L’esposizione a potenziali fonti di rischio per patologie multifattoriali, tra cui le respiratorie e le allergiche, la cui evoluzione è di tipo generalmente cronico-degenerativo, è tanto più grave quanto maggiore è la suscettibilità e l’”immaturità” dei sistemi di difesa attiva e passiva degli organismi esposti. In tale ottica, l’esposizione nella scuola dell’obbligo di bambini in età infantile e/o adolescenziale ad inquinanti chimici, fisici e biologici risulta essere uno dei maggiori responsabili delle patologie cronico-degenerative che potenzialmente potranno svilupparsi lungo la vita dell’individuo, anche in tarda età. Poiché la maggior parte delle attività scolastiche si svolgono in ambienti chiusi per circa il 92.5% del tempo giornaliero, grande importanza è rappresentata dalla qualità dell’aria “indoor” , influenzata da fattori diversi ed, appunto, molteplici: la qualità dell’aria esterna, la configurazione strutturale dell’edificio, la presenza di fonti di inquinamento interne, le attività che si svolgono nei diversi ambienti (ad esempio attività di laboratorio od artistiche, ecc..), le fonti di emissione specifiche (ad esempio colle usate per mobili o vernici, ovvero le emissioni da stampanti, fotocopiatrici, ecc…). Nessuno, ancora oggi conosce esattamente l’estensione del problema, stimandosi globalmente che il 10-30% dei nuovi edifici scolastici nel mondo occidentale ed industrializzato soffra di qualche problema (OMS, 2010), ad esempio: il tasso di ventilazione e ricambi d’aria è basso (circa 0.5 ricambi aria/ora su medie nazionali); la temperatura dell’aria interna è generalmente aumentata di circa 1.3°C negli ultimi dieci anni (si considerino le conseguenze sull’Effetto Serra); è stato riscontrato un aumento medio del 22.6% di allergie correlabili ad allergeni da interno; campioni di popolazione, in differenti studi e nazioni, indicano un livello medio di circa il 28-36% di studenti/docenti che definiscono non confortevole l’ambiente scolastico. Per iniziare a comprendere al meglio le implicazioni igienico-sanitarie che l’edilizia e l’ambiente possono avere nell’ambito scolastico, bisognerebbe considerare che in passato i materiali utilizzati per l’edilizia civile, così come quella scolastica, erano pochi e di essi si aveva una lunga esperienza, così che sebbene non fossero tecnologicamente avanzati, tanto che i problemi erano legati al mantenimento della temperatura ambientale e del grado di umidità relativa ottimale, ma anche alla fornitura di acqua ed ai rifiuti che ne derivavano, i suddetti materiali avevano come tali uno scarso impatto sulle persone da un punto di vista chimico e fisico. Nel presente, altresì, i nuovi materiali, proprio perché tecnologicamente avanzati, pur rispondendo ai bisogni che i vecchi materiali non riuscivano a sostenere quanto ad abitabilità degli edifici, sono spesso sintetici ed insufficientemente sperimentati dal punto di vista di impatto sulla persona e sull’ambiente, evidenziando, insieme alle scelte progettuali e costruttive, problemi negli edifici legati alle molteplici sostanze, non conosciute e/o sperimentate, utilizzate/od all’incorretto utilizzo di esse. Nel mondo occidentale, e specialmente in Italia, per altro, a partire dagli anni ’50 od, ancor meglio, ’60, si è iniziato ad osservare fenomeni di crescita demografica e sviluppo industriale ed urbano in tempi rapidi, in funzione della ripresa economica successiva agli eventi bellici della II Guerra Mondiale. L’impulso edilizio fu così rapido e “caotico”, che le vecchie tecnologie e strutture edilizie non erano più sufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione nell’ambito dell’istruzione così che il patrimonio scolastico divenne repentinamente obsoleto e vetusto, e necessitante di sollecite