La psicologia dell’emergenza si occupa di tutti i processi psichici che preparano, accompagnano e riparano i danni causati da eventi improvvisi e lesivi. Per questo si occupa delle persone colpite da incidenti (di trasporto, domestici, sul lavoro) oltre che delle organizzazioni e delle comunità ferite da disastri, catastrofi e crisi (Sbattella 2020). Per quanto riguarda la prevenzione degli incidenti, in particolare, la psicologia dell’emergenza si interessa della percezione dei rischi e dei comportamenti che aumentano la sicurezza e la protezione dei singoli e delle collettività. E non lo fa studiando solo la psicologia individuale. Lo studio dell’incidentalità sui luoghi di lavoro, ad esempio, obbliga ad allargare l’orizzonte delle osservazioni alle dinamiche dei sistemi sociotecnici, alle logiche organizzative e alle culture connesse agli incidenti stessi. In queste pagine cercheremo di riflettere su un aspetto puntuale della cultura che promuove la sicurezza nei luoghi di lavoro oggi in Italia. Concentreremo la nostra attenzione sui Dispositivi di protezione individuale, strumenti a cui è data ampia attenzione in questo settore. Rifletteremo su questi strumenti e sulla loro diffusione considerandoli degli artefatti, cioè degli oggetti in grado di influenzare pensieri ed azioni, poiché portatori impliciti della cultura che li ha prodotti (Vygotzskij, 1934). Cercheremo in queste righe di evidenziare come la decisione di chiamare questi strumenti dispositivi non sia neutrale e porti con sé, implicitamente, alcune visioni del mondo che poi dirigono atteggiamenti e comportamenti personali e collettivi. Vedremo come l’introduzione dell’acronimo DPI (Dispositivo di Protezione individuale), usato per descrivere strumenti di lavoro usati da secoli e conosciuti con altri nomi, sia motivato dalla connessione esistente tra questi oggetti e alcune istituzioni, leggi e poteri che li hanno concepiti e prescritti, come teorizzato da M. Foucault (1976) e da G. Agamben (2006). Useremo questo esempio circoscritto per esaminare come sia possibile, attraverso strumenti di uso quotidiano e termini tecnici, diffondere alcune logiche di controllo interpersonale, che impattano sia sulle dimensioni organizzative del lavoro che sui vissuti dei singoli.
Sbattella, F., Dispositivi di protezione individuale, <<RIFRAZIONI RIVISTA SCIENTIFICA DI STUDI TRANSDISCIPLINARI>>, 2024; (2): 81-89 [https://hdl.handle.net/10807/261136]
Dispositivi di protezione individuale
Sbattella, Fabio
2024
Abstract
La psicologia dell’emergenza si occupa di tutti i processi psichici che preparano, accompagnano e riparano i danni causati da eventi improvvisi e lesivi. Per questo si occupa delle persone colpite da incidenti (di trasporto, domestici, sul lavoro) oltre che delle organizzazioni e delle comunità ferite da disastri, catastrofi e crisi (Sbattella 2020). Per quanto riguarda la prevenzione degli incidenti, in particolare, la psicologia dell’emergenza si interessa della percezione dei rischi e dei comportamenti che aumentano la sicurezza e la protezione dei singoli e delle collettività. E non lo fa studiando solo la psicologia individuale. Lo studio dell’incidentalità sui luoghi di lavoro, ad esempio, obbliga ad allargare l’orizzonte delle osservazioni alle dinamiche dei sistemi sociotecnici, alle logiche organizzative e alle culture connesse agli incidenti stessi. In queste pagine cercheremo di riflettere su un aspetto puntuale della cultura che promuove la sicurezza nei luoghi di lavoro oggi in Italia. Concentreremo la nostra attenzione sui Dispositivi di protezione individuale, strumenti a cui è data ampia attenzione in questo settore. Rifletteremo su questi strumenti e sulla loro diffusione considerandoli degli artefatti, cioè degli oggetti in grado di influenzare pensieri ed azioni, poiché portatori impliciti della cultura che li ha prodotti (Vygotzskij, 1934). Cercheremo in queste righe di evidenziare come la decisione di chiamare questi strumenti dispositivi non sia neutrale e porti con sé, implicitamente, alcune visioni del mondo che poi dirigono atteggiamenti e comportamenti personali e collettivi. Vedremo come l’introduzione dell’acronimo DPI (Dispositivo di Protezione individuale), usato per descrivere strumenti di lavoro usati da secoli e conosciuti con altri nomi, sia motivato dalla connessione esistente tra questi oggetti e alcune istituzioni, leggi e poteri che li hanno concepiti e prescritti, come teorizzato da M. Foucault (1976) e da G. Agamben (2006). Useremo questo esempio circoscritto per esaminare come sia possibile, attraverso strumenti di uso quotidiano e termini tecnici, diffondere alcune logiche di controllo interpersonale, che impattano sia sulle dimensioni organizzative del lavoro che sui vissuti dei singoli.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.