Lo storico Eric Hobsbawm (1994) ha definito il XX secolo "secolo breve", prendendo in analisi le svolte storiche del periodo compreso tra il 1914 ed il 1991.Tale periodo, pur non coincidendo con il Ventesimo Secolo, ne rappresenta la parte fondamentale perché ha portato a un riassetto delle relazioni tra Stati. Prima con la Società delle Nazioni, poi con le Nazioni Unite si è cercato di dare una risposta alle esigenze di collaborazione internazionale che, attraverso la prosperità economica, potessero garantire la pace, lo sviluppo economico e sociale in Europa e nel mondo. In particolare, dalla nascita delle Nazioni Unite si sono susseguiti Trattati e Convenzioni vòlti a tutelare gruppi vulnerabili, pur nel rispetto della sovranità degli stati. Il fil rouge che accompagna la normativa internazionale, soprattutto quella riferita ai diritti di gruppi di persone, è la consapevolezza che il rispetto reciproco e la crescita sociale ed economica comune possa mettere al riparo da guerre conflitti, anche all’interno delle stesse comunità. Nel 2015 l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite ha segnato un'ulteriore svolta: mettendo sullo stesso piano le persone e il pianeta ha chiarito, laddove ve ne fosse bisogno, che l'educazione (obiettivo 4) è il primo attivatore di diritti, senza il quale non si può garantire una vita dignitosa, l'eradicazione della fame e della povertà, la parità di genere e la pace a nessuno in nessun luogo. Nota a tal proposito L. Dozza come “la legislazione internazionale – Accordi, Risoluzioni, Trattati – a sua volta è incerta poiché nasce dal rapporto di forza tra soggetti di varia natura e con diverso orientamento” (2018, pp. 194-195). Al mondo della scuola viene chiesto di realizzare progetti di educazione alla pace, di cittadinanza attiva, di educazione ambientale e di educazione ai diritti umani: in che modo, allora, si rende necessario rivolgersi ai nostri studenti perché non vivano questi progetti come inutili, ma li stimolino invece ad essere la parte attiva del cambiamento, a costruire un futuro di pace, ascolto reciproco, a gestire i conflitti? E che ruolo gioca il contesto in cui i bambini e le bambine vivono nel promuovere valori e atteggiamenti vòlti ad affermare il rispetto e l’uguaglianza? Il concetto di “comunità educante” (Dewey, 1916; Freire, 1968; Malaguzzi, 1995) riflette una visione educativa collettiva, in cui la responsabilità dell'educazione non ricade solo su insegnanti e istituzioni scolastiche, ma coinvolge anche famiglie, studenti, e la comunità locale in un processo di apprendimento condiviso. In tale contesto la scuola è un luogo di incontro e scambio culturale, dove le differenze sociali, economiche e culturali devono essere accolte e valorizzate (Rossi-Doria, 2020).
Pagliai, V., Siamo il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Partecipare per promuovere l’uguaglianza, in Ricerca e progettazione pedagogica per contrastare povertà educative e dispersione scolastica. A 100 anni dalla nascita di Alberto Manzi., (Napoli, Italia, 2024-06-13), Pensa MultiMedia, Lecce 2025:2025 689-693 [https://hdl.handle.net/10807/317840]
Siamo il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Partecipare per promuovere l’uguaglianza
Pagliai, Valentina
2025
Abstract
Lo storico Eric Hobsbawm (1994) ha definito il XX secolo "secolo breve", prendendo in analisi le svolte storiche del periodo compreso tra il 1914 ed il 1991.Tale periodo, pur non coincidendo con il Ventesimo Secolo, ne rappresenta la parte fondamentale perché ha portato a un riassetto delle relazioni tra Stati. Prima con la Società delle Nazioni, poi con le Nazioni Unite si è cercato di dare una risposta alle esigenze di collaborazione internazionale che, attraverso la prosperità economica, potessero garantire la pace, lo sviluppo economico e sociale in Europa e nel mondo. In particolare, dalla nascita delle Nazioni Unite si sono susseguiti Trattati e Convenzioni vòlti a tutelare gruppi vulnerabili, pur nel rispetto della sovranità degli stati. Il fil rouge che accompagna la normativa internazionale, soprattutto quella riferita ai diritti di gruppi di persone, è la consapevolezza che il rispetto reciproco e la crescita sociale ed economica comune possa mettere al riparo da guerre conflitti, anche all’interno delle stesse comunità. Nel 2015 l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite ha segnato un'ulteriore svolta: mettendo sullo stesso piano le persone e il pianeta ha chiarito, laddove ve ne fosse bisogno, che l'educazione (obiettivo 4) è il primo attivatore di diritti, senza il quale non si può garantire una vita dignitosa, l'eradicazione della fame e della povertà, la parità di genere e la pace a nessuno in nessun luogo. Nota a tal proposito L. Dozza come “la legislazione internazionale – Accordi, Risoluzioni, Trattati – a sua volta è incerta poiché nasce dal rapporto di forza tra soggetti di varia natura e con diverso orientamento” (2018, pp. 194-195). Al mondo della scuola viene chiesto di realizzare progetti di educazione alla pace, di cittadinanza attiva, di educazione ambientale e di educazione ai diritti umani: in che modo, allora, si rende necessario rivolgersi ai nostri studenti perché non vivano questi progetti come inutili, ma li stimolino invece ad essere la parte attiva del cambiamento, a costruire un futuro di pace, ascolto reciproco, a gestire i conflitti? E che ruolo gioca il contesto in cui i bambini e le bambine vivono nel promuovere valori e atteggiamenti vòlti ad affermare il rispetto e l’uguaglianza? Il concetto di “comunità educante” (Dewey, 1916; Freire, 1968; Malaguzzi, 1995) riflette una visione educativa collettiva, in cui la responsabilità dell'educazione non ricade solo su insegnanti e istituzioni scolastiche, ma coinvolge anche famiglie, studenti, e la comunità locale in un processo di apprendimento condiviso. In tale contesto la scuola è un luogo di incontro e scambio culturale, dove le differenze sociali, economiche e culturali devono essere accolte e valorizzate (Rossi-Doria, 2020).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



