Questo Rapporto analizza corporate governance e sostenibilità delle società italiane quotate. I temi analizzati sono: composizione e funzionamento del CdA, indipendenza degli amministratori (e sindaci), politiche di dialogo con gli investitori, comitati consiliari, politica in materia di remunerazioni, disclosure in materia di sostenibilità. Un’attenzione particolare è prestata all’applicazione della legge 5/3/2024 n. 21 (c.d. legge capitali) contenente disposizioni dirette alla “Semplificazione in materia di accesso e regolamentazione dei mercati di capitali”. Le principali conclusioni possono essere sintetizzate come segue: a) Per la prima volta dopo moltissimi anni il saldo tra IPO e delisting è positivo, il che ha portato un lievissimo aumento del numero di società quotate. La qualità della corporate governance varia molto: in linea generale (e non senza eccezioni) essa è migliore tra le società grandi, soprattutto se widely held o pubbliche, mentre è più formale nelle società piccole, specialmente se concentrate e/o a controllo familiare. b) Il Comitato per la Corporate Governance (CG) ha richiamato l’attenzione degli emittenti su vari punti: a) approvazione del piano industriale, anche alla luce dei temi di sostenibilità; b) informativa pre-consiliare; c) orientamenti sulla composizione quali-quantitativa del CdA; d) disclosure su finalità del voto maggiorato e suoi effetti su assetti proprietari e strategie future. Si riscontrano miglioramenti su vari aspetti: a) pubblicazione (e tempestività) degli orientamenti sulla composizione del CdA; b) trasparenza su partecipazione dei manager alle riunioni consiliari; c) motivazione della scelta di attribuire deleghe al presidente; d) disclosure dei criteri adottati per valutare l’indipendenza dei consiglieri; e) trasparenza sui piani di incentivazione pluriennale. D’altro canto, gli inviti del Comitato hanno avuto scarso successo in altri ambiti: a) disclosure sull’approvazione del piano industriale, non di rado limitata a un’informativa boilerplate; b) analisi dei temi di sostenibilità nell’elaborazione del piano; c) limiti alla circolazione delle informazioni per ragioni “di riservatezza”; d) diffusione di un executive summary sulla politica di remunerazione; e) disclosure degli obiettivi ESG posti al management. Luci e ombre mostra la disclosure sull’introduzione del voto maggiorato. c) La legge capitali ha portato novità in tre ambiti principali: a) ricorso esclusivo al “rappresentante designato” in assemblea; b) lista del CdA; c) potenziamento del voto plurimo e del voto maggiorato. Malgrado tempi estremamente ristretti, già 53 emittenti (più di ¼ del totale) hanno adottato le nuove previsioni in materia di rappresentante designato, quasi sempre nella versione soft che consente al CdA di optare di volta in volta per il suo utilizzo. Presso le società più soggette allo scrutinio degli investitori istituzionali, la proposta è stata presentata di rado (12% nel FTSE Mib, 17% tra le società finanziarie, 8% tra le grandi non concentrate). In alcune società la proposta di delibera è stata bocciata (3 casi) o è stata approvata con una maggioranza risicata (altri 3 casi). Fin-Gov ha analizzato altrove il tema della lista del CdA (Belcredi-Bozzi 2024). Nel 2024 solo due società hanno introdotto in statuto tale possibilità. È anzi prevedibile la sostanziale sparizione di tali liste, a meno che siano apportate modifiche dell’ultim’ora alla legge capitali. Solo 7 società hanno introdotto la maggiorazione e/o la super/maggiorazione dei diritti di voto degli azionisti stabili. La proposta è stata approvata sempre, anche se in 2 casi con una maggioranza risicata. In un caso i voti doppi già detenuti dall’azionista di controllo sono risultati decisivi per approvare la super-maggiorazione. La proposta riporta sempre (o quasi) la motivazione, gli effetti attesi sulla struttura proprietaria e il processo decisionale seguito. Non è però fornita quasi mai informazione sull’impatto che essa avrà sulle strategie future (né è mai fornita motivazione della mancata disclosure). d) Il Codice ha significativamente allentato i parametri di valutazione delle remunerazioni che possono compromettere l’indipendenza degli amministratori. Ciò è avvenuto attraverso l’adozione di un criterio di valutazione autoreferenziale (che confronta gli emolumenti del singolo consigliere con i suoi compensi-base). Tale scelta è poco giustificabile soprattutto con riguardo ai presidenti, giudicati indipendenti