George Bernard Shaw (1856-1950) rappresentò una personalissima elaborazione dell’intreccio tra origine anglo-irlandese, adozione londinese e universo wagneriano in grado di determinare un vero e proprio “vortex of culture”. La prima si tradusse nella costante circospezione shaviana nei confronti del “myopic, prejudiced, cultural nationalism establishing a firm foothold on Ireland” e nel progetto di “an internationalist or transnationalist vision for Ireland which was often interpreted as unpatriotic”. La seconda non comportò il rifiuto della prima, per la quale GBS non riuscì mai a “take an objective view”: al contrario, come egli scrisse nel 1921, “for London as London, or England as England, I cared nothing [, but] as the English language was my weapon, there was nothing for it but London”. [...] Fu, tuttavia, soprattutto l’universo wagneriano, in cui GBS operò “Wagnerianly” con inarrestabile energia e insolita competenza cultural-musicologica, a fornirgli “an international culture” con una spiccata propensione melopoetica (cioè intersemiotica tra letteratura e musica) per superare l’iniziale condizione di paralizzante empasse tra la marginalizzazione provinciale nella “lower middle class” dublinese e l’aspirazione a un ruolo di rilievo nel centro pulsante della cultura britannica.
Reggiani, E., “A vortex of culture”: Shaw, Wagner e Widowers’ Houses, <<RSV. RIVISTA DI STUDI VITTORIANI>>, 2023; 28 (55): 29-47 [https://hdl.handle.net/10807/260076]
“A vortex of culture”: Shaw, Wagner e Widowers’ Houses
Reggiani, EnricoPrimo
2023
Abstract
George Bernard Shaw (1856-1950) rappresentò una personalissima elaborazione dell’intreccio tra origine anglo-irlandese, adozione londinese e universo wagneriano in grado di determinare un vero e proprio “vortex of culture”. La prima si tradusse nella costante circospezione shaviana nei confronti del “myopic, prejudiced, cultural nationalism establishing a firm foothold on Ireland” e nel progetto di “an internationalist or transnationalist vision for Ireland which was often interpreted as unpatriotic”. La seconda non comportò il rifiuto della prima, per la quale GBS non riuscì mai a “take an objective view”: al contrario, come egli scrisse nel 1921, “for London as London, or England as England, I cared nothing [, but] as the English language was my weapon, there was nothing for it but London”. [...] Fu, tuttavia, soprattutto l’universo wagneriano, in cui GBS operò “Wagnerianly” con inarrestabile energia e insolita competenza cultural-musicologica, a fornirgli “an international culture” con una spiccata propensione melopoetica (cioè intersemiotica tra letteratura e musica) per superare l’iniziale condizione di paralizzante empasse tra la marginalizzazione provinciale nella “lower middle class” dublinese e l’aspirazione a un ruolo di rilievo nel centro pulsante della cultura britannica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.