Le carte d’archivio che costituiscono il Fondo Roberto Rebora (1910-1992), conservato presso l’Università Cattolica di Milano, raccontano la controstoria di un poeta, scrittore e critico teatrale, nipote del più celebre Clemente. In particolare, di tutte le 31 poesie della raccolta Non ancora (1989), in cui la poetica è ormai assestata, sono conservati nel Fondo abbozzi, riscritture e stesure definitive. La maggior parte degli autografi presenta varianti significative: correzioni, aggiunte, cancellature di alcuni versi, se non di intere strofe, evidenziano la tendenza ad asciugare il verso e ad avvicinare il linguaggio poetico al parlato. Proprio alcune costanti reboriane, come la sintassi nominale, l’uso di sinestesie e il riverbero di parole-chiave («silenzio», ad esempio), sopraggiungono nei passaggi intermedi dell’iter creativo, se non nella stesura definitiva, delineando una scrittura che mira a restituire l’essenziale. I titoli e i versi inediti riflettono, inoltre, quell’idea bifronte di fatica sottesa alla poesia stessa di Rebora e, dunque, una chiara filiazione ungarettiana.
Geremia, L., Non ancora (1989) di Roberto Rebora: eterotopie tra edito e inedito, in Contaminazioni, dissonanze ed eterotopie nella modernità letteraria, (Foggia (Italia), 2023-06-15), ETS, Pisa 2025:<<LA MODERNITÀ LETTERARIA>>, 333-342 [https://hdl.handle.net/10807/317377]
Non ancora (1989) di Roberto Rebora: eterotopie tra edito e inedito
Geremia, Lucia
2025
Abstract
Le carte d’archivio che costituiscono il Fondo Roberto Rebora (1910-1992), conservato presso l’Università Cattolica di Milano, raccontano la controstoria di un poeta, scrittore e critico teatrale, nipote del più celebre Clemente. In particolare, di tutte le 31 poesie della raccolta Non ancora (1989), in cui la poetica è ormai assestata, sono conservati nel Fondo abbozzi, riscritture e stesure definitive. La maggior parte degli autografi presenta varianti significative: correzioni, aggiunte, cancellature di alcuni versi, se non di intere strofe, evidenziano la tendenza ad asciugare il verso e ad avvicinare il linguaggio poetico al parlato. Proprio alcune costanti reboriane, come la sintassi nominale, l’uso di sinestesie e il riverbero di parole-chiave («silenzio», ad esempio), sopraggiungono nei passaggi intermedi dell’iter creativo, se non nella stesura definitiva, delineando una scrittura che mira a restituire l’essenziale. I titoli e i versi inediti riflettono, inoltre, quell’idea bifronte di fatica sottesa alla poesia stessa di Rebora e, dunque, una chiara filiazione ungarettiana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