in un numero crescente di emittenti (41), anche se sovente destinatari di remunerazioni ingenti collegate al loro specifico ruolo. Tale scelta sta portando un progressivo scollamento tra emittenti, che fanno uso della flessibilità concessa dal Codice, e proxy advisors e investitori, che ne leggono le previsioni in maniera più standardizzata. Tale situazione non è priva di rischi per il mercato italiano. e) In materia di funzionamento del CdA, molto buona (soprattutto tra le società grandi) è la disclosure sui termini per l’invio dell’informativa pre-consiliare (e sul loro rispetto). Il 27% degli emittenti continua però a prevedere eccezioni alla circolazione delle informazioni per ragioni “di riservatezza”, in contrasto con l’invito del Comitato a non contemplare generiche esimenti di tal sorta. f) Il CdA uscente delle società non concentrate dovrebbe pubblicare sul sito web i propri orientamenti in materia di composizione quali-quantitativa ottimale dell’organo. La prassi in tale ambito non è ancora soddisfacente: il 40% delle società non concentrate che hanno rinnovato il CdA non ha pubblicato l’orientamento richiesto dal Codice, oppure lo ha pubblicato senza il congruo anticipo richiesto. g) La grande maggioranza (70%) degli emittenti ha adottato una politica per il dialogo con gli azionisti. Quasi metà delle politiche prevedono forme di engagement one-way da parte degli investitori (come raccomandato dagli I-SDX elaborati da Assogestioni). Il Comitato CG ha invitato le società a “valutare l’opportunità di fornire informazioni sui temi più rilevanti che sono stati oggetto del dialogo con gli azionisti e sulle eventuali iniziative adottate per tener conto delle indicazioni emerse”. La disclosure è buona sotto il primo profilo, del tutto sporadica sotto il secondo. h) La trasparenza sulla politica delle remunerazioni è in miglioramento. La struttura dei piani, tuttavia, non è sempre chiara, soprattutto tra le società minori. L’invito del Comitato a fornire un executive summary tabellare è stato raccolto solo dal 40% degli emittenti. Il pacchetto medio offerto ai CEO (a target) varia in relazione a settore, dimensione e azionariato. Tra le società piccole e le familiari è composto per circa 2/3 da compensi fissi, per il resto da emolumenti variabili (in prevalenza di breve periodo – MBO). Tra le società grandi non concentrate, al contrario, il compenso fisso è il 38% del totale mentre il variabile (62%) è scomponibile tra MBO e LTI in parti uguali. Il 70% delle società ha inserito obiettivi ESG nei piani di incentivazione; dove adottati, essi valgono in media il 20% del variabile a target. In tali casi il Comitato CG ha invitato le società a “fornire una chiara indicazione degli specifici obiettivi”. Essi sono comunicati di frequente, ma i pesi di ciascun obiettivo sono resi noti solo da poco più di metà degli emittenti. L’obiettivo più frequente è la riduzione di emissioni di gas-serra, sia per i piani MBO (34% dei casi) che per quelli LTI (48%), con un peso medio sul totale del pacchetto intorno al 12/13%. i) Il Codice raccomanda che la politica definisca “regole chiare e predeterminate per l’eventuale erogazione di indennità per la cessazione del rapporto di amministrazione”. Informazione in materia di severance pay è comunicata da circa 2/3 degli emittenti; essa è, peraltro, non uniforme e sovente non chiara. La buonuscita è sovente pari a 24 mesi di remunerazione fissa + MBO, ma variazioni sul tema sono frequenti e non sempre sono comunicate in modo esplicito. L’entità del pacchetto è influenzata da dimensione aziendale e struttura proprietaria (mediamente più alta nelle società widely held e familiari, più bassa nelle pubbliche). In circa il 40% dei casi il pacchetto prevede anche un patto di non concorrenza, remunerato a parte: la durata media di tali patti è 18 mesi; il corrispettivo è pari a 13 mesi di remunerazione. j) Le DNF sono documenti sovente poco leggibili perché da un lato sono dispersive, dall’altro contengono paragrafi molto tecnici e non di agevole lettura. Il problema è verosimilmente destinato ad aggravarsi con l’entrata in vigore della CSRD, che fissa regole anche riguardo a tematiche trattate in altri documenti (soprattutto le Relazioni CG), di cui rischia di ridurre la leggibilità. k) Le imprese non finanziarie tenute a pubblicare la DNF hanno l’obbligo di comunicare la quota di fatturato, investimenti e costi operativi in termini sia di ammissibilità delle attività svolte ai sensi del