implementazioni. Ciò anche in forza delle nuove esigenze energetiche che si svilupperanno negli anni ’70 (crisi energetica, necessità di risparmio energetico e risposta architettonica attraverso l’aumento della coibenza termica degli edifici, problema che, in qualche modo, si sta ripresentando oggi dal punto di vista del rendimento energetico….) e che porteranno a ridurre i volumi dei vani, a ridurre il grado di ventilazione naturale degli edifici e, conseguentemente, i ricambi d’aria, condizione che, associata all’impiego di materiali nuovi, non sperimentati nel conseguente impatto sulla salute e sull’ambiente (si pensi solo ai coibentanti termici ed idrici quali l’amianto, le fibre di vetro, ecc..) possono spiegare, in buona parte, i fenomeni di aumento delle patologie respiratorie ed allergiche, tra le altre. Le principali sorgenti interne d’inquinamento, facendo salvo l’impatto derivante da allergeni ed inquinanti derivanti dall’aria “outdoor” sono rappresentate, nelle scuole, dai materiali usati per le attività artistiche e di laboratorio, dagli impianti (riscaldamento e raffrescamento), dalle stampanti e fotocopiatrici, dai • i materiali da costruzione e di arredamento, dall’igiene ambientale dell’edificio (configurazione), dai prodotti di pulizia e di deodorazione utilizzati, dagli occupanti e dal loro grado di igiene. L'importanza relativa della singola fonte di inquinamento negli edifici dipende dalla pericolosità e dal grado di tossicità/nocività e/o mutagenicità che le sostanze emesse possiedono, dalla quantità di inquinante che essa emette e dal tempo di emissione nonché di esposizione delle persone (ad esempio di tipo continuo, discontinuo, episodico, ecc..), naturalmente dalla suscettibilità individuale, che nei bambini più che i docenti nella scuola dell’obbligo, è sicuramente maggiore che negli adulti, ed, infine, dalle azioni di prevenzione poste in essere. Altresì, la salubrità dell’edificio scolastico, può dipendere da altrettanti differenti fattori quali la sua localizzazione, la posizione altimetrica, il grado di inurbazione, la presenza di verde, la distanza da centri industriali e/o artigiani e/o discariche, la sua configurazione in relazione al clima (aperture, soleggiamento, ventilazione..), il livello di vetustà, lo stato della manutenzione, i materiali da costruzione, di finitura, per la posa e di arredo ed attività utilizzati, così come per la pulizia/manutenzione. Inoltre, bisogna tenere conto, per quanto riguarda l’impiego di materiali in edilizia, gli aspetti legati alle molteplici ragioni per cui i materiali rilasciano in ambiente sostanze chimiche anche allergeniche: difetti di fabbricazione; conservazione in locali inadeguati od a rischio di contaminazione prima della posa; trasporto errato od inadeguato; miscelazione incongrua durante l’impiego per la costruzione; uso incorretto; utilizzo operativo in condizioni non adeguate a quanto previsto nei test di certificazione del materiale da parte del produttore; manutenzione e/o demolizione e/o riciclaggio non controllato. Il patrimonio edilizio scolastico italiano appare oggi vetusto, obsoleto e necessitante di urgente manutenzione, così come è derivabile da dati istituzionali del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e da differenti studi, tra cui l’XI Edizione Dossier Lega Ambiente “Ecosistema scuola 2011”: su 42.000 edifici scolastici in Italia, sembrerebbe (la cautela è sempre d’obbligo..) che la la metà sia ancora situata in aree a rischio sismico, solo il 58% possieda il certificato di agibilità ed il 36% degli edifici sia in situazione di emergenza edilizia-manutentiva. Si noti che non esiste una regione in Italia che sia esente da questo problema, ed è interessante scoprirne le motivazioni. In Italia, con la legge 