In linea con le recenti sollecitazioni della storiografia educativa europea sul tema della memoria scolastica, il contributo si sofferma su alcuni lavori per la televisione del noto regista Vittorio De Seta, che negli anni Settanta dedicò particolare attenzione alla scuola italiana, in quel periodo attraversata – come è noto – da un grande fermento riformatore. Nello specifico, nel 1973 il regista palermitano portò sui canali RAI lo sceneggiato in quattro puntate Diario di un maestro. Il telefilm, liberamente tratto dal racconto autobiografico Un anno a Pietralata del maestro elementare Albino Bernardini, si poneva a metà fra la fiction e il documentario, ricreando una reale esperienza didattica modellata secondo innovative istanze pedagogiche. I protagonisti erano gli irrequieti bambini di una quinta classe elementare della periferia di Roma e il loro maestro, interessato a proporre una didattica vicina più alle pressanti esigenze del quotidiano dei suoi alunni che alle indicazioni dei programmi ministeriali. Lo stile anti-nozionistico dell’insegnante, nonché la consulenza pedagogica affidata a Francesco Tonucci, rispecchiano l’evidente debito di De Seta verso il pensiero di Mario Lodi e in generale del Movimento di Cooperazione Educativa. Debito che si ripropose anche all’interno di un altro lavoro del medesimo regista sul tema della scuola, da ricondurre alla primavera del 1979, quando andò in onda – sempre sui canali RAI – l’inchiesta televisiva Quando la scuola cambia. Le sue quattro puntate presentavano l’esperienza didattica di Mario Lodi a Vho di Piadena, quella di Carmine De Padova per i ragazzi italiani di lingua albanese a San Marzano di Taranto, quella di carattere cooperativistico attuata da Caterina Foschi a Milano e quella destinata ai bambini disabili di un Centro medico-psico-pedagogico del leccese. Come anche nel caso di Diario di un maestro, in questa inchiesta emerge chiaramente l’intento del regista di far conoscere al pubblico italiano degli anni Settanta esempi di didattica innovativa e di successo. Entrambe le produzioni, difatti, sono state presentate, più o meno esplicitamente, come modelli replicabili di scuola alternativa a quella tradizionale, capace di incidere positivamente sugli studenti attraverso l’efficace intervento del docente. Pertanto, il contributo si pone l’obiettivo di portare alla luce i riferimenti pedagogici sottesi a questi lavori di De Seta e nel contempo di evidenziare come la sua rappresentazione mediale della didattica abbia contribuito a costruire e a trasmettere specifiche immagini di scuola, destinate ad alimentare la memoria collettiva del nostro paese.
Debe', A., Vittorio De Seta e le sue immagini di scuola: una rappresentazione mediatica della didattica italiana degli anni Settanta, in La responsabilità della pedagogia nelle trasformazioni dei rapporti sociali. Storia, linee di ricerca e prospettive, (Milano, 14-16 January 2021), Pensa MultiMedia, Lecce - Rovato (BS) 2021:<<SOCIETÀ ITALIANA DI PEDAGOGIA>>, 762-769 [http://hdl.handle.net/10807/186737]
Vittorio De Seta e le sue immagini di scuola: una rappresentazione mediatica della didattica italiana degli anni Settanta
Debe', Anna
2021
Abstract
In linea con le recenti sollecitazioni della storiografia educativa europea sul tema della memoria scolastica, il contributo si sofferma su alcuni lavori per la televisione del noto regista Vittorio De Seta, che negli anni Settanta dedicò particolare attenzione alla scuola italiana, in quel periodo attraversata – come è noto – da un grande fermento riformatore. Nello specifico, nel 1973 il regista palermitano portò sui canali RAI lo sceneggiato in quattro puntate Diario di un maestro. Il telefilm, liberamente tratto dal racconto autobiografico Un anno a Pietralata del maestro elementare Albino Bernardini, si poneva a metà fra la fiction e il documentario, ricreando una reale esperienza didattica modellata secondo innovative istanze pedagogiche. I protagonisti erano gli irrequieti bambini di una quinta classe elementare della periferia di Roma e il loro maestro, interessato a proporre una didattica vicina più alle pressanti esigenze del quotidiano dei suoi alunni che alle indicazioni dei programmi ministeriali. Lo stile anti-nozionistico dell’insegnante, nonché la consulenza pedagogica affidata a Francesco Tonucci, rispecchiano l’evidente debito di De Seta verso il pensiero di Mario Lodi e in generale del Movimento di Cooperazione Educativa. Debito che si ripropose anche all’interno di un altro lavoro del medesimo regista sul tema della scuola, da ricondurre alla primavera del 1979, quando andò in onda – sempre sui canali RAI – l’inchiesta televisiva Quando la scuola cambia. Le sue quattro puntate presentavano l’esperienza didattica di Mario Lodi a Vho di Piadena, quella di Carmine De Padova per i ragazzi italiani di lingua albanese a San Marzano di Taranto, quella di carattere cooperativistico attuata da Caterina Foschi a Milano e quella destinata ai bambini disabili di un Centro medico-psico-pedagogico del leccese. Come anche nel caso di Diario di un maestro, in questa inchiesta emerge chiaramente l’intento del regista di far conoscere al pubblico italiano degli anni Settanta esempi di didattica innovativa e di successo. Entrambe le produzioni, difatti, sono state presentate, più o meno esplicitamente, come modelli replicabili di scuola alternativa a quella tradizionale, capace di incidere positivamente sugli studenti attraverso l’efficace intervento del docente. Pertanto, il contributo si pone l’obiettivo di portare alla luce i riferimenti pedagogici sottesi a questi lavori di De Seta e nel contempo di evidenziare come la sua rappresentazione mediale della didattica abbia contribuito a costruire e a trasmettere specifiche immagini di scuola, destinate ad alimentare la memoria collettiva del nostro paese.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.