A partire dagli anni Ottanta, il concetto di ‘life writing’ è stato introdotto per abbracciare la varietà di racconti e rappresentazioni del sé, influenzati dalla vocazione postcoloniale a riconoscere a qualsiasi soggetto, compreso quello marginalizzato e in conflitto con le rappresentazioni storiche dominanti, un peso storico-sociale. Dentro questo quadro teorico, anche le più note opere audiovisive di matrice autobiografica sono state interpretate come espressione di una soggettività radicata e culturalmente connotata, in quanto sembravano sovvertire i precetti dell’etnografia colonialista passando attraverso l’assimilazione del sé all’Altro. Allo stesso tempo, temi come esilio e immigrazione, centrali in queste esperienze filmiche/audiovisive, sono stati ripercorsi dallo storico quesito dell’antropologia visuale sulla reale accessibilità per l’Altro alle istanze di autorappresentazione mediale. Queste riflessioni riacquistano oggi un nuovo senso se messe a confronto con i progetti culturali online che, basati sul digital storytelling, tentano di raccogliere le tracce mediali legate ai contemporanei fenomeni migratori nel Mediterraneo. Alla luce di alcuni casi italiani, il saggio intende concentrarsi sul ruolo che i media digitali ricoprono nel dare forma alla relazione tra life writing e identità migrante, nonché nel segnare il passaggio tra procedimenti tradizionali e nuovi del racconto orale del sé, al fine di capire se queste piattaforme consentano ai migranti di esprimere la propria agency nella costruzione di un’immagine del sé, al di fuori di una logica egemonica.
Cati, A., Piredda, M. F., Racconti dal mare. La difficile rappresentazione del Sé nelle testimonianze mediali dei migranti, <<BN>>, 2015; (76): 126-133 [http://hdl.handle.net/10807/78715]
Racconti dal mare. La difficile rappresentazione del Sé nelle testimonianze mediali dei migranti
Cati, Alice
;Piredda, Maria Francesca
2015
Abstract
A partire dagli anni Ottanta, il concetto di ‘life writing’ è stato introdotto per abbracciare la varietà di racconti e rappresentazioni del sé, influenzati dalla vocazione postcoloniale a riconoscere a qualsiasi soggetto, compreso quello marginalizzato e in conflitto con le rappresentazioni storiche dominanti, un peso storico-sociale. Dentro questo quadro teorico, anche le più note opere audiovisive di matrice autobiografica sono state interpretate come espressione di una soggettività radicata e culturalmente connotata, in quanto sembravano sovvertire i precetti dell’etnografia colonialista passando attraverso l’assimilazione del sé all’Altro. Allo stesso tempo, temi come esilio e immigrazione, centrali in queste esperienze filmiche/audiovisive, sono stati ripercorsi dallo storico quesito dell’antropologia visuale sulla reale accessibilità per l’Altro alle istanze di autorappresentazione mediale. Queste riflessioni riacquistano oggi un nuovo senso se messe a confronto con i progetti culturali online che, basati sul digital storytelling, tentano di raccogliere le tracce mediali legate ai contemporanei fenomeni migratori nel Mediterraneo. Alla luce di alcuni casi italiani, il saggio intende concentrarsi sul ruolo che i media digitali ricoprono nel dare forma alla relazione tra life writing e identità migrante, nonché nel segnare il passaggio tra procedimenti tradizionali e nuovi del racconto orale del sé, al fine di capire se queste piattaforme consentano ai migranti di esprimere la propria agency nella costruzione di un’immagine del sé, al di fuori di una logica egemonica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.