Il contributo analizza una pronuncia in tema di responsabilità medica che si segnala per alcuni aspetti importanti sia in relazione all'accertamento del nesso di causalità, sia in rapporto ai requisiti dell'imputazione a titolo di colpa. Si afferma, infatti, nella sentenza che in tema di responsabilità medica sia necessario valutare per un verso la misura soggettiva della colpa, consistente nella prevedibilità del risultato offensivo e nell’esigibilità della condotta conforme alla regola cautelare, per altro verso la misura oggettiva data dall’individuazione e violazione della regola cautelare e dalla evitabilità del risultato dannoso. L’accertamento del nesso di causalità deve essere fondato sul criterio della condicio sine qua non integrato con il riferimento alle c.d. leggi di copertura, che permettono di giungere a soluzioni di pratica certezza. Specificamente nei reati omissivi impropri, nell’ambito della responsabilità medica, il meccanismo controfattuale è necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana e quindi l’effetto salvifico delle cure omesse. Tale giudizio deve tener conto di affidabili informazioni scientifiche, nonché delle contingenze significative del caso concreto, valutando il normale decorso della malattia e la normale efficacia della terapia. Il nesso causale, pertanto, sussiste allorché il sicuro effetto salvifico dei trattamenti terapeutici omessi possa essere affermato con alto grado di credibilità razionale. Il contributo si sofferma poi su un aspetto interessante della pronuncia la quale afferma che Il direttore sanitario di una casa di cura sia responsabile dell’omicidio colposo di una paziente avvenuto a causa dell’imperizia del personale medico che non abbia effettuato gli esami clinici necessari e trasferito la paziente in un nosocomio attrezzato qualora abbia avuto diretta conoscenza della situazione clinica, intervenendo personalmente e assicurando l’efficienza della struttura, benché questa fosse priva delle attrezzature necessarie.

Provera, A., Nota a Corte di Cassazione, sezione IV pen., 17 novembre 2011 - 17 gennaio 2012, n. 1442, <<RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA LEGALE E DEL DIRITTO IN CAMPO SANITARIO>>, 2012; 2012 (3): 1259-1263 [http://hdl.handle.net/10807/57235]

Nota a Corte di Cassazione, sezione IV pen., 17 novembre 2011 - 17 gennaio 2012, n. 1442

Provera, Alessandro
2012

Abstract

Il contributo analizza una pronuncia in tema di responsabilità medica che si segnala per alcuni aspetti importanti sia in relazione all'accertamento del nesso di causalità, sia in rapporto ai requisiti dell'imputazione a titolo di colpa. Si afferma, infatti, nella sentenza che in tema di responsabilità medica sia necessario valutare per un verso la misura soggettiva della colpa, consistente nella prevedibilità del risultato offensivo e nell’esigibilità della condotta conforme alla regola cautelare, per altro verso la misura oggettiva data dall’individuazione e violazione della regola cautelare e dalla evitabilità del risultato dannoso. L’accertamento del nesso di causalità deve essere fondato sul criterio della condicio sine qua non integrato con il riferimento alle c.d. leggi di copertura, che permettono di giungere a soluzioni di pratica certezza. Specificamente nei reati omissivi impropri, nell’ambito della responsabilità medica, il meccanismo controfattuale è necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana e quindi l’effetto salvifico delle cure omesse. Tale giudizio deve tener conto di affidabili informazioni scientifiche, nonché delle contingenze significative del caso concreto, valutando il normale decorso della malattia e la normale efficacia della terapia. Il nesso causale, pertanto, sussiste allorché il sicuro effetto salvifico dei trattamenti terapeutici omessi possa essere affermato con alto grado di credibilità razionale. Il contributo si sofferma poi su un aspetto interessante della pronuncia la quale afferma che Il direttore sanitario di una casa di cura sia responsabile dell’omicidio colposo di una paziente avvenuto a causa dell’imperizia del personale medico che non abbia effettuato gli esami clinici necessari e trasferito la paziente in un nosocomio attrezzato qualora abbia avuto diretta conoscenza della situazione clinica, intervenendo personalmente e assicurando l’efficienza della struttura, benché questa fosse priva delle attrezzature necessarie.
2012
Italiano
Provera, A., Nota a Corte di Cassazione, sezione IV pen., 17 novembre 2011 - 17 gennaio 2012, n. 1442, <<RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA LEGALE E DEL DIRITTO IN CAMPO SANITARIO>>, 2012; 2012 (3): 1259-1263 [http://hdl.handle.net/10807/57235]
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