NEL DISCORSO di investitura, il neosegretario Bersani ha fissato due obiettivi. Primo: trovare un equilibrio sulla natura del Pd. Il modello di partito di militanti non può convivere con quello americano dei comitati e delle primarie, che riduce gli attivisti a comparse. Dentro il partito si riscriveranno le regole e sarà influente il segretario, chiaramente scettico sulla strada percorsa sinora: si è sollecitato il voto degli elettori ad ogni occasione ma, nei dibattiti interni, raramente ci si è contati, preferendo qualche compromesso o, peggio, il non decidere. Secondo: costruire un’alternativa vincente. Per questo al Pd servono alleati al centro. L’emorragia rutelliana sembra limitata a pochi seguaci. Ma gli ex-popolari, in affanno per le continue fuoriuscite, stanno a vedere quale direzione prenderà il segretario. La Lombardia è un terreno “caldo” da questo punto di vista. Vi è poi una sfida non meno importante, quella territoriale. Il Pd si vuole federale ma per ora questa rimane una bella aspirazione, giocata anche strumentalmente da segretari locali in buona parte incoronati da Roma. Ma al Nord l’avversario è un movimento territoriale che ha messo a frutto una politica fondata su temi storicamente appannaggio del centro-sinistra: le autonomie, l’imprenditorialità diffusa, il lavoro. Lo spostamento sulla Lega dei gruppi sociali che questi temi più hanno a cuore (artigiani e operai) toglie al Pd il suo bacino “naturale” di elettori e la competizione rischia di relegare il PD in terza fila dietro Pdl e Lega.
Mazzoleni, M., Per proporre un’alternativa vincente servono equilibrio e presenza territoriale, <<IL GIORNO>>, 2009-11-15 [https://hdl.handle.net/10807/227609]
Per proporre un’alternativa vincente servono equilibrio e presenza territoriale
Mazzoleni, Martino
2009
Abstract
NEL DISCORSO di investitura, il neosegretario Bersani ha fissato due obiettivi. Primo: trovare un equilibrio sulla natura del Pd. Il modello di partito di militanti non può convivere con quello americano dei comitati e delle primarie, che riduce gli attivisti a comparse. Dentro il partito si riscriveranno le regole e sarà influente il segretario, chiaramente scettico sulla strada percorsa sinora: si è sollecitato il voto degli elettori ad ogni occasione ma, nei dibattiti interni, raramente ci si è contati, preferendo qualche compromesso o, peggio, il non decidere. Secondo: costruire un’alternativa vincente. Per questo al Pd servono alleati al centro. L’emorragia rutelliana sembra limitata a pochi seguaci. Ma gli ex-popolari, in affanno per le continue fuoriuscite, stanno a vedere quale direzione prenderà il segretario. La Lombardia è un terreno “caldo” da questo punto di vista. Vi è poi una sfida non meno importante, quella territoriale. Il Pd si vuole federale ma per ora questa rimane una bella aspirazione, giocata anche strumentalmente da segretari locali in buona parte incoronati da Roma. Ma al Nord l’avversario è un movimento territoriale che ha messo a frutto una politica fondata su temi storicamente appannaggio del centro-sinistra: le autonomie, l’imprenditorialità diffusa, il lavoro. Lo spostamento sulla Lega dei gruppi sociali che questi temi più hanno a cuore (artigiani e operai) toglie al Pd il suo bacino “naturale” di elettori e la competizione rischia di relegare il PD in terza fila dietro Pdl e Lega.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.