La teoria anselmiana del linguaggio ha un debito nei confronti del concetto benedettino di silenzio (taciturnitas) , cui è dedicato il sesto capitolo della Regula : De taciturnitate tradotto con «amore al silenzio» . La taciturnitas (che non corrisponde al nostro italiano "taciturnità") esprime un equilibrio fra tacere e parlare. Negli scritti di Anselmo ritroviamo il legame tra i concetti di ascolto (obscultare), parola (espressione che viene indicata con i lemmi sermo, verbum o locutio) e silenzio (taciturnitas) propri della spiritualità monastica.Se vuole essere in grado di esprimere rettamente le cose, il linguaggio umano deve procedere mantenendo il rapporto di identità tra parola e cosa. Quanto più sarà in grado di uniformarsi a questa modalità del pensiero, tanto più la conoscenza umana potrà avvicinarsi alla verità operando in modo simile a Dio.Il linguaggio che si limita a significare, ma senza rectitudo, può produrre parole (voces) dotate sì di senso, ma non di verità, può originare suoni, ma non comprensione del senso delle cose. Tale linguaggio si limita al piano linguistico e non attinge a quello ontologico, proprio delle cose. Solo ricorrendo a questo piano è possibile formulare enunciati veri. Possiamo quindi dire autentica una comunicazione se è prima di tutto una comunicazione di cose che sono autentiche, cioè vere.
Muller, P. A. M., Anselmo e la comunicazione autentica, <<ORA ET LABORA>>, 2022; LXXVII (1): 30-37 [http://hdl.handle.net/10807/195082]
Anselmo e la comunicazione autentica
Muller, Paola Anna Maria
2022
Abstract
La teoria anselmiana del linguaggio ha un debito nei confronti del concetto benedettino di silenzio (taciturnitas) , cui è dedicato il sesto capitolo della Regula : De taciturnitate tradotto con «amore al silenzio» . La taciturnitas (che non corrisponde al nostro italiano "taciturnità") esprime un equilibrio fra tacere e parlare. Negli scritti di Anselmo ritroviamo il legame tra i concetti di ascolto (obscultare), parola (espressione che viene indicata con i lemmi sermo, verbum o locutio) e silenzio (taciturnitas) propri della spiritualità monastica.Se vuole essere in grado di esprimere rettamente le cose, il linguaggio umano deve procedere mantenendo il rapporto di identità tra parola e cosa. Quanto più sarà in grado di uniformarsi a questa modalità del pensiero, tanto più la conoscenza umana potrà avvicinarsi alla verità operando in modo simile a Dio.Il linguaggio che si limita a significare, ma senza rectitudo, può produrre parole (voces) dotate sì di senso, ma non di verità, può originare suoni, ma non comprensione del senso delle cose. Tale linguaggio si limita al piano linguistico e non attinge a quello ontologico, proprio delle cose. Solo ricorrendo a questo piano è possibile formulare enunciati veri. Possiamo quindi dire autentica una comunicazione se è prima di tutto una comunicazione di cose che sono autentiche, cioè vere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.