Da ormai alcuni anni nel dibattito politico riemergono prospettive di identitarismo, di sovranismo e comunitarismo che si credevano eredità del secolo scorso. Da una parte viviamo la crisi planetaria delle democrazie liberali, che fa emergere nuove o desuete categorie per riflettere intorno ai concetti di nazione, stato, patria, d’altra parte la condizione specifica dell’Europa, che in questa renaissance nazionalistica (Castronovo, 2016) ha una sua narrazione propria e specifica. In questo contesto se da un lato sembra prevalere alla luce di scelte politiche e atteggiamenti personali un atteggiamento di sovranismo, che si oppone al trasferimento di poteri (Ambrosini, 2017) e competenze dallo Stato nazionale a un organo internazionale, dall’altro appare, soprattutto nel momento in cui si prende in considerazione il fenomeno migratorio, che il personalismo e il desiderio di valorizzazione dell’altro si mostrano impostazioni capaci di rispettare e riconoscere le caratteristiche intrinseche dell’uomo, della sua umanità e delle sue competenze. In particolare, muovendo dalla necessità di superare l’attitudine di considerare la migrazione solamente sul piano emergenziale e dunque in una logica di nuovo umanesimo in cui i soggetti diventano protagonisti e spendono le loro competenze, gli organismi internazionali si sono resi consapevoli della necessità di darne una lettura olistica, considerando la migrazione come un fenomeno da affrontare in comunione, seppur nel rispetto e la valorizzazione di ogni esperienza nazionale. Su questa consapevolezza si è basata nel 2016 la Dichiarazione di New York, che ha incoraggiato l’adozione di riforme a sostegno dei rifugiati e delle comunità ospitanti nell’ambito di un nuovo quadro d’azione. La definizione di un approccio nuovo ha portato come frutti due accordi, con l’obiettivo di migliorare la cooperazione internazionale in risposta alla mobilità umana. Il primo, il Global Compact on Refugees ha come obiettivo principale il desiderio di rafforzare la cooperazione internazionale nel rispondere a flussi massicci di rifugiati, con un sostegno più sistematico e robusto per coloro che sono costretti ad abbandonare il loro Paese, nonché per le comunità che li accolgono. Il secondo, Il Global Compact for Safe, Orderly, and Regular Migration che, a 70 anni dalla dichiarazione fonda le sue radici nel quadro normativo esistente sui diritti umani, è il primo accordo internazionale negoziato tra governi sotto l’egida delle Nazioni Unite che comprende tutte le dimensioni della migrazione internazionale, con desiderio di porre centralità all’uomo in quanto tale. Quest’ultimo rispetta la sovranità degli Stati nella gestione migratorio, ma esprime una dichiarazione di intenti, quasi a chiamar in causa non solo coloro che rappresentano gli Stati, ma ogni singolo cittadino del mondo che diviene dunque protagonista delle relazioni. Proprio per questo si ritiene consona e si propone per il lavoro una lettura pedagogica del documento, nella consapevolezza che la prospettiva educativa possa sostenere la valorizzazione e lo sviluppo integrale dell’individuo (Cipollone, 2009). Questo perchè la pedagogia, disciplina che studia i processi dell'educazione e della formazione umana, ci permette di fare una lettura integrale del patto, che ha come protagoniste le persone che grazie ad esso vengono valorizzate e riconosciute (Cambi, 2006). Il personalismo sembra dunque contrapporsi al sovranismo, nella prospettiva di pensare e promuovere la centralità dell’individuo come valore assoluto. La persona, pertanto, è un «focolare di libertà e perciò oscura come il centro di una fiamma e il suo comportamento è fatto di equilibrio, continuità e disponibilità (Mounier, 1949, 28-31)». Come nel lavoro educativo, il Global Compact for Migration può essere rielaborato nella consapevolezza del ruolo che l’informazione e il contesto hanno in una progettazione rivolta ad un individuo, dove questi si fanno strumenti per la necessità del riconoscimento identitario volto alla crescita, sviluppo e formazione dell’uomo in quanto persona.
Raccagni, D., The centrality of the human being: A pedagogical reading of the Global Compact for migration, in Merrill, B., Vieira, C. C., Galimberti, A., Nizinska, A. (ed.), Adult education as a resource for resistance and transformation: Voices, learning experiences, identities of student and adult educators., FPCE-UC e CEAD-UAlg, Coimbra 2020: 137- 144 [http://hdl.handle.net/10807/182981]
The centrality of the human being: A pedagogical reading of the Global Compact for migration
Raccagni, Dalila
Primo
2020
Abstract
Da ormai alcuni anni nel dibattito politico riemergono prospettive di identitarismo, di sovranismo e comunitarismo che si credevano eredità del secolo scorso. Da una parte viviamo la crisi planetaria delle democrazie liberali, che fa emergere nuove o desuete categorie per riflettere intorno ai concetti di nazione, stato, patria, d’altra parte la condizione specifica dell’Europa, che in questa renaissance nazionalistica (Castronovo, 2016) ha una sua narrazione propria e specifica. In questo contesto se da un lato sembra prevalere alla luce di scelte politiