L’orribile attentato contro la redazione di Charlie Hebdo a Parigi è la strage più grave commessa sul suolo francese da decenni. È, allo stesso tempo, la più perigliosa sfida alla République dopo il processo di decolonizzazione e il terrorismo rosso degli anni di piombo. Commentatori e protagonisti della scena politica d’Oltralpe già rimarcano come vi sarà, d’ora in poi, un ‘prima’ e un ‘dopo’ la strage che ha segnato moralmente la politica e la società francesi contemporanee. Da 48 ore le elite politico-mediatiche si stanno muovendo sul difficile crinale tra la condanna di un atto barbaro e insensato e gli appelli alla calma e a non fare di tutta l’erba un fascio con la più grande comunità islamica d’Occidente. Un crinale già percorso, con un tragico epilogo purtroppo, dai redattori e vignettisti del settimanale. A più riprese oggetto di minacce ed attentati dopo la pubblicazione, nel 2006, dei disegni satirici sul profeta Maometto, questi umoristi assurti a paladini della libertà d’espressione, e denunciati dalla massima istanza islamica francese - il Consiglio del Culto Musulmano - in una causa poi vinta dal settimanale, si sono sempre affrettati a non condannare il mondo islamico per non cadere nella trappola xenofoba dell’estrema destra. Proprio questa è la sfida che oggi si pone ai responsabili politici francesi: dimostrare che gli anticorpi democratici della libertà di parola e di stampa sapranno vincere chi propone l’eterna legge del più forte, sia esso il fanatismo fondamentalista o l’ideologia nazionalista. Purtroppo questa sfida travolge un Paese in piena ricerca di un percorso per il futuro. Da un lato, la questione della laicità e della non sempre facile convivenza tra culture e religioni diverse da tempo non è più confinata a circoli accademici, ma incarnata nel vissuto quotidiano di milioni di cittadini, nelle aree metropolitane e urbane in particolare. Di fronte al fanatismo, probabilmente non è sufficiente la risposta di una laicità ideologica, di sterile difesa di una Repubblica erroneamente ritenuta come fondata ‘contro la religione’, nelle stesse parole di alcune delle vittime di mercoledì, mentre la libertà di confessione è chiaramente iscritta nella Costituzione. Dall’altro lato, la crisi economica sta colpendo il tessuto sociale francese con estrema durezza, in particolare le giovani generazioni e le fasce più marginali della popolazione, dove il sentimento di insicurezza non fa che aumentare. E tutto questo in un panorama politico estremamente diviso, a cominciare dalle due forze principali: il Partito Socialista da mesi fronteggia una fronda interna opposta alla svolta ‘liberista’ di Hollande e del Governo Valls; l’UMP (destra) è in preda agli scandali finanziari e alle guerre tra potenziali candidati alle presidenziali del 2017. Fanno dunque ben sperare gli appelli all’unità nazionale rivolti, dopo la strage, da entrambi gli schieramenti, a cominciare dall’Eliseo. Una risposta obbligata e forse scontata, certo, ed evidentemente tesa ad imbarazzare ed isolare il comune pericolo elettorale di un Fronte Nazionale in forte ascesa. Se, però, questi intenti riusciranno a sopravvivere alle inevitabili polemiche su come la strage sia stata possibile, e si tradurranno non solo in una retorica pubblica contro l’estremismo, ma in risposte politiche chiare e condivise, indirizzate anche a reinterpretare modernamente il fondamentale principio di laicità, forse gli anticorpi alla barbarie cominceranno a prendere il sopravvento.
Mazzoleni, M., LA FRANCIA E GLI ANTICORPI CONTRO LA BARBARIE, <<AVVENIRE>>, 2015-01-09 [https://hdl.handle.net/10807/227610]
LA FRANCIA E GLI ANTICORPI CONTRO LA BARBARIE
Mazzoleni, Martino
2015
Abstract
L’orribile attentato contro la redazione di Charlie Hebdo a Parigi è la strage più grave commessa sul suolo francese da decenni. È, allo stesso tempo, la più perigliosa sfida alla République dopo il processo di decolonizzazione e il terrorismo rosso degli anni di piombo. Commentatori e protagonisti della scena politica d’Oltralpe già rimarcano come vi sarà, d’ora in poi, un ‘prima’ e un ‘dopo’ la strage che ha segnato moralmente la politica e la società francesi contemporanee. Da 48 ore le elite politico-mediatiche si stanno muovendo sul difficile crinale tra la condanna di un atto barbaro e insensato e gli appelli alla calma e a non fare di tutta l’erba un fascio con la più grande comunità islamica d’Occidente. Un crinale già percorso, con un tragico epilogo purtroppo, dai redattori e vignettisti del settimanale. A più riprese oggetto di minacce ed attentati dopo la pubblicazione, nel 2006, dei disegni satirici sul profeta Maometto, questi umoristi assurti a paladini della libertà d’espressione, e denunciati dalla massima istanza islamica francese - il Consiglio del Culto Musulmano - in una causa poi vinta dal settimanale, si sono sempre affrettati a non condannare il mondo islamico per non cadere nella trappola xenofoba dell’estrema destra. Proprio questa è la sfida che oggi si pone ai responsabili politici francesi: dimostrare che gli anticorpi democratici della libertà di parola e di stampa sapranno vincere chi propone l’eterna legge del più forte, sia esso il fanatismo fondamentalista o l’ideologia nazionalista. Purtroppo questa sfida travolge un Paese in piena ricerca di un percorso per il futuro. Da un lato, la questione della laicità e della non sempre facile convivenza tra culture e religioni diverse da tempo non è più confinata a circoli accademici, ma incarnata nel vissuto quotidiano di milioni di cittadini, nelle aree metropolitane e urbane in particolare. Di fronte al fanatismo, probabilmente non è sufficiente la risposta di una laicità ideologica, di sterile difesa di una Repubblica erroneamente ritenuta come fondata ‘contro la religione’, nelle stesse parole di alcune delle vittime di mercoledì, mentre la libertà di confessione è chiaramente iscritta nella Costituzione. Dall’altro lato, la crisi economica sta colpendo il tessuto sociale francese con estrema durezza, in particolare le giovani generazioni e le fasce più marginali della popolazione, dove il sentimento di insicurezza non fa che aumentare. E tutto questo in un panorama politico estremamente diviso, a cominciare dalle due forze principali: il Partito Socialista da mesi fronteggia una fronda interna opposta alla svolta ‘liberista’ di Hollande e del Governo Valls; l’UMP (destra) è in preda agli scandali finanziari e alle guerre tra potenziali candidati alle presidenziali del 2017. Fanno dunque ben sperare gli appelli all’unità nazionale rivolti, dopo la strage, da entrambi gli schieramenti, a cominciare dall’Eliseo. Una risposta obbligata e forse scontata, certo, ed evidentemente tesa ad imbarazzare ed isolare il comune pericolo elettorale di un Fronte Nazionale in forte ascesa. Se, però, questi intenti riusciranno a sopravvivere alle inevitabili polemiche su come la strage sia stata possibile, e si tradurranno non solo in una retorica pubblica contro l’estremismo, ma in risposte politiche chiare e condivise, indirizzate anche a reinterpretare modernamente il fondamentale principio di laicità, forse gli anticorpi alla barbarie cominceranno a prendere il sopravvento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.