L’ordinamento italiano non dispone di una nozione giuridica di reddito. Esso è ciò che il legislatore tassativamente ritiene ricchezza tassabile. Disposizioni statiche potrebbero non intercettare forme di ricchezza non tradizionali, cioè non tempestivamente previste dal legislatore come sintomi di sostanze tassabili. Ma il principio di capacità contributiva – in aderenza alla lettura che la Corte costituzionale dà dell’art. 53 Cost. – presuppone che il privato concorra alle spese pubbliche entro e non oltre la propria forza economica. Sicché, oggetto del sacrificio fiscale personale devono essere tutti i fatti espressivi di essa. Dunque, far dipendere la determinazione della quota di contribuzione di ciascuno da fatti non tempestivamente selezionati fomenterebbe una convivenza non pacifica fra i consociati: verrebbe a sfilacciarsi quel legame solidale tra chi più ha e chi meno dispone. In definitiva, l’irrazionalità del sistema impositivo personale, il calo demografico dei contribuenti italiani e l’avvento di ricchezze generate dalle nuove tecnologie intelligenti impongono specifiche considerazioni di fondo circa il fatto di definire positivamente una nozione generale di reddito o abbandonare l’imposizione reddituale e dirigere il sistema verso forme d’imposizione sul valore o sulle utilità conseguite dai privati.
Tropea, A., Riflessioni sulla nozione giuridica di reddito. Ricognizioni e prospettive pubblicistico-tributarie, <<IL DIRITTO DELL'ECONOMIA>>, 2025; 71 (117): 485-519 [https://hdl.handle.net/10807/327280]
Riflessioni sulla nozione giuridica di reddito. Ricognizioni e prospettive pubblicistico-tributarie
Tropea, Alessandro
2025
Abstract
L’ordinamento italiano non dispone di una nozione giuridica di reddito. Esso è ciò che il legislatore tassativamente ritiene ricchezza tassabile. Disposizioni statiche potrebbero non intercettare forme di ricchezza non tradizionali, cioè non tempestivamente previste dal legislatore come sintomi di sostanze tassabili. Ma il principio di capacità contributiva – in aderenza alla lettura che la Corte costituzionale dà dell’art. 53 Cost. – presuppone che il privato concorra alle spese pubbliche entro e non oltre la propria forza economica. Sicché, oggetto del sacrificio fiscale personale devono essere tutti i fatti espressivi di essa. Dunque, far dipendere la determinazione della quota di contribuzione di ciascuno da fatti non tempestivamente selezionati fomenterebbe una convivenza non pacifica fra i consociati: verrebbe a sfilacciarsi quel legame solidale tra chi più ha e chi meno dispone. In definitiva, l’irrazionalità del sistema impositivo personale, il calo demografico dei contribuenti italiani e l’avvento di ricchezze generate dalle nuove tecnologie intelligenti impongono specifiche considerazioni di fondo circa il fatto di definire positivamente una nozione generale di reddito o abbandonare l’imposizione reddituale e dirigere il sistema verso forme d’imposizione sul valore o sulle utilità conseguite dai privati.| File | Dimensione | Formato | |
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