17 del 26.01.1962 furono investiti circa 20 miliardi di lire in più, nell’edilizia scolastica, rispetto al precedente stanziamento di 1.4 miliardi disposto con la legge 53 del 15.02.1961 (R. Gulli, 2008). Un tale investimento, senza precedenti, doveva tendere a sanare le insufficienti strutture scolastiche risalenti anche a prima del ‘900, rispetto alle esigenze di una popolazione in rapido inurbamento e sviluppo demografico. Con la disposizione dello stesso art. 3 della legge 17, che autorizzò lo stanziamento di 100 milioni di lire destinati espressamente al finanziamento di “studi di programmazione e razionalizzazione relativi all’edilizia scolastica prefabbricata”, si ebbe un incremento dell’edilizia scolastica prefabbricata ex-novo, ed un progetto di più grande respiro mirato a soddisfare non solo le necessità contingenti (quale in particolare quella del comune di Napoli oggetto di un capitolo specifico e riservato del finanziamento), quanto quella nazionale, per sostituire la procedura di ampliare i fabbricati esistenti, rispetto a costruire nuovi fabbricati. Le opere finanziate dal Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con i Lavori Pubblici, furono consistenti: circa 339 edifici scolastici da realizzare in 35 province italiane. Ma nella stessa legge ed articolo, si proponeva e richiedeva che l’edilizia di sviluppo scolastico fosse innovativa, sia dal punto di vista progettuale che realizzativa (nei materiali, ad esempio) tanto che gli appalti furono vinti principalmente da chi proponeva sistemi innovativi in questo senso. Ciò comportò, di naturale conseguenza, che non furono sviluppati sistemi “modello” costruttivi, frammentando le necessità di manutenzione e ripristino a livello locale e non globale (incremento di scala dei costi, aumento dei tempi di realizzazione e/o ripristino, ecc..), inibendo, per i “tempi ristretti”, la sperimentazione sulle configurazioni progettuali e dei materiali utilizzati, spesso non attinenti con le esigenze igienico-sanitarie di un basso impatto sulla salute di persone in età scolare o sull’ambiente. Pertanto a problemi o fonti di esposizione conosciute, in particolare per patologie respiratorie e/o allergiche, si sono sommate nuove sorgenti di rischio spesso misconosciute e/o sottostimate. Per citare alcune associazioni tra matrici chimiche, fisiche o biologiche alla genesi dei problemi, basti focalizzare l’attenzione su: gli acari (presenti nella polvere in caso di scarsa pulizia e/o polverizzazione dei materiali in presenza di umidità dell’aria bassa od alta (< 40% o >60%); i miceti o le muffe (presenti nei materiali da costruzione imbibiti d’acqua, negli impianti, intesi sia nei filtri che nelle condotte, o nelle acque infiltrate, acque di condensa, vapor acqueo); i microrganismi (derivanti da soggetti umani, da fonti idriche, da polveri e promossi dagli scarsi ricambi d’aria); gli agenti chimici irritanti od iniziatori d’asma (presenti nei materiali e prodotti di finitura, colle, vernici, prodotti per l’igiene e la didattica, ecc..). In particolare sul versante chimico degli inquinanti nelle scuole, potenzialmente presenti quali ipersensibilizzanti od induttori d’asma, oltre a ricordare gli Ftalati (plastificanti nei prodotti di PVC, utilizzati nei “make-up” dei cosmetici, ecc..), la Formaldeide (incollanti, prodotti di pulizia, materie plastiche, ecc..), le Clorammine ed i Diisocianati (disinfettanti, schiume, smalti, vernici, ecc..), gli Ossidi di zolfo, il Monossido di carbonio e l’Ozono, importanza notevole hanno anche i Composti Organici Volatili (VOCs), il Particolato aerodisperso e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici e le Fibre minerali disperse. Inoltre, sempre più importanza va assumendo l’impatto derivante dall’utilizzo di materiali