Regolamento Tassonomia, sia di allineamento alla qualifica di ecosostenibilità. La sostenibilità degli investimenti (capex) è più elevata (ammissibilità 32%, allineamento 14%) rispetto ai KPI relativi all’attività corrente (fatturato – 28% e 11% – e opex – 31% e 13%). Le imprese finanziarie sono tenute a pubblicare il rapporto tra investimenti ammissibili e totale dei c.d. covered assets. Tale rapporto è mediamente pari al 22%, un valore inferiore a quello dichiarato dalle società non finanziarie quotate, il che è probabilmente indice di un livello di ammissibilità molto basso tra i soggetti non quotati finanziati dalle banche. l) Quasi tutte le società riportano dati sulla ripartizione del personale tra uomini e donne. Le dipendenti sono circa il 37% del totale. La presenza femminile quasi si dimezza (20%) a livello dirigenziale. Il 62% delle società rende nota la differenza di remunerazione tra uomini e donne (gender pay gap). Il gap retributivo è in lieve diminuzione: le donne percepiscono in media l’88% della remunerazione dei colleghi maschi, a livello generale, e l’85% tra i dirigenti. m) Quasi tutte le società riportano informazioni su consumi energetici e ricorso a fonti rinnovabili, pari al 27% in media (in aumento dal 23% dell’anno scorso). L’intensità energetica dell’attività dipende dal settore in cui opera l’emittente: una società energetica (una utility) ha consumi per dipendente mediamente pari a 41 volte (11,6 volte) quelli degli altri settori non-finanziari e 306 volte (87 volte) quelli di una finanziaria. La trasparenza sulle emissioni di gas serra è in aumento e le emissioni stesse paiono in lieve diminuzione (almeno per i profili Scope 1 e Scope 2). n) Il rating ESG medio degli emittenti è lievemente migliorato; ciò testimonia, verosimilmente, gli sforzi delle società in materia di sostenibilità. Peraltro, in parallelo, la distribuzione dei rating mostra differenze meno marcate tra un emittente e l’altro. Se i rating ESG sono, come dichiarato dai providers, rating relativi, questo loro appiattimento ne riduce l’utilità per gli investitori.
Belcredi, M., Bozzi, S., Rapporto FIN-GOV sulla Corporate Governance in Italia, EDUCatt, Milano 2024:2024 100 [https://hdl.handle.net/10807/298616]
Rapporto FIN-GOV sulla Corporate Governance in Italia
Belcredi, Massimo;Bozzi, Stefano
2024
Abstract
Questo Rapporto analizza corporate governance e sostenibilità delle società italiane quotate. I temi analizzati sono: composizione e funzionamento del CdA, indipendenza degli amministratori (e sindaci), politiche di dialogo con gli investitori, comitati consiliari, politica in materia di remunerazioni, disclosure in materia di sostenibilità. Un’attenzione particolare è prestata all’applicazione della legge 5/3/2024 n. 21 (c.d. legge capitali) contenente disposizioni dirette alla “Semplificazione in materia di accesso e regolamentazione dei mercati di capitali”. Le principali conclusioni possono essere sintetizzate come segue: a) Per la prima volta dopo moltissimi anni il saldo tra IPO e delisting è positivo, il che ha portato un lievissimo aumento del numero di società quotate. La qualità della corporate governance varia molto: in linea generale (e non senza eccezioni) essa è migliore tra le società grandi, soprattutto se widely held o pubbliche, mentre è più formale nelle società piccole, specialmente se concentrate e/o a controllo familiare. b) Il Comitato per la Corporate Governance (CG) ha richiamato l’attenzione degli emittenti su vari punti: a) approvazione del piano industriale, anche alla luce dei temi di sostenibilità; b) informativa pre-consiliare; c) orientamenti sulla composizione quali-quantitativa del CdA; d) disclosure su finalità del voto maggiorato e suoi effetti su assetti proprietari e strategie future. Si riscontrano miglioramenti su vari aspetti: a) pubblicazione (e tempestività) degli orientamenti sulla composizione del CdA; b) trasparenza su partecipazione dei manager alle riunioni consiliari; c) motivazione della scelta di attribuire deleghe al presidente; d) disclosure dei criteri adottati per valutare l’indipendenza dei consiglieri; e) trasparenza sui piani di incentivazione pluriennale. D’altro canto, gli inviti del Comitato hanno avuto scarso successo in altri ambiti: a) disclosure sull’approvazione del piano industriale, non di rado limitata a un’informativa boilerplate; b) analisi dei temi di sostenibilità nell’elaborazione del piano; c) limiti alla circolazione delle informazioni