Una questione non ha mai smesso di occupare Lacan, quella della verità, fino a diventare dir-mensione. La lettera vi è implicata, e come? L’enunciazione, il dire e il posto che vi ha il soggetto, sono la posta originale, dir-mensione mai dismessa, del suo insegnamento, tanto che in alcuni passaggi del Discorso di Roma si potrebbero già reperire i nodi che Lacan avrà dovuto nel seguito affrontare, rinnovando con ciò l’intera problematica moderna del soggetto, altrimenti abbandonato alle risacche ermeneutiche del nichilismo. La cattura di un reale, radicalmente fuori parola, è il godimento del soggetto. E tuttavia questo potrebbe non aver nulla a che fare con una verità: come mi-dire, essa dipende da ciò che bene o male si enuncia, che si enuncia come può. Il reale ha dunque una faccia nel linguaggio, la faccia dell’Altro che gode. Ecco ciò che la lettera come apparato può arrivare a de-signare, tracciare, forse intaccare. Se la scrittura è godimento, non c’è tuttavia scrittura di godimento. Dunque a ragione Lacan parla di una “ascesi della scrittura” corrispondente al passaggio in scrittura, impossibile, del rapporto sessuale. Dall’esilio di questo rapporto che non c’è occorre fare altra scelta che l’amore, che poi non cessa di scriversi, come Lacan osserva. Dell’esilio del rapporto sessuale che non c’è occorre, accezione migratoria della passe, fare terra. Là dove un vuoto puro, nihil della filosofia, s’è visto come ottura, fare litura è lasciare che il luogo della cancellatura si distingua: lavoro e stile di ciascuno è “liturare” e non otturare, quel bordo del buco da cui come sapere non si può arretrare.
Maiocchi, M. T., Ex-sistenza, destino della lettera, <<LA PSICOANALISI>>, 1996; (20): 55-79 [http://hdl.handle.net/10807/23461]
Ex-sistenza, destino della lettera
Maiocchi, Maria Teresa
1996
Abstract
Una questione non ha mai smesso di occupare Lacan, quella della verità, fino a diventare dir-mensione. La lettera vi è implicata, e come? L’enunciazione, il dire e il posto che vi ha il soggetto, sono la posta originale, dir-mensione mai dismessa, del suo insegnamento, tanto che in alcuni passaggi del Discorso di Roma si potrebbero già reperire i nodi che Lacan avrà dovuto nel seguito affrontare, rinnovando con ciò l’intera problematica moderna del soggetto, altrimenti abbandonato alle risacche ermeneutiche del nichilismo. La cattura di un reale, radicalmente fuori parola, è il godimento del soggetto. E tuttavia questo potrebbe non aver nulla a che fare con una verità: come mi-dire, essa dipende da ciò che bene o male si enuncia, che si enuncia come può. Il reale ha dunque una faccia nel linguaggio, la faccia dell’Altro che gode. Ecco ciò che la lettera come apparato può arrivare a de-signare, tracciare, forse intaccare. Se la scrittura è godimento, non c’è tuttavia scrittura di godimento. Dunque a ragione Lacan parla di una “ascesi della scrittura” corrispondente al passaggio in scrittura, impossibile, del rapporto sessuale. Dall’esilio di questo rapporto che non c’è occorre fare altra scelta che l’amore, che poi non cessa di scriversi, come Lacan osserva. Dell’esilio del rapporto sessuale che non c’è occorre, accezione migratoria della passe, fare terra. Là dove un vuoto puro, nihil della filosofia, s’è visto come ottura, fare litura è lasciare che il luogo della cancellatura si distingua: lavoro e stile di ciascuno è “liturare” e non otturare, quel bordo del buco da cui come sapere non si può arretrare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.