che contengono sostanze ascrivibili agli EDs (Disruttori Endocrini), che possono essere assunti per via alimentare, respiratoria e trans-dermica, determinando: interazione ormonale agonista lipidica (steroidei) e/o amminoacidica (tiroidei); metilazione del DNA (impatto epigenetico degli EDs); stimolazione e/o inibizione dei meccanismi trascrizionali o post-trascrizionali ai recettori estrogeni ed androgeni a livello di tutto l’asse ipotalamo-ipofisario-gonadico (Wuttke et al., 2010). Tra questi sta assumendo sempre maggiore importanza, per l’impatto sulla salute, oltre gli stessi ftalati prima citati, il Bisfenolo A (BPA). Descritto nel 1891, simile al dietilstilbestrolo, teratogeno nei modelli animali, è oggi usato quale legante per sostanze plastiche nelle bottiglie (acque minerali, bibite, ecc..), contenitori plastici (biberon?!, ecc..) e quale legante per resine epossidiche in arredi e supporti didattici (quaderni, libri, banchi, ecc..). Con la temperatura può desorbirsi ed aerosolizzare, promuovere l’esposizione degli occupanti l’ambiente tanto che nel 2003-2004, nell’ambito del programma NHANES del CDC di Atlanta il bisfenolo A è stato riscontrato nelle urine di più del 95% degli Statunitensi di età > 6 anni, con un picco proprio nell’età infantile ed adoloscenziale (Robins et al., 2011). La Prevenzione, sul versante progettuale, edilizio e dei materiali, dovrebbe essere frutto, alla luce di quanto sinteticamente espresso, di una programmazione integrata e multidisciplinare oltreché considerare tutti gli aspetti della struttura edilizia e delle attività che vi sono destinate ad essere svolte. Con ciò prevedendo sin dalla progettazione le differenti tipologie di rischio, la gestione dell’edificio e dei materiali, la manutenzione e la formazione tecnica di coloro che provvedono alla costruzione, messa in opera e mantenimento in “standard” dell’edificio scolastico, ma anche degli utilizzatori ultimi (docenti, studenti, ausiliari, genitori, ecc..), in modo che non siano alterate le destinazioni d’uso o le funzioni previste per quegli ambienti. Si dovrebbe, pertanto, passare ad un’architettura progettuale ed ad una realizzazione edilizia a “basso impatto sulla salute (e sull’ambiente)”, in cui vi sia un “controllo di qualità dinamico” costante delle condizioni di esercizio e funzionamento, in modo da mirare alla realizzazione di strutture edilizie a condizioni “cost-effectiveness” ottimali e che consentano scelte gestionali ed organizzative, anche su scala nazionale, non più promosse “dall’urgenza della realizzazione” quanto dalle priorità di scelta “programmata”. Altrimenti si osserverà sempre un continuo rincorrersi delle “urgenze” determinando, quali scelte prioritarie, non le necessità strategiche a livello nazionale e/o regionale, quanto il tamponare situazioni di rischio grave ed immediato, precedentemente sottostimato. La Prevenzione, pertanto anche in base alla realizzazione di linee guida e norme tecniche, più che legislazioni immote e spesso obsolete già all’atto della promulgazione, deve mutare da passiva o reattiva a “pro-attiva”. In ciò tenendo conto della possibilità, sempre culturalmente difficile da modificare, di osare oggi investimenti economici mirati (quindi anche apparentemente molto costosi) per la Prevenzione pro-attiva, a fronte di un ritorno nel futuro che la popolazione potrebbe avere nel senso della sicurezza per gli occupanti degli edifici scolastici e della promozione di determinanti di salute nella popolazione stessa, in particolare se si abbia in debita considerazione di quanto “costi” alla “salute pubblica” (in senso economico, sanitario, etico e sociale) un intervento tardivo, che edifici scolastici “insufficientemente progettati, costruiti od utilizzati” possano determinare.

