L’ “emergenza carceri”, per la quale l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani, non ha unicamente a che vedere con le condizioni detentive ma attiene anche alla questione che vede ancora tra loro contrapposte rieducazione e punizione (Esposito, Turco,2011;Salvati,2011). Se il fine del carcere dovrebbe essere quello rieducativo e risocializzativo, è pur vero che si assiste oggi ad una carenza di risorse (di persone e strumenti) atte a perseguire tale obiettivo (Andreoli , 2011; Castellano, Stasio , 2008;). La ricerca presentataè parte di un più ampio progetto internazionale finanziato dall’agenzia europea EACEA nell’ambito del programma Grundtvig con lo scopodi promuovere e migliorare la consapevolezza emotiva dei detenuti attraverso l’uso della fotografia, oltre che di diffondere un nuovo metodo utile per la reintegrazione sociale degli stessi. Il contributo si propone un duplice obiettivo. In primo luogo di descrivere, anche attraverso l’uso di esemplificazioni, le modalità di applicazione di alcune tecniche di uso clinico della fotografia e di sottolinearne le potenzialità applicative nel contesto penitenziario. In secondo luogo intende presentare i dati preliminari di una analisi di processo relativa alla tecnica TalkingPictures, che prevede il coinvolgimento del detenuto in una serie di sei colloqui durante i quali la verbalizzazione è facilitata dall’uso di un set di fotografie-stimolo.I dati ottenuti sono stati analizzati mediante l’ausilio del software T-LAB 7.1 (Lancia, 2004). In conclusione, la tecnica utilizzatafacilita l’apprendimento emotivo, cioè il riconoscimento degli stati emotivi propri ed altrui, e consenteun più agevole accesso al pensiero simbolicooltre che una significazione della storia di vita del soggetto, con particolare focussugli aspetti relazionali. Costituisce dunque un mezzo efficace a favorire la rieducazione dei detenuti e preparali alla vita esterna al carcere.
Saita, E., Accordini, M., Brivio, V., Simoncini, L., L’uso della fotografia in carcere: Apprendimento emotivo e risocializzazione, Abstract de <<XVI Congresso Nazionale della Sezione di Psicologia clinica e dinamica>>, (Pisa, 19-21 September 2014 ), Pisa University Press, Pisa (ITALIA) 2014: 83-83 [http://hdl.handle.net/10807/65036]
L’uso della fotografia in carcere: Apprendimento emotivo e risocializzazione
Saita, Emanuela;Accordini, Monica;
2014
Abstract
L’ “emergenza carceri”, per la quale l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani, non ha unicamente a che vedere con le condizioni detentive ma attiene anche alla questione che vede ancora tra loro contrapposte rieducazione e punizione (Esposito, Turco,2011;Salvati,2011). Se il fine del carcere dovrebbe essere quello rieducativo e risocializzativo, è pur vero che si assiste oggi ad una carenza di risorse (di persone e strumenti) atte a perseguire tale obiettivo (Andreoli , 2011; Castellano, Stasio , 2008;). La ricerca presentataè parte di un più ampio progetto internazionale finanziato dall’agenzia europea EACEA nell’ambito del programma Grundtvig con lo scopodi promuovere e migliorare la consapevolezza emotiva dei detenuti attraverso l’uso della fotografia, oltre che di diffondere un nuovo metodo utile per la reintegrazione sociale degli stessi. Il contributo si propone un duplice obiettivo. In primo luogo di descrivere, anche attraverso l’uso di esemplificazioni, le modalità di applicazione di alcune tecniche di uso clinico della fotografia e di sottolinearne le potenzialità applicative nel contesto penitenziario. In secondo luogo intende presentare i dati preliminari di una analisi di processo relativa alla tecnica TalkingPictures, che prevede il coinvolgimento del detenuto in una serie di sei colloqui durante i quali la verbalizzazione è facilitata dall’uso di un set di fotografie-stimolo.I dati ottenuti sono stati analizzati mediante l’ausilio del software T-LAB 7.1 (Lancia, 2004). In conclusione, la tecnica utilizzatafacilita l’apprendimento emotivo, cioè il riconoscimento degli stati emotivi propri ed altrui, e consenteun più agevole accesso al pensiero simbolicooltre che una significazione della storia di vita del soggetto, con particolare focussugli aspetti relazionali. Costituisce dunque un mezzo efficace a favorire la rieducazione dei detenuti e preparali alla vita esterna al carcere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.