Analisi statistica della mortalità nell'epidemia colerica del 1836-37

The essay analyses the statistical data on cholera mortality in the the Kingdom of the Two Sicilies, collected in Naples when the epidemic wave of 1836-37 was drawing to a close. On the basis of these figures, the government certainly had a clear perception of the incidence of the disease in the various districts, and could use them for appropriate health policy assessments. A choice that was made at the time, and which remained unchanged, was to secrete the statistical data collected. The motives behind this decision probably lay in the desire to conceal the very heavy death toll from public opinion at home and abroad, in an attempt to accredit the image of a wise, dynamic and effective government in containing the effects of the disease. There was perhaps also the fear that the internal disclosure of the real massacres that cholera had wrought, especially in certain provinces, could revive the never-quenched rumours of poisoning, with the related problems of public order, and the insidious political implications that cholera had provoked. For these reasons, the statistics collected remained buried in administrative offices and were never made public. Re-examined now, almost two centuries later, and interpreted also in the light of the distorting mechanisms that invalidated their compilation, The figures make it possible to ascertain the overall mortality in the Kingdom, the relationship between the mortality rates of the two epidemic waves and the mortality rates of the individual provinces. Among other things, they allow us to state that, although it was, chronologically, the last of the Italian states to experience the aggression of cholera, the Kingdom of the Two Sicilies was also the one that reported, at the end of the epidemic, the heaviest death toll, both in absolute values and in relation to the population.

Il saggio analizza i dati statistici sulla mortalità per colera nelle singole aree provinciali del Regno delle Due Sicilie, pervenuti a Napoli quando l’ondata epidemica del 1836-37 si avviava alla sua conclusione. Sulla base di queste cifre, il governo ebbe una percezione certamente chiara dell’incidenza del morbo nelle singole circoscrizioni, e poté servirsene per le opportune valutazioni di politica sanitaria. Una scelta che fu compiuta allora, e che restò irrevocata, fu quella di secretare i dati statistici raccolti. Probabilmente, i motivi che ispirarono questa decisione vanno ricondotti al desiderio di occultare di fronte all’opinione pubblica interna ed estera il bilancio molto pesante di vittime, nel tentativo di accreditare l’immagine di un governo saggio, dinamico ed efficace nel contenere gli effetti del morbo. Vi fu forse anche il timore che la divulgazione all’interno delle vere e proprie stragi che il colera aveva compiuto, specie in certe province, potesse rinfocolare le mai sopite voci di avvelenamento, con i connessi problemi di ordine pubblico, e gli insidiosi risvolti politici che il colera aveva provocato. Per tali ragioni i dati statistici raccolti restarono sepolti negli uffici amministrativi e non furono mai resi pubblici. Riesumate ora, a distanza di quasi due secoli e interpretate anche alla luce dei meccanismi distorsivi che ne inficiarono l’elaborazione, le cifre consentono di appurare la mortalità complessiva del Regno, il rapporto fra i tassi di mortalità delle due ondate epidemiche e i tassi di mortalità delle singole province. Esse consentono fra l’altro di affermare che, sebbene fosse stato, cronologicamente, l’ultimo fra gli stati italiani a sperimentare l’aggressione del colera, il Regno delle Due Sicilie fu anche quello che riportò, al termine dell’epidemia, il più pesante bilancio di vittime, tanto in valori assoluti che in rapporto alla popolazione.