Moscato, U., [Structural and environmental hygiene of buildings for pre-school and mandatory education, in Italy], <<IGIENE E SANITÀ PUBBLICA>>, 2012; 68 (1): 115-119 [http://hdl.handle.net/10807/62974]

[Structural and environmental hygiene of buildings for pre-school and mandatory education, in Italy]

Moscato, Umberto
2012

Abstract

L’esposizione a potenziali fonti di rischio per patologie multifattoriali, tra cui le respiratorie e le allergiche, la cui evoluzione è di tipo generalmente cronico-degenerativo, è tanto più grave quanto maggiore è la suscettibilità e l’”immaturità” dei sistemi di difesa attiva e passiva degli organismi esposti. In tale ottica, l’esposizione nella scuola dell’obbligo di bambini in età infantile e/o adolescenziale ad inquinanti chimici, fisici e biologici risulta essere uno dei maggiori responsabili delle patologie cronico-degenerative che potenzialmente potranno svilupparsi lungo la vita dell’individuo, anche in tarda età. Poiché la maggior parte delle attività scolastiche si svolgono in ambienti chiusi per circa il 92.5% del tempo giornaliero, grande importanza è rappresentata dalla qualità dell’aria “indoor” , influenzata da fattori diversi ed, appunto, molteplici: la qualità dell’aria esterna, la configurazione strutturale dell’edificio, la presenza di fonti di inquinamento interne, le attività che si svolgono nei diversi ambienti (ad esempio attività di laboratorio od artistiche, ecc..), le fonti di emissione specifiche (ad esempio colle usate per mobili o vernici, ovvero le emissioni da stampanti, fotocopiatrici, ecc…). Nessuno, ancora oggi conosce esattamente l’estensione del problema, stimandosi globalmente che il 10-30% dei nuovi edifici scolastici nel mondo occidentale ed industrializzato soffra di qualche problema (OMS, 2010), ad esempio: il tasso di ventilazione e ricambi d’aria è basso (circa 0.5 ricambi aria/ora su medie nazionali); la temperatura dell’aria interna è generalmente aumentata di circa 1.3°C negli ultimi dieci anni (si considerino le conseguenze sull’Effetto Serra); è stato riscontrato un aumento medio del 22.6% di allergie correlabili ad allergeni da interno; campioni di popolazione, in differenti studi e nazioni, indicano un livello medio di circa il 28-36% di studenti/docenti che definiscono non confortevole l’ambiente scolastico. Per iniziare a comprendere al meglio le implicazioni igienico-sanitarie che l’edilizia e l’ambiente possono avere nell’ambito scolastico, bisognerebbe considerare che in passato i materiali utilizzati per l’edilizia civile, così come quella scolastica, erano pochi e di essi si aveva una lunga esperienza, così che sebbene non fossero tecnologicamente avanzati, tanto che i problemi erano legati al mantenimento della temperatura ambientale e del grado di umidità relativa ottimale, ma anche alla fornitura di acqua ed ai rifiuti che ne derivavano, i suddetti materiali avevano come tali uno scarso impatto sulle persone da un punto di vista chimico e fisico. Nel presente, altresì, i nuovi materiali, proprio perché tecnologicamente avanzati, pur rispondendo ai bisogni che i vecchi materiali non riuscivano a sostenere quanto ad abitabilità degli edifici, sono spesso sintetici ed insufficientemente sperimentati dal punto di vista di impatto sulla persona e sull’ambiente, evidenziando, insieme alle scelte progettuali e costruttive, problemi negli edifici legati alle molteplici sostanze, non conosciute e/o sperimentate, utilizzate/od all’incorretto utilizzo di esse. Nel mondo occidentale, e specialmente in Italia, per altro, a partire dagli anni ’50 od, ancor meglio, ’60, si è iniziato ad osservare fenomeni di crescita demografica e sviluppo industriale ed urbano in tempi rapidi, in funzione della ripresa economica successiva agli eventi bellici della II Guerra Mondiale. L’impulso edilizio fu così rapido e “caotico”, che le vecchie tecnologie e strutture edilizie non erano più sufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione nell’ambito dell’istruzione così che il patrimonio scolastico divenne repentinamente obsoleto e vetusto, e necessitante di sollecite implementazioni. Ciò anche in forza delle nuove esigenze energetiche che si svilupperanno negli anni ’70 (crisi energetica, necessità di risparmio energetico e risposta architettonica attraverso l’aumento della coibenza termica degli edifici, problema che, in qualche modo, si sta ripresentando oggi dal punto di vista del rendimento energetico….) e che porteranno a ridurre i volumi dei vani, a ridurre il grado di ventilazione naturale degli edifici e, conseguentemente, i ricambi d’aria, condizione che, associata all’impiego di materiali nuovi, non sperimentati nel conseguente impatto sulla salute e sull’ambiente (si pensi solo ai coibentanti termici ed idrici quali l’amianto, le fibre di vetro, ecc..) possono spiegare, in buona parte, i fenomeni di aumento delle patologie respiratorie ed allergiche, tra le altre. Le principali sorgenti interne d’inquinamento, facendo salvo l’impatto derivante da allergeni ed inquinanti derivanti dall’aria “outdoor” sono rappresentate, nelle scuole, dai materiali usati per le attività artistiche e di laboratorio, dagli impianti (riscaldamento e raffrescamento), dalle stampanti e fotocopiatrici, dai • i materiali da costruzione e di arredamento, dall’igiene ambientale dell’edificio (configurazione), dai prodotti di pulizia e di deodorazione utilizzati, dagli occupanti e dal loro grado di igiene. L'importanza relativa della singola fonte di inquinamento negli edifici dipende dalla pericolosità e dal grado di tossicità/nocività e/o mutagenicità che le sostanze emesse possiedono, dalla quantità di inquinante che essa emette e dal tempo di emissione nonché di esposizione delle persone (ad esempio di tipo continuo, discontinuo, episodico, ecc..), naturalmente dalla suscettibilità individuale, che nei bambini più che i docenti nella scuola dell’obbligo, è sicuramente maggiore che negli adulti, ed, infine, dalle azioni di prevenzione poste in essere. Altresì, la salubrità dell’edificio scolastico, può dipendere da altrettanti differenti fattori quali la sua localizzazione, la posizione altimetrica, il grado di inurbazione, la presenza di verde, la distanza da centri industriali e/o artigiani e/o discariche, la sua configurazione in relazione al clima (aperture, soleggiamento, ventilazione..), il livello di vetustà, lo stato della manutenzione, i materiali da costruzione, di finitura, per la posa e di arredo ed attività utilizzati, così come per la pulizia/manutenzione. Inoltre, bisogna tenere conto, per quanto riguarda l’impiego di materiali in edilizia, gli aspetti legati alle molteplici ragioni per cui i materiali rilasciano in ambiente sostanze chimiche anche allergeniche: difetti di fabbricazione; conservazione in locali inadeguati od a rischio di contaminazione prima della posa; trasporto errato od inadeguato; miscelazione incongrua durante l’impiego per la costruzione; uso incorretto; utilizzo operativo in condizioni non adeguate a quanto previsto nei test di certificazione del materiale da parte del produttore; manutenzione e/o demolizione e/o riciclaggio non controllato. Il patrimonio edilizio scolastico italiano appare oggi vetusto, obsoleto e necessitante di urgente manutenzione, così come è derivabile da dati istituzionali del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e da differenti studi, tra cui l’XI Edizione Dossier Lega Ambiente “Ecosistema scuola 2011”: su 42.000 edifici scolastici in Italia, sembrerebbe (la cautela è sempre d’obbligo..) che la la metà sia ancora situata in aree a rischio sismico, solo il 58% possieda il certificato di agibilità ed il 36% degli edifici sia in situazione di emergenza edilizia-manutentiva. Si noti che non esiste una regione in Italia che sia esente da questo problema, ed è interessante scoprirne le