per ragioni “di riservatezza”; d) diffusione di un executive summary sulla politica di remunerazione; e) disclosure degli obiettivi ESG posti al management. Luci e ombre mostra la disclosure sull’introduzione del voto maggiorato. c) La legge capitali ha portato novità in tre ambiti principali: a) ricorso esclusivo al “rappresentante designato” in assemblea; b) lista del CdA; c) potenziamento del voto plurimo e del voto maggiorato. Malgrado tempi estremamente ristretti, già 53 emittenti (più di ¼ del totale) hanno adottato le nuove previsioni in materia di rappresentante designato, quasi sempre nella versione soft che consente al CdA di optare di volta in volta per il suo utilizzo. Presso le società più soggette allo scrutinio degli investitori istituzionali, la proposta è stata presentata di rado (12% nel FTSE Mib, 17% tra le società finanziarie, 8% tra le grandi non concentrate). In alcune società la proposta di delibera è stata bocciata (3 casi) o è stata approvata con una maggioranza risicata (altri 3 casi). Fin-Gov ha analizzato altrove il tema della lista del CdA (Belcredi-Bozzi 2024). Nel 2024 solo due società hanno introdotto in statuto tale possibilità. È anzi prevedibile la sostanziale sparizione di tali liste, a meno che siano apportate modifiche dell’ultim’ora alla legge capitali. Solo 7 società hanno introdotto la maggiorazione e/o la super/maggiorazione dei diritti di voto degli azionisti stabili. La proposta è stata approvata sempre, anche se in 2 casi con una maggioranza risicata. In un caso i voti doppi già detenuti dall’azionista di controllo sono risultati decisivi per approvare la super-maggiorazione. La proposta riporta sempre (o quasi) la motivazione, gli effetti attesi sulla struttura proprietaria e il processo decisionale seguito. Non è però fornita quasi mai informazione sull’impatto che essa avrà sulle strategie future (né è mai fornita motivazione della mancata disclosure). d) Il Codice ha significativamente allentato i parametri di valutazione delle remunerazioni che possono compromettere l’indipendenza degli amministratori. Ciò è avvenuto attraverso l’adozione di un criterio di valutazione autoreferenziale (che confronta gli emolumenti del singolo consigliere con i suoi compensi-base). Tale scelta è poco giustificabile soprattutto con riguardo ai presidenti, giudicati indipendenti in un numero crescente di emittenti (41), anche se sovente destinatari di remunerazioni ingenti collegate al loro specifico ruolo. Tale scelta sta portando un progressivo scollamento tra emittenti, che fanno uso della flessibilità concessa dal Codice, e proxy advisors e investitori, che ne leggono le previsioni in maniera più standardizzata. Tale situazione non è priva di rischi per il mercato italiano. e) In materia di funzionamento del CdA, molto buona (soprattutto tra le società grandi) è la disclosure sui termini per l’invio dell’informativa pre-consiliare (e sul loro rispetto). Il 27% degli emittenti continua però a prevedere eccezioni alla circolazione delle informazioni per ragioni “di riservatezza”, in contrasto con l’invito del Comitato a non contemplare generiche esimenti di tal sorta. f) Il CdA uscente delle società non concentrate dovrebbe pubblicare sul sito web i propri orientamenti in materia di composizione quali-quantitativa ottimale dell’organo. La prassi in tale ambito non è ancora soddisfacente: il 40% delle società non concentrate che hanno rinnovato il CdA non ha pubblicato l’orientamento richiesto dal Codice, oppure lo ha pubblicato senza il congruo anticipo richiesto. g) La grande maggioranza (70%) degli emittenti ha adottato una politica per il dialogo con gli azionisti. Quasi metà delle politiche prevedono forme di engagement one-way da parte degli investitori (come raccomandato dagli I-SDX elaborati da Assogestioni). Il Comitato CG ha invitato le società a “valutare l’opportunità di fornire informazioni sui temi più rilevanti che sono stati oggetto del dialogo con gli azionisti e sulle eventuali iniziative adottate per tener conto delle indicazioni emerse”. La disclosure è buona sotto il primo profilo, del tutto sporadica sotto il secondo. h) La trasparenza sulla politica delle remunerazioni è in miglioramento. La struttura dei piani, tuttavia, non è sempre chiara, soprattutto tra le società minori. L’invito del Comitato a fornire un executive summary tabellare è stato raccolto solo dal 40% degli emittenti. Il pacchetto medio offerto ai CEO (a target) varia in relazione a settore, dimensione