Nel 1810 la scure del decreto soppressivo del Bonaparte si abbatté in Italia su tutti gli ordini religiosi ― compresi quelli dediti all’insegnamento ― ma il ministro per il culto del Regno Italico Giovanni Bovara riuscì ancora una volta a moderarne gli effetti forte di quella autonomia che gli veniva concessa nella scelta delle case da conservare. Il decreto di soppressione contemplava, infatti, una riserva per quelle femminili che già nel 1805 erano state mantenute proprio per il loro impegno nel campo dell’educazione e per le quali, a distanza di qualche anno, il governo si proponeva di operare una più attenta disanima incaricandone il ministro per il Culto. Si trattava di una novantina di case sulle quali il Bovara cominciò a svolgere una serie di inchieste e ricognizioni di cui il saggio qui presentato rende ragione: ne emerge il quadro assai variegato dell’intensa attività educativa ancora svolta a quel tempo nelle diverse località del Regno non solo da monache di clausura salesiane, da orsoline, da terziarie coi voti semplici o solo parziali ma anche dalle numerose «religiose senza vincolo» che vivevano in comune dedicandosi alla formazione delle educande. Sostenuto dal direttore generale della Pubblica Istruzione Scopoli il Bovara salvò dalla secolarizzazione le case religiose più prestigiose del Regno facendo valere le ragioni della tutela contro quelle del Prina, che per motivi finanziari voleva laicizzarle tutte, o contro quelle del principe Eugenio che manifestava tutta la sua diffidenza verso ogni forma di educazione monastica
Pederzani, I., 1810:la soppressione degli ordini religiosi nel Regno d'Italia. Giovanni Bovara e il problema dell'educazione superiore femminile, <<ANNALI DI STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA>>, 1998; 4 (4): 97-120 [http://hdl.handle.net/10807/49738]
1810:la soppressione degli ordini religiosi nel Regno d'Italia. Giovanni Bovara e il problema dell'educazione superiore femminile
Pederzani, Ivana
1998
Abstract
Nel 1810 la scure del decreto soppressivo del Bonaparte si abbatté in Italia su tutti gli ordini religiosi ― compresi quelli dediti all’insegnamento ― ma il ministro per il culto del Regno Italico Giovanni Bovara riuscì ancora una volta a moderarne gli effetti forte di quella autonomia che gli veniva concessa nella scelta delle case da conservare. Il decreto di soppressione contemplava, infatti, una riserva per quelle femminili che già nel 1805 erano state mantenute proprio per il loro impegno nel campo dell’educazione e per le quali, a distanza di qualche anno, il governo si proponeva di operare una più attenta disanima incaricandone il ministro per il Culto. Si trattava di una novantina di case sulle quali il Bovara cominciò a svolgere una serie di inchieste e ricognizioni di cui il saggio qui presentato rende ragione: ne emerge il quadro assai variegato dell’intensa attività educativa ancora svolta a quel tempo nelle diverse località del Regno non solo da monache di clausura salesiane, da orsoline, da terziarie coi voti semplici o solo parziali ma anche dalle numerose «religiose senza vincolo» che vivevano in comune dedicandosi alla formazione delle educande. Sostenuto dal direttore generale della Pubblica Istruzione Scopoli il Bovara salvò dalla secolarizzazione le case religiose più prestigiose del Regno facendo valere le ragioni della tutela contro quelle del Prina, che per motivi finanziari voleva laicizzarle tutte, o contro quelle del principe Eugenio che manifestava tutta la sua diffidenza verso ogni forma di educazione monasticaI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.