Gli equilibri militari nella regione del medio asiatico sembrano riposare, a livello operativo, sulla continuazione (e, per molti versi, il deterioramento) della crisi afgana, a livello istituzionale sulle difficoltà di costruire, all'interno dello spazio ex sovietico, istituzioni di sicurezza collettiva in grado di soddisfare le esigenze dei diversi attori della regione. Se, e in quale misura, queste difficoltà siano di natura interna piuttosto che internazionale, non può essere valutato con esattezza. Tuttavia, è ormai certo che le milizie in lotta in Afghanistan stiano ricevendo sostegno da potenze esterne, un elemento, questo, che suggerisce come, oltre ai tradizionali egemoni politici, nuove influenze stiano gradualmente emergendo sullo scacchiere, influenze che, se da una parte, possono essere meno visibili, dall’altra risultano non meno potenti ed efficaci. Al contrario, le capacità del Cremlino di esercitare pressioni sulle repubbliche dell'Asia centrale appaiono notevolmente diminuite. Le difficoltà economiche, l'instabilità politica e, soprattutto, la fine dell'Armata Rossa sono fattori che hanno contribuito a limitare parecchio l'influenza di Mosca nel “Near Abroad”. Molti dubbi gravano quindi sul futuro della regione. Ora che la possibilità di un nuovo “Grande Gioco” appare definitivamente tramontata (se mai è realmente esistita), lo scacchiere centroasiatico sembra entrato, sia politicamente che militarmente, una fase di rivalità multipolare. Una rivalità che ha riportato alla ribalta sia vecchi protagonisti, sia nuovi attori, prima fra tutti la Cina, destinata a rappresentare la grande incognita dei prossimi anni.
Pastori, G., Problemi militari e di sicurezza nel Medio asiatico, <<RELAZIONI INTERNAZIONALI>>, 1996; 60 (37-38): 24-33 [http://hdl.handle.net/10807/38809]
Problemi militari e di sicurezza nel Medio asiatico
Pastori, Gianluca
1996
Abstract
Gli equilibri militari nella regione del medio asiatico sembrano riposare, a livello operativo, sulla continuazione (e, per molti versi, il deterioramento) della crisi afgana, a livello istituzionale sulle difficoltà di costruire, all'interno dello spazio ex sovietico, istituzioni di sicurezza collettiva in grado di soddisfare le esigenze dei diversi attori della regione. Se, e in quale misura, queste difficoltà siano di natura interna piuttosto che internazionale, non può essere valutato con esattezza. Tuttavia, è ormai certo che le milizie in lotta in Afghanistan stiano ricevendo sostegno da potenze esterne, un elemento, questo, che suggerisce come, oltre ai tradizionali egemoni politici, nuove influenze stiano gradualmente emergendo sullo scacchiere, influenze che, se da una parte, possono essere meno visibili, dall’altra risultano non meno potenti ed efficaci. Al contrario, le capacità del Cremlino di esercitare pressioni sulle repubbliche dell'Asia centrale appaiono notevolmente diminuite. Le difficoltà economiche, l'instabilità politica e, soprattutto, la fine dell'Armata Rossa sono fattori che hanno contribuito a limitare parecchio l'influenza di Mosca nel “Near Abroad”. Molti dubbi gravano quindi sul futuro della regione. Ora che la possibilità di un nuovo “Grande Gioco” appare definitivamente tramontata (se mai è realmente esistita), lo scacchiere centroasiatico sembra entrato, sia politicamente che militarmente, una fase di rivalità multipolare. Una rivalità che ha riportato alla ribalta sia vecchi protagonisti, sia nuovi attori, prima fra tutti la Cina, destinata a rappresentare la grande incognita dei prossimi anni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.