La minaccia all’interesse finanziario dell’Unione europea è contrastata dalla reazione sanzionatoria dei singoli Stati membri. In forza dell’art. 325 TFUE, è fatto obbligo ai singoli legislatori nazionali di assimilare gli interessi europei a quelli domestici e, in forza di leggi interne, proteggere mediatamente anche detti interessi comunitari come se fossero propri. Con particolare riguardo alla tutela dell’entrata daziaria, risorsa propria dell’Unione, a fronte di un’unica legge doganale, vigente in tutti i Paesi membri dell’Unione europea (Reg. UE 952/2013), esistono ben ventisette differenti sistemi sanzionatori, tanti quanti sono gli Stati UE, i quali puniscono chiunque dovesse minacciare il pronto e sollecito versamento del tributo. Contrariamente a tali principi, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza dell’8 giugno 2023, causa C-640/21, ha affermato un indirizzo interpretativo univoco in materia sanzionatoria, tentando erroneamente di vincolare tutti i Paesi membri nel punire, in ogni caso, l’omessa dichiarazione di merce non conosciuta per tempo dall’importatore. Ma, come noto, gli Stati UE sono vincolati a punire solo violazioni previste da leggi nazionali, in forza del principio della riserva di legge assoluta in materia punitiva, vigente in tutte le Carte costituzionali degli Stati membri. Sicché, se il singolo ordinamento nazionale – come l’Italia – non prevedesse come punibile la predetta fattispecie di erronea dichiarazione di merce importata, il dispositivo della sentenza della Corte UE, nella parte in cui dispone per le sanzioni doganali, enuncia un indirizzo interpretativo non vincolante.

Tropea, A., La sanzione nel diritto doganale che cambia, <<RIVISTA DI DIRITTO TRIBUTARIO>>, N/A; (6): 203-222 [https://hdl.handle.net/10807/261614]

La sanzione nel diritto doganale che cambia

Tropea, Alessandro
Primo
2023

Abstract

La minaccia all’interesse finanziario dell’Unione europea è contrastata dalla reazione sanzionatoria dei singoli Stati membri. In forza dell’art. 325 TFUE, è fatto obbligo ai singoli legislatori nazionali di assimilare gli interessi europei a quelli domestici e, in forza di leggi interne, proteggere mediatamente anche detti interessi comunitari come se fossero propri. Con particolare riguardo alla tutela dell’entrata daziaria, risorsa propria dell’Unione, a fronte di un’unica legge doganale, vigente in tutti i Paesi membri dell’Unione europea (Reg. UE 952/2013), esistono ben ventisette differenti sistemi sanzionatori, tanti quanti sono gli Stati UE, i quali puniscono chiunque dovesse minacciare il pronto e sollecito versamento del tributo. Contrariamente a tali principi, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza dell’8 giugno 2023, causa C-640/21, ha affermato un indirizzo interpretativo univoco in materia sanzionatoria, tentando erroneamente di vincolare tutti i Paesi membri nel punire, in ogni caso, l’omessa dichiarazione di merce non conosciuta per tempo dall’importatore. Ma, come noto, gli Stati UE sono vincolati a punire solo violazioni previste da leggi nazionali, in forza del principio della riserva di legge assoluta in materia punitiva, vigente in tutte le Carte costituzionali degli Stati membri. Sicché, se il singolo ordinamento nazionale – come l’Italia – non prevedesse come punibile la predetta fattispecie di erronea dichiarazione di merce importata, il dispositivo della sentenza della Corte UE, nella parte in cui dispone per le sanzioni doganali, enuncia un indirizzo interpretativo non vincolante.
2023
Italiano
Tropea, A., La sanzione nel diritto doganale che cambia, <<RIVISTA DI DIRITTO TRIBUTARIO>>, N/A; (6): 203-222 [https://hdl.handle.net/10807/261614]
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