Ripercorrendo le tappe dell’itinerario prosastico della scrittrice Ada Negri (1870-1945), nella sua attitudine figurativa consapevole della forza e della suggestione evocativa della nominazione dei suoi personaggi, anche quando non da lei direttamente ‘battezzati’, l’intervento proposto si prefigge di offrire una disamina delle più significative scelte onomastiche – tutt’altro che casuali e sporadiche, sempre mirate rispetto all’identità morale/estetica, alle decisioni esistenziali, al destino delle protagoniste – connesse alla ritrattistica femminile da Le solitarie (1917) a Sorelle (1928): antroponimi parlanti e antifrastici, persuasivi soprannomi e appellativi (illuminanti nella caratterizzazione dei personaggi e nella messa a fuoco di alcune loro prerogative specifiche), occorrenze fono-simboliche, ma anche nominazioni mancate. Se, con La Cacciatora, l’abiura dell’antroponimo anagrafico, consequenziale a una profonda delusione d’amore che spinge la donna a rinunciare alla propria femminilità, decreta l’affermarsi di un arbitrario nome maschile sostitutivo, nonché dell’antonomasia, per altre creature la Negri opta per l’anonimato, punitivo o, quando dettato da una forma di pietas, a salvaguardia del soggetto ritratto.
Stagnitti, B., "Se avessi dovuto darle un nome". Spigolature antroponomastiche muliebri nell'opera in prosa di Ada Negri, in L'Italia e il suo patrimonio culturale, letterario e linguistico. Mezzo secolo di Italianistica a Cracovia, (Cracovia, Polonia, 27-28 October 2023), Edizioni dell'Orso, Alessandria 2025: 131-144 [https://hdl.handle.net/10807/325125]
"Se avessi dovuto darle un nome". Spigolature antroponomastiche muliebri nell'opera in prosa di Ada Negri
Stagnitti, Barbara
2025
Abstract
Ripercorrendo le tappe dell’itinerario prosastico della scrittrice Ada Negri (1870-1945), nella sua attitudine figurativa consapevole della forza e della suggestione evocativa della nominazione dei suoi personaggi, anche quando non da lei direttamente ‘battezzati’, l’intervento proposto si prefigge di offrire una disamina delle più significative scelte onomastiche – tutt’altro che casuali e sporadiche, sempre mirate rispetto all’identità morale/estetica, alle decisioni esistenziali, al destino delle protagoniste – connesse alla ritrattistica femminile da Le solitarie (1917) a Sorelle (1928): antroponimi parlanti e antifrastici, persuasivi soprannomi e appellativi (illuminanti nella caratterizzazione dei personaggi e nella messa a fuoco di alcune loro prerogative specifiche), occorrenze fono-simboliche, ma anche nominazioni mancate. Se, con La Cacciatora, l’abiura dell’antroponimo anagrafico, consequenziale a una profonda delusione d’amore che spinge la donna a rinunciare alla propria femminilità, decreta l’affermarsi di un arbitrario nome maschile sostitutivo, nonché dell’antonomasia, per altre creature la Negri opta per l’anonimato, punitivo o, quando dettato da una forma di pietas, a salvaguardia del soggetto ritratto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



