La cessione del credito in luogo dell’adempimento si configura come un istituto speciale rispetto alla datio in solutum: si distingue però dall’art. 1197 c.c. per l’oggetto della prestazione. L’art. 1198 c.c. prevede la possibilità di estinguere l’obbligazione originaria attraverso la cessione di un credito. Questa distinzione comporta importanti differenze nel funzionamento dei due istituti: mentre la dazione in pagamento produce effetti estintivi immediati, la cessione del credito produce i propri effetti solo al momento della riscossione da parte del cessionario. La cessio pro solvendo deve inoltre essere confrontata con la disciplina generale della cessione del credito e, in particolare, con la cessione del credito con causa di garanzia. Si comprende in questo modo la natura “neutra” della cessione del credito, che può essere retta da diverse cause. L’art. 1198 c.c. delinea una cessione con causa solutoria, distinguendosi così dalla cessione con causa di garanzia. In realtà, la cessio pro solvendo realizza anche una funzione di garanzia, seppur solo di “mero fatto”, in quanto l’effetto solutorio si realizza solo al momento della riscossione del credito. E’ stata pertanto evidenziata la funzione complessa della cessione del credito in luogo dell’adempimento. Queste differenze sembrano però attenuarsi nella prassi giurisprudenziale: le corti indicano dei criteri distintivi, seppur meramente indicativi. Tra questi, un ruolo fondamentale è svolto dal criterio cronologico: se la cessione è contestuale o successiva all’assunzione del debito non ancora scaduto, la cessione si presume realizzata con causa di garanzia; qualora invece, la cessione si compia per coprire un debito già scaduto, si presume una causa solutoria. Col passare del tempo, la giurisprudenza sembra adottare un criterio cronologico-funzionale, più attento ai profili funzionali dell’atto incisivi nel caso concreto. Configurare in questo modo la cessione del credito in luogo dell’adempimento è funzionale a risolvere importanti questioni concrete, soprattutto in materia di revocatoria fallimentare. In particolare, si assoggetta la cessione del credito solutoria all’art. 67, 1o c., n. 2, l. fall. E la cessione del credito con causa di garanzia all’art. 67, 1o c., n. 3-4, o 2o c. l. fall.

Tuccari, E., La cessio pro solvendo ex art. 1198 c.c. alla prova della revocatoria fallimentare, <<OBBLIGAZIONI E CONTRATTI>>, 2011; (Novembre): 778-783 [http://hdl.handle.net/10807/65518]

La cessio pro solvendo ex art. 1198 c.c. alla prova della revocatoria fallimentare

Tuccari, Emanuele
2011

Abstract

La cessione del credito in luogo dell’adempimento si configura come un istituto speciale rispetto alla datio in solutum: si distingue però dall’art. 1197 c.c. per l’oggetto della prestazione. L’art. 1198 c.c. prevede la possibilità di estinguere l’obbligazione originaria attraverso la cessione di un credito. Questa distinzione comporta importanti differenze nel funzionamento dei due istituti: mentre la dazione in pagamento produce effetti estintivi immediati, la cessione del credito produce i propri effetti solo al momento della riscossione da parte del cessionario. La cessio pro solvendo deve inoltre essere confrontata con la disciplina generale della cessione del credito e, in particolare, con la cessione del credito con causa di garanzia. Si comprende in questo modo la natura “neutra” della cessione del credito, che può essere retta da diverse cause. L’art. 1198 c.c. delinea una cessione con causa solutoria, distinguendosi così dalla cessione con causa di garanzia. In realtà, la cessio pro solvendo realizza anche una funzione di garanzia, seppur solo di “mero fatto”, in quanto l’effetto solutorio si realizza solo al momento della riscossione del credito. E’ stata pertanto evidenziata la funzione complessa della cessione del credito in luogo dell’adempimento. Queste differenze sembrano però attenuarsi nella prassi giurisprudenziale: le corti indicano dei criteri distintivi, seppur meramente indicativi. Tra questi, un ruolo fondamentale è svolto dal criterio cronologico: se la cessione è contestuale o successiva all’assunzione del debito non ancora scaduto, la cessione si presume realizzata con causa di garanzia; qualora invece, la cessione si compia per coprire un debito già scaduto, si presume una causa solutoria. Col passare del tempo, la giurisprudenza sembra adottare un criterio cronologico-funzionale, più attento ai profili funzionali dell’atto incisivi nel caso concreto. Configurare in questo modo la cessione del credito in luogo dell’adempimento è funzionale a risolvere importanti questioni concrete, soprattutto in materia di revocatoria fallimentare. In particolare, si assoggetta la cessione del credito solutoria all’art. 67, 1o c., n. 2, l. fall. E la cessione del credito con causa di garanzia all’art. 67, 1o c., n. 3-4, o 2o c. l. fall.
2011
Italiano
Tuccari, E., La cessio pro solvendo ex art. 1198 c.c. alla prova della revocatoria fallimentare, <<OBBLIGAZIONI E CONTRATTI>>, 2011; (Novembre): 778-783 [http://hdl.handle.net/10807/65518]
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