motivazioni. In Italia, con la legge 17 del 26.01.1962 furono investiti circa 20 miliardi di lire in più, nell’edilizia scolastica, rispetto al precedente stanziamento di 1.4 miliardi disposto con la legge 53 del 15.02.1961 (R. Gulli, 2008). Un tale investimento, senza precedenti, doveva tendere a sanare le insufficienti strutture scolastiche risalenti anche a prima del ‘900, rispetto alle esigenze di una popolazione in rapido inurbamento e sviluppo demografico. Con la disposizione dello stesso art. 3 della legge 17, che autorizzò lo stanziamento di 100 milioni di lire destinati espressamente al finanziamento di “studi di programmazione e razionalizzazione relativi all’edilizia scolastica prefabbricata”, si ebbe un incremento dell’edilizia scolastica prefabbricata ex-novo, ed un progetto di più grande respiro mirato a soddisfare non solo le necessità contingenti (quale in particolare quella del comune di Napoli oggetto di un capitolo specifico e riservato del finanziamento), quanto quella nazionale, per sostituire la procedura di ampliare i fabbricati esistenti, rispetto a costruire nuovi fabbricati. Le opere finanziate dal Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con i Lavori Pubblici, furono consistenti: circa 339 edifici scolastici da realizzare in 35 province italiane. Ma nella stessa legge ed articolo, si proponeva e richiedeva che l’edilizia di sviluppo scolastico fosse innovativa, sia dal punto di vista progettuale che realizzativa (nei materiali, ad esempio) tanto che gli appalti furono vinti principalmente da chi proponeva sistemi innovativi in questo senso. Ciò comportò, di naturale conseguenza, che non furono sviluppati sistemi “modello” costruttivi, frammentando le necessità di manutenzione e ripristino a livello locale e non globale (incremento di scala dei costi, aumento dei tempi di realizzazione e/o ripristino, ecc..), inibendo, per i “tempi ristretti”, la sperimentazione sulle configurazioni progettuali e dei materiali utilizzati, spesso non attinenti con le esigenze igienico-sanitarie di un basso impatto sulla salute di persone in età scolare o sull’ambiente. Pertanto a problemi o fonti di esposizione conosciute, in particolare per patologie respiratorie e/o allergiche, si sono sommate nuove sorgenti di rischio spesso misconosciute e/o sottostimate. Per citare alcune associazioni tra matrici chimiche, fisiche o biologiche alla genesi dei problemi, basti focalizzare l’attenzione su: gli acari (presenti nella polvere in caso di scarsa pulizia e/o polverizzazione dei materiali in presenza di umidità dell’aria bassa od alta (< 40% o >60%); i miceti o le muffe (presenti nei materiali da costruzione imbibiti d’acqua, negli impianti, intesi sia nei filtri che nelle condotte, o nelle acque infiltrate, acque di condensa, vapor acqueo); i microrganismi (derivanti da soggetti umani, da fonti idriche, da polveri e promossi dagli scarsi ricambi d’aria); gli agenti chimici irritanti od iniziatori d’asma (presenti nei materiali e prodotti di finitura, colle, vernici, prodotti per l’igiene e la didattica, ecc..). In particolare sul versante chimico degli inquinanti nelle scuole, potenzialmente presenti quali ipersensibilizzanti od induttori d’asma, oltre a ricordare gli Ftalati (plastificanti nei prodotti di PVC, utilizzati nei “make-up” dei cosmetici, ecc..), la Formaldeide (incollanti, prodotti di pulizia, materie plastiche, ecc..), le Clorammine ed i Diisocianati (disinfettanti, schiume, smalti, vernici, ecc..), gli Ossidi di zolfo, il Monossido di carbonio e l’Ozono, importanza notevole hanno anche i Composti Organici Volatili (VOCs), il Particolato aerodisperso e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici e le Fibre minerali disperse. Inoltre, sempre più importanza va assumendo l’impatto derivante dall’utilizzo di materiali che contengono sostanze ascrivibili agli EDs (Disruttori Endocrini), che possono essere assunti per via