Un punto di partenza fondamentale per affrontare il tema della creazione di un green brand per le aree industriali riguarda l’essenza stessa del termine “brand”: qualsiasi azienda può essere considerata di per sé una marca? L’intervento sottoporrà una serie di possibili riflessioni su questo aspetto, spesso considerato superficialmente come dato di fatto, per arrivare a tracciare alcuni parametri utili per la definizione della creazione dei “green brand” per le aree industriali. Una trappola in cui spesso si rischia di cadere è considerare il brand come un’etichetta, una forma verbale o visiva accostata o meglio “incollata” a un determinato prodotto o servizio, mettendo però così in secondo piano la vera natura di una marca: la sua portata immateriale, il suo essere idea, progetto, visione, insieme di valori. Il brand è, quindi, decisamente qualcosa di più del prodotto in cui si incarnerà e, ancor meglio, è antecedente alla fisicità dei prodotti così come a qualsiasi sua manifestazione comunicativa immateriale (come il marchio, lo spot, il sito web) o materiale (come packaging, design di prodotto, punto vendita…). Questa singolare dimensione comporta anche un secondo ribaltamento delle logiche tradizionali con cui si guarda al mondo del brand: se è vero che la marca è un’istanza simbolica, allora dovrebbe esser tale per i dipendenti di una certa realtà aziendale, ancor prima che per i consumatori. Una strategia di marca, allora, per essere efficace e d’impatto dovrebbe aver il suo luogo d’origine nella dirigenza d’impresa, per poi avvicinarsi al settore marketing e comunicazione così come a quello delle risorse umane. È per questo motivo che proponiamo di utilizzare anche il termine internal branding per definire al meglio i mondi di marca contemporanei. Una dimensione che si lega alle strategie di valorizzazione del capitale umano e che si rivelerà assai utile per delineare i punti di forza dei green brand delle aree industriali. Un ultimo fattore di innovazione mostra come non siano solo le aziende produttrici di beni e servizi di consumo a poter aspirare a diventare brand: anche per le imprese che operano nei mercati del cosiddetto business to business è possibile adottare una strategia di branding. Ad affermare questa sorta di rivoluzione copernicana è stato recentemente il noto guru del marketing Philip Kotler: nei suoi ultimi lavori ha indagato come si possa lavorare in modo efficace in questo settore con concetti quali promessa, percezioni (tutto ciò che si vede, si sente, si legge, si sa, si pensa..), esperienza, benefici, valori. Siamo, allora, di fronte a una serie di tasselli che evidenziano l’attuale logica di funzionamento di un brand quale ente in un certo senso “super-partes”: sopra il prodotto fisico, sopra i vari discorsi comunicativi, sopra l’assetto di marketing & comunicazione, sopra il settore human resources, sopra il mondo dei beni e dei servizi così come sopra quello del business to business… Una prospettiva che ci permette di poter considerare come non solo possibile, ma oltremodo d’interesse l’applicazione di uno sguardo di branding anche al mondo delle aree industriali. Entrando ancor più nello specifico, il nostro intervento cercherà di indicare non tanto le dimensioni di contenuto specifico di un “green brand” delle aree industriali, tema indiscutibilmente rilevante, quanto più in generale i progetti e i costrutti simbolici a esso potenzialmente sottesi. Saranno proposti, a tal proposito, quattro step progressivi di costruzione di un green brand per le aree industriali che, come vedremo, andranno a costruire un “circolo virtuoso” simile a quello presente alla base dello stesso orientamento green nel suo complesso.
Musso, P., Sala, E., Creare un green brand per le aree industriali, in Cavallo, M., Degli Esposti, P., Konstantinou, K. (ed.), Green marketing per le aree industriali. Metodologie, strumenti e pratiche, Franco Angeli, Bologna 2012: 206- 224 [http://hdl.handle.net/10807/37241]
Creare un green brand per le aree industriali
Musso, Patrizia;Sala, Elisabetta
2012
Abstract
Un punto di partenza fondamentale per affrontare il tema della creazione di un green brand per le aree industriali riguarda l’essenza stessa del termine “brand”: qualsiasi azienda può essere considerata di per sé una marca? L’intervento sottoporrà una serie di possibili riflessioni su questo aspetto, spesso considerato superficialmente come dato di fatto, per arrivare a tracciare alcuni parametri utili per la definizione della creazione dei “green brand” per le aree industriali. Una trappola in cui spesso si rischia di cadere è considerare il brand come un’etichetta, una forma verbale o visiva accostata o meglio “incollata” a un determinato prodotto o servizio, mettendo però così in secondo piano la vera natura di una marca: la sua portata immateriale, il suo essere idea, progetto, visione, insieme di valori. Il brand è, quindi, decisamente qualcosa di più del prodotto in cui si incarnerà e, ancor meglio, è antecedente alla fisicità dei prodotti così come a qualsiasi sua manifestazione comunicativa immateriale (come il marchio, lo spot, il sito web) o materiale (come packaging, design di prodotto, punto vendita…). Questa singolare dimensione comporta anche un secondo ribaltamento delle logiche tradizionali con cui si guarda al mondo del brand: se è vero che la marca è un’istanza simbolica, allora dovrebbe esser tale per i dipendenti di una certa realtà aziendale, ancor prima che per i consumatori. Una strategia di marca, allora, per essere efficace e d’impatto dovrebbe aver il suo luogo d’origine nella dirigenza d’impresa, per poi avvicinarsi al settore marketing e comunicazione così come a quello delle risorse umane. È per questo motivo che proponiamo di utilizzare anche il termine internal branding per definire al meglio i mondi di marca contemporanei. Una dimensione che si lega alle strategie di valorizzazione del capitale umano e che si rivelerà assai utile per delineare i punti di forza dei green brand delle aree industriali. Un ultimo fattore di innovazione mostra come non siano solo le aziende produttrici di beni e servizi di consumo a poter aspirare a diventare brand: anche per le imprese che operano nei mercati del cosiddetto business to business è possibile adottare una strategia di branding. Ad affermare questa sorta di rivoluzione copernicana è stato recentemente il noto guru del marketing Philip Kotler: nei suoi ultimi lavori ha indagato come si possa lavorare in modo efficace in questo settore con concetti quali promessa, percezioni (tutto ciò che si vede, si sente, si legge, si sa, si pensa..), esperienza, benefici, valori. Siamo, allora, di fronte a una serie di tasselli che evidenziano l’attuale logica di funzionamento di un brand quale ente in un certo senso “super-partes”: sopra il prodotto fisico, sopra i vari discorsi comunicativi, sopra l’assetto di marketing & comunicazione, sopra il settore human resources, sopra il mondo dei beni e dei servizi così come sopra quello del business to business… Una prospettiva che ci permette di poter considerare come non solo possibile, ma oltremodo d’interesse l’applicazione di uno sguardo di branding anche al mondo delle aree industriali. Entrando ancor più nello specifico, il nostro intervento cercherà di indicare non tanto le dimensioni di contenuto specifico di un “green brand” delle aree industriali, tema indiscutibilmente rilevante, quanto più in generale i progetti e i costrutti simbolici a esso potenzialmente sottesi. Saranno proposti, a tal proposito, quattro step progressivi di costruzione di un green brand per le aree industriali che, come vedremo, andranno a costruire un “circolo virtuoso” simile a quello presente alla base dello stesso orientamento green nel suo complesso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.