e azionariato. Tra le società piccole e le familiari è composto per circa 2/3 da compensi fissi, per il resto da emolumenti variabili (in prevalenza di breve periodo – MBO). Tra le società grandi non concentrate, al contrario, il compenso fisso è il 38% del totale mentre il variabile (62%) è scomponibile tra MBO e LTI in parti uguali. Il 70% delle società ha inserito obiettivi ESG nei piani di incentivazione; dove adottati, essi valgono in media il 20% del variabile a target. In tali casi il Comitato CG ha invitato le società a “fornire una chiara indicazione degli specifici obiettivi”. Essi sono comunicati di frequente, ma i pesi di ciascun obiettivo sono resi noti solo da poco più di metà degli emittenti. L’obiettivo più frequente è la riduzione di emissioni di gas-serra, sia per i piani MBO (34% dei casi) che per quelli LTI (48%), con un peso medio sul totale del pacchetto intorno al 12/13%. i) Il Codice raccomanda che la politica definisca “regole chiare e predeterminate per l’eventuale erogazione di indennità per la cessazione del rapporto di amministrazione”. Informazione in materia di severance pay è comunicata da circa 2/3 degli emittenti; essa è, peraltro, non uniforme e sovente non chiara. La buonuscita è sovente pari a 24 mesi di remunerazione fissa + MBO, ma variazioni sul tema sono frequenti e non sempre sono comunicate in modo esplicito. L’entità del pacchetto è influenzata da dimensione aziendale e struttura proprietaria (mediamente più alta nelle società widely held e familiari, più bassa nelle pubbliche). In circa il 40% dei casi il pacchetto prevede anche un patto di non concorrenza, remunerato a parte: la durata media di tali patti è 18 mesi; il corrispettivo è pari a 13 mesi di remunerazione. j) Le DNF sono documenti sovente poco leggibili perché da un lato sono dispersive, dall’altro contengono paragrafi molto tecnici e non di agevole lettura. Il problema è verosimilmente destinato ad aggravarsi con l’entrata in vigore della CSRD, che fissa regole anche riguardo a tematiche trattate in altri documenti (soprattutto le Relazioni CG), di cui rischia di ridurre la leggibilità. k) Le imprese non finanziarie tenute a pubblicare la DNF hanno l’obbligo di comunicare la quota di fatturato, investimenti e costi operativi in termini sia di ammissibilità delle attività svolte ai sensi del Regolamento Tassonomia, sia di allineamento alla qualifica di ecosostenibilità. La sostenibilità degli investimenti (capex) è più elevata (ammissibilità 32%, allineamento 14%) rispetto ai KPI relativi all’attività corrente (fatturato – 28% e 11% – e opex – 31% e 13%). Le imprese finanziarie sono tenute a pubblicare il rapporto tra investimenti ammissibili e totale dei c.d. covered assets. Tale rapporto è mediamente pari al 22%, un valore inferiore a quello dichiarato dalle società non finanziarie quotate, il che è probabilmente indice di un livello di ammissibilità molto basso tra i soggetti non quotati finanziati dalle banche. l) Quasi tutte le società riportano dati sulla ripartizione del personale tra uomini e donne. Le dipendenti sono circa il 37% del totale. La presenza femminile quasi si dimezza (20%) a livello dirigenziale. Il 62% delle società rende nota la differenza di remunerazione tra uomini e donne (gender pay gap). Il gap retributivo è in lieve diminuzione: le donne percepiscono in media l’88% della remunerazione dei colleghi maschi, a livello generale, e l’85% tra i dirigenti. m) Quasi tutte le società riportano informazioni su consumi energetici e ricorso a fonti rinnovabili, pari al 27% in media (in aumento dal 23% dell’anno scorso). L’intensità energetica dell’attività dipende dal settore in cui opera l’emittente: una società energetica (una utility) ha consumi per dipendente mediamente pari a 41 volte (11,6 volte) quelli degli altri settori non-finanziari e 306 volte (87 volte) quelli di una finanziaria. La trasparenza sulle emissioni di gas serra è in aumento e le emissioni stesse paiono in lieve diminuzione (almeno per i profili Scope 1 e Scope 2). n) Il rating ESG medio degli emittenti è lievemente migliorato; ciò testimonia, verosimilmente, gli sforzi delle società in materia di sostenibilità. Peraltro, in parallelo, la distribuzione dei rating mostra differenze meno marcate tra un emittente e l’altro. Se i rating ESG sono, come dichiarato dai providers, rating relativi, questo loro appiattimento ne riduce l’utilità per gli investitori.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.