L’elezione di Ronald Reagan rappresentò un punto di svolta nella politica di sicurezza degli Stati Uniti. Il rilancio del riarmo convenzionale, parzialmente avviato dall’amministrazione Carter, pose una particolare enfasi sul rafforzamento delle capacità di deterrenza e proiezione della US Navy. La visione reaganiana, contrassegnata dallo storico obiettivo di costruire una flotta di seicento navi, mirava a riaffermare il dominio navale statunitense attraverso una nuova “Maritime Strategy”, approvata nel 1984. Questa strategia privilegiava una postura più assertiva e proattiva nei vari teatri regionali. Nell’Asia-Pacifico, il ruolo strategico degli alleati come il Giappone era ritenuto centrale per garantire la sicurezza regionale in funzione anti-sovietica e tutelare il principio della libertà di navigazione. Anche i paesi europei, su tutti Francia e Gran Bretagna, avrebbero potuto essere un asset strategico. Di rilievo fu poi la cooperazione con la Cina comunista, che portò agli accordi navali del 1984, i quali mostravano come Pechino fosse divenuta un partner strategico di Washington nonostante la questione di Taiwan. La cooperazione sino-statunitense, unita alla fine della minaccia dell’URSS, rappresentò un contributo indiretto allo sviluppo della strategia cinese di “Offshore Defense”, che sarebbe stata la base su cui la Cina avrebbe poi costruito la sua potenza navale tanto da divenire oggi, in termini quantitativi, la prima Marina militare al mondo.

Borsani, D., La US Navy e l'Asia-Pacifico nella Maritime Strategy dell'amministrazione Reagan, <<RIVISTA MARITTIMA>>, 2024; (Luglio-Agosto): 120-127 [https://hdl.handle.net/10807/302006]

La US Navy e l'Asia-Pacifico nella Maritime Strategy dell'amministrazione Reagan

Borsani, Davide
2024

Abstract

L’elezione di Ronald Reagan rappresentò un punto di svolta nella politica di sicurezza degli Stati Uniti. Il rilancio del riarmo convenzionale, parzialmente avviato dall’amministrazione Carter, pose una particolare enfasi sul rafforzamento delle capacità di deterrenza e proiezione della US Navy. La visione reaganiana, contrassegnata dallo storico obiettivo di costruire una flotta di seicento navi, mirava a riaffermare il dominio navale statunitense attraverso una nuova “Maritime Strategy”, approvata nel 1984. Questa strategia privilegiava una postura più assertiva e proattiva nei vari teatri regionali. Nell’Asia-Pacifico, il ruolo strategico degli alleati come il Giappone era ritenuto centrale per garantire la sicurezza regionale in funzione anti-sovietica e tutelare il principio della libertà di navigazione. Anche i paesi europei, su tutti Francia e Gran Bretagna, avrebbero potuto essere un asset strategico. Di rilievo fu poi la cooperazione con la Cina comunista, che portò agli accordi navali del 1984, i quali mostravano come Pechino fosse divenuta un partner strategico di Washington nonostante la questione di Taiwan. La cooperazione sino-statunitense, unita alla fine della minaccia dell’URSS, rappresentò un contributo indiretto allo sviluppo della strategia cinese di “Offshore Defense”, che sarebbe stata la base su cui la Cina avrebbe poi costruito la sua potenza navale tanto da divenire oggi, in termini quantitativi, la prima Marina militare al mondo.
2024
Italiano
Borsani, D., La US Navy e l'Asia-Pacifico nella Maritime Strategy dell'amministrazione Reagan, <<RIVISTA MARITTIMA>>, 2024; (Luglio-Agosto): 120-127 [https://hdl.handle.net/10807/302006]
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