Nel limitare la responsabilità del debitore ai danni «prevedibili», l’art. 1225 cod. civ. disciplina un’eccezione alle normali regole in tema d’inadempimento delle obbligazioni: il debitore inadempiente per colpa deve risarcire soltanto i danni prevedibili, mentre il debitore inadempiente con dolo deve risarcire non solo i danni prevedibili, ma anche i danni imprevedibili. Il criterio della prevedibilità rappresenta così un limite ulteriore al principio dell’integrale riparazione del danno, distinto dal criterio della regolarità causale. Con il delimitare la risarcibilità del danno ai soli pregiudizi prevedibili, è stata introdotta un’importante tutela per il debitore inadempiente. L’intento del legislatore sembra quello d’incentivare in questo modo l’assunzione di un maggior numero di obblighi, permettendo al debitore di calcolare preventivamente il rischio economico connesso ad un suo eventuale inadempimento. Né, come talora si ritiene, una tale scelta è da censurare in quanto iniqua: il criterio della prevedibilità, diversamente dal criterio della regolarità causale (che opera tanto in materia di responsabilità contrattuale quanto in materia di responsabilità), limita l’area del danno risarcibile soltanto ai casi d’inadempimento colposo del debitore. Il «sacrificio» economico del creditore non solo appare «speciale», in quanto richiesto in presenza di una responsabilità minore perché dettata da colpa, e non da dolo, ma, sopratutto, risulta «equilibrato», in quanto coerente con l’originario assetto d’interessi previsto dalle parti. Il «sacrificio» del creditore appare giustificato: non basta tutelare l’interesse della parte adempiente ad ottenere il risarcimento, ma l’ordinamento ritiene opportuno anche consentire al debitore, seppur colposamente inadempiente, di mantenere l’equilibrio originario tra le prestazioni, senza aumentare il rischio contrattuale assunto col sorgere dell’obbligazione. La lettera del codice non impone, pertanto, una tutela «oltre misura» del debitore inadempiente, neppure con riferimento ai contratti di durata.
Tuccari, E., La prevedibilità del danno come criterio di equilibrio contrattuale, <<LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA>>, 2012; (Settembre): 565-579 [http://hdl.handle.net/10807/65519]
La prevedibilità del danno come criterio di equilibrio contrattuale
Tuccari, Emanuele
2012
Abstract
Nel limitare la responsabilità del debitore ai danni «prevedibili», l’art. 1225 cod. civ. disciplina un’eccezione alle normali regole in tema d’inadempimento delle obbligazioni: il debitore inadempiente per colpa deve risarcire soltanto i danni prevedibili, mentre il debitore inadempiente con dolo deve risarcire non solo i danni prevedibili, ma anche i danni imprevedibili. Il criterio della prevedibilità rappresenta così un limite ulteriore al principio dell’integrale riparazione del danno, distinto dal criterio della regolarità causale. Con il delimitare la risarcibilità del danno ai soli pregiudizi prevedibili, è stata introdotta un’importante tutela per il debitore inadempiente. L’intento del legislatore sembra quello d’incentivare in questo modo l’assunzione di un maggior numero di obblighi, permettendo al debitore di calcolare preventivamente il rischio economico connesso ad un suo eventuale inadempimento. Né, come talora si ritiene, una tale scelta è da censurare in quanto iniqua: il criterio della prevedibilità, diversamente dal criterio della regolarità causale (che opera tanto in materia di responsabilità contrattuale quanto in materia di responsabilità), limita l’area del danno risarcibile soltanto ai casi d’inadempimento colposo del debitore. Il «sacrificio» economico del creditore non solo appare «speciale», in quanto richiesto in presenza di una responsabilità minore perché dettata da colpa, e non da dolo, ma, sopratutto, risulta «equilibrato», in quanto coerente con l’originario assetto d’interessi previsto dalle parti. Il «sacrificio» del creditore appare giustificato: non basta tutelare l’interesse della parte adempiente ad ottenere il risarcimento, ma l’ordinamento ritiene opportuno anche consentire al debitore, seppur colposamente inadempiente, di mantenere l’equilibrio originario tra le prestazioni, senza aumentare il rischio contrattuale assunto col sorgere dell’obbligazione. La lettera del codice non impone, pertanto, una tutela «oltre misura» del debitore inadempiente, neppure con riferimento ai contratti di durata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.