Malerba è una reietta, protagonista d’una delle novelle più disperate di Verga. E Malerba è lo pseudonimo che sceglie per sé il ventenne Luigi Bonardi quando dirige la rivista cinematografica «Sequenze» (1949-51), fondata a un anno dall’uscita del viscontiano La terra trema. Non cambierà più nome. Luigi Malerba firmerà sceneggiature (tra cui La Lupa di Lattuada nel 1953), film, racconti, romanzi: una produzione disparata, in parte riconducile allo sperimentalismo del Gruppo 63, ma influenzata dalla poetica verghiana cui molto deve il cinema neorealista. Nella sua narrativa, in particolare, diventa evidente il proposito di mostrare le metamorfosi cui vanno incontro i «vinti» e le sembianze ch’essi assumono in una contemporaneità talora senza tempo, perché ai margini della storia come nella Scoperta dell’alfabeto (1963), oppure in un passato che è specchio di un’attualità feroce, per esempio nel Pataffio (1978). L’intervento si concentra sulla raccolta Dopo il pescecane (1979), che nella prima edizione presenta una quarta di copertina ricalcata sulla prefazione ai Malavoglia: «Questa serie di racconti mimetici […] ci mettono sotto gli occhi un quadro della catastrofe sociale nella quale siamo chiamati a vivere, o a sopravvivere. Il consigliere delegato, il primario ospedaliero, l’aspirante mafioso, lo scippatore, l’ufologo, il marito femminista, il gorilla, l’inventore della dieta semiotica, il soggettista cinematografico, sono altrettanti tasselli di una tipologia sociale ad ampio raggio che aspira a edificare un sistema a rovescio, condizionato dai vizi e dai traumi». Malerba compie un passo avanti rispetto al punto in cui Verga si era fermato: sono diverse le classi sociali osservate e, di conseguenza, le tecniche narrative; ciò che resta immutato è la volontà di descrivere un campionario umano di avidità ed egoismi, che consumano gli individui nell’illusione del progresso fino a trasformarli tutti in «vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati».
Cavalli, S., Luigi Malerba tra funzione Verga e modello Visconti, in La Monaca, D., Perrone, D. (ed.), La funzione Verga nel Novecento e oltre, Euno Edizioni, Leonforte (Enna) 2023: <<BIBLIOTECA DELLA FONDAZIONE VERGA - SERIE CONVEGNI>>, 153- 160 [https://hdl.handle.net/10807/261040]
Luigi Malerba tra funzione Verga e modello Visconti
Cavalli, Silvia
2023
Abstract
Malerba è una reietta, protagonista d’una delle novelle più disperate di Verga. E Malerba è lo pseudonimo che sceglie per sé il ventenne Luigi Bonardi quando dirige la rivista cinematografica «Sequenze» (1949-51), fondata a un anno dall’uscita del viscontiano La terra trema. Non cambierà più nome. Luigi Malerba firmerà sceneggiature (tra cui La Lupa di Lattuada nel 1953), film, racconti, romanzi: una produzione disparata, in parte riconducile allo sperimentalismo del Gruppo 63, ma influenzata dalla poetica verghiana cui molto deve il cinema neorealista. Nella sua narrativa, in particolare, diventa evidente il proposito di mostrare le metamorfosi cui vanno incontro i «vinti» e le sembianze ch’essi assumono in una contemporaneità talora senza tempo, perché ai margini della storia come nella Scoperta dell’alfabeto (1963), oppure in un passato che è specchio di un’attualità feroce, per esempio nel Pataffio (1978). L’intervento si concentra sulla raccolta Dopo il pescecane (1979), che nella prima edizione presenta una quarta di copertina ricalcata sulla prefazione ai Malavoglia: «Questa serie di racconti mimetici […] ci mettono sotto gli occhi un quadro della catastrofe sociale nella quale siamo chiamati a vivere, o a sopravvivere. Il consigliere delegato, il primario ospedaliero, l’aspirante mafioso, lo scippatore, l’ufologo, il marito femminista, il gorilla, l’inventore della dieta semiotica, il soggettista cinematografico, sono altrettanti tasselli di una tipologia sociale ad ampio raggio che aspira a edificare un sistema a rovescio, condizionato dai vizi e dai traumi». Malerba compie un passo avanti rispetto al punto in cui Verga si era fermato: sono diverse le classi sociali osservate e, di conseguenza, le tecniche narrative; ciò che resta immutato è la volontà di descrivere un campionario umano di avidità ed egoismi, che consumano gli individui nell’illusione del progresso fino a trasformarli tutti in «vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.