tre dimensioni della critica (le semantiche, i significati, il senso sociale e culturale), dell’etica (i valori, le responsabilità, la cittadinanza), dell’estetica (i codici, i linguaggi, le narrazioni) e sul concetto delle Dynamic Literacies. Nel contributo si presenteranno i risultati rilevati, attraverso questo strumento, nell’ambito di “Connessioni digitali”, progetto biennale realizzato da Save the Children con CREMIT e la cooperativa EDI onlus in 100 scuole secondarie di I grado di tutta Italia (classi seconde e terza); i dati riguarderanno la rilevazione iniziale del primo anno (a.s. 2021-22), riferita a 2.200 studenti di 112 classi in 38 scuole. La discussione dello strumento e dei risultati è finalizzata alla più ampia riflessione nella direzione dell’individuazione di un ipotetico Digital Educational Poverty Index (DEPI) sul modello dell’Educational Poverty Index (EPI).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.