alimentare, respiratoria e trans-dermica, determinando: interazione ormonale agonista lipidica (steroidei) e/o amminoacidica (tiroidei); metilazione del DNA (impatto epigenetico degli EDs); stimolazione e/o inibizione dei meccanismi trascrizionali o post-trascrizionali ai recettori estrogeni ed androgeni a livello di tutto l’asse ipotalamo-ipofisario-gonadico (Wuttke et al., 2010). Tra questi sta assumendo sempre maggiore importanza, per l’impatto sulla salute, oltre gli stessi ftalati prima citati, il Bisfenolo A (BPA). Descritto nel 1891, simile al dietilstilbestrolo, teratogeno nei modelli animali, è oggi usato quale legante per sostanze plastiche nelle bottiglie (acque minerali, bibite, ecc..), contenitori plastici (biberon?!, ecc..) e quale legante per resine epossidiche in arredi e supporti didattici (quaderni, libri, banchi, ecc..). Con la temperatura può desorbirsi ed aerosolizzare, promuovere l’esposizione degli occupanti l’ambiente tanto che nel 2003-2004, nell’ambito del programma NHANES del CDC di Atlanta il bisfenolo A è stato riscontrato nelle urine di più del 95% degli Statunitensi di età > 6 anni, con un picco proprio nell’età infantile ed adoloscenziale (Robins et al., 2011). La Prevenzione, sul versante progettuale, edilizio e dei materiali, dovrebbe essere frutto, alla luce di quanto sinteticamente espresso, di una programmazione integrata e multidisciplinare oltreché considerare tutti gli aspetti della struttura edilizia e delle attività che vi sono destinate ad essere svolte. Con ciò prevedendo sin dalla progettazione le differenti tipologie di rischio, la gestione dell’edificio e dei materiali, la manutenzione e la formazione tecnica di coloro che provvedono alla costruzione, messa in opera e mantenimento in “standard” dell’edificio scolastico, ma anche degli utilizzatori ultimi (docenti, studenti, ausiliari, genitori, ecc..), in modo che non siano alterate le destinazioni d’uso o le funzioni previste per quegli ambienti. Si dovrebbe, pertanto, passare ad un’architettura progettuale ed ad una realizzazione edilizia a “basso impatto sulla salute (e sull’ambiente)”, in cui vi sia un “controllo di qualità dinamico” costante delle condizioni di esercizio e funzionamento, in modo da mirare alla realizzazione di strutture edilizie a condizioni “cost-effectiveness” ottimali e che consentano scelte gestionali ed organizzative, anche su scala nazionale, non più promosse “dall’urgenza della realizzazione” quanto dalle priorità di scelta “programmata”. Altrimenti si osserverà sempre un continuo rincorrersi delle “urgenze” determinando, quali scelte prioritarie, non le necessità strategiche a livello nazionale e/o regionale, quanto il tamponare situazioni di rischio grave ed immediato, precedentemente sottostimato. La Prevenzione, pertanto anche in base alla realizzazione di linee guida e norme tecniche, più che legislazioni immote e spesso obsolete già all’atto della promulgazione, deve mutare da passiva o reattiva a “pro-attiva”. In ciò tenendo conto della possibilità, sempre culturalmente difficile da modificare, di osare oggi investimenti economici mirati (quindi anche apparentemente molto costosi) per la Prevenzione pro-attiva, a fronte di un ritorno nel futuro che la popolazione potrebbe avere nel senso della sicurezza per gli occupanti degli edifici scolastici e della promozione di determinanti di salute nella popolazione stessa, in particolare se si abbia in debita considerazione di quanto “costi” alla “salute pubblica” (in senso economico, sanitario, etico e sociale) un intervento tardivo, che edifici scolastici “insufficientemente progettati, costruiti od utilizzati” possano determinare.
2012
Italiano
Moscato, U., [Structural and environmental hygiene of buildings for pre-school and mandatory education, in Italy], <<IGIENE E SANITÀ PUBBLICA>>, 2012; 68 (1): 115-119 [http://hdl.handle.net/10807/62974]
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