Il ritorno di attenzione che, da qualche anno a questa parte, si registra intorno al tema della sovranità sulle isole Falkland/Malvinas è normalmente attribuito alla scoperta di consistenti riserve petrolifere all’interno delle loro acque territoriali, scoperta che avrebbe modificato in modo radicale il quadro di riferimento rispetto al l982, anno della guerra fra Gran Bretagna e Argentina per il controllo dell’arcipelago. Sarebbe stato ciò, fra l’altro, a condurre, da ultimo, alle recenti, ripetute tensioni fra Londra e Buenos Aires in occasione del trentesimo anniversario del conflitto, tensioni che, a loro volta, avrebbero portato la maggior parte degli Stati dell’America latina ad accorrere in sostegno delle posizioni argentine. Il contributo proposto intende problematizzare questa vulgata, evidenziando come la dimensione energetica costituisca solo una (e, forse, non la più importante) fra quelle che confluiscono nella vicenda, e come l’apparente emergere di un blocco regionale a sostegno delle rivendicazioni di Buenos Aires celi, nella realtà, più di un’aporia. La solidarietà panamericana apparentemente coagulatasi dietro al presidente Kirchner, infatti, maschera solo in parte le ambizioni confliggenti e le rivalità sotterranee esistenti fra i maggiori attori regionali, attori fra i quali l’Argentina – con un solido record economico negli ultimi dieci anni, un tasso di crescita annuo del PIL intorno al 9% nel 2011 e gli indici negativi in netto calo – si colloca a pieno titolo. In questa prospettiva, un’ipotetica soluzione del contenzioso in favore di Buenos Aires rischierebbe di avere pesanti ricadute sul sistema degli equilibri regionali, rimettendo in discussione, da una parte, la posizione di egemone in pectore del Brasile, dall’altra riattizzando la rivalità fra Argentina e Cile, sia intorno alle questioni di confine ancora aperte, sia – in una prospettiva più ampia – intorno alle rivendicazioni dei due Paesi nell’area dell’Antartide, peraltro parzialmente confliggenti con quelle britanniche. Sullo sfondo di questo scenario si staglia la posizione (meglio: l’apparente non posizione) statunitense. Intorno all’issue della sovranità sulle isole contese Washington appare, infatti, tesa fra due posizioni contrastanti. Da una parte, la volontà dell’amministrazione di ridurre il proprio profilo nella regione, puntando su una strategia di moral suasion e sulla ricerca di canali di collaborazione con una serie di interlocutori privilegiati, dall’altra quella diffusa in vari circoli del Congresso, volta a difendere a tutti i costi la tradizionale “relazione speciale” con Londra, specialmente in un momento come l’attuale, in cui i rapporti di quest’ultima con i suoi partner europei sembrano attraversare una fase di difficoltà.
Pastori, G., L’impero colpisce ancora? La questione delle Falkland/Malvinas e il sistema degli equilibri latinoamericani, <<GEOPOLITICA>>, 2012; I (4): 155-171 [http://hdl.handle.net/10807/42067]
L’impero colpisce ancora? La questione delle Falkland/Malvinas e il sistema degli equilibri latinoamericani
Pastori, Gianluca
2013
Abstract
Il ritorno di attenzione che, da qualche anno a questa parte, si registra intorno al tema della sovranità sulle isole Falkland/Malvinas è normalmente attribuito alla scoperta di consistenti riserve petrolifere all’interno delle loro acque territoriali, scoperta che avrebbe modificato in modo radicale il quadro di riferimento rispetto al l982, anno della guerra fra Gran Bretagna e Argentina per il controllo dell’arcipelago. Sarebbe stato ciò, fra l’altro, a condurre, da ultimo, alle recenti, ripetute tensioni fra Londra e Buenos Aires in occasione del trentesimo anniversario del conflitto, tensioni che, a loro volta, avrebbero portato la maggior parte degli Stati dell’America latina ad accorrere in sostegno delle posizioni argentine. Il contributo proposto intende problematizzare questa vulgata, evidenziando come la dimensione energetica costituisca solo una (e, forse, non la più importante) fra quelle che confluiscono nella vicenda, e come l’apparente emergere di un blocco regionale a sostegno delle rivendicazioni di Buenos Aires celi, nella realtà, più di un’aporia. La solidarietà panamericana apparentemente coagulatasi dietro al presidente Kirchner, infatti, maschera solo in parte le ambizioni confliggenti e le rivalità sotterranee esistenti fra i maggiori attori regionali, attori fra i quali l’Argentina – con un solido record economico negli ultimi dieci anni, un tasso di crescita annuo del PIL intorno al 9% nel 2011 e gli indici negativi in netto calo – si colloca a pieno titolo. In questa prospettiva, un’ipotetica soluzione del contenzioso in favore di Buenos Aires rischierebbe di avere pesanti ricadute sul sistema degli equilibri regionali, rimettendo in discussione, da una parte, la posizione di egemone in pectore del Brasile, dall’altra riattizzando la rivalità fra Argentina e Cile, sia intorno alle questioni di confine ancora aperte, sia – in una prospettiva più ampia – intorno alle rivendicazioni dei due Paesi nell’area dell’Antartide, peraltro parzialmente confliggenti con quelle britanniche. Sullo sfondo di questo scenario si staglia la posizione (meglio: l’apparente non posizione) statunitense. Intorno all’issue della sovranità sulle isole contese Washington appare, infatti, tesa fra due posizioni contrastanti. Da una parte, la volontà dell’amministrazione di ridurre il proprio profilo nella regione, puntando su una strategia di moral suasion e sulla ricerca di canali di collaborazione con una serie di interlocutori privilegiati, dall’altra quella diffusa in vari circoli del Congresso, volta a difendere a tutti i costi la tradizionale “relazione speciale” con Londra, specialmente in un momento come l’attuale, in cui i rapporti di quest’ultima con i suoi partner europei sembrano attraversare una fase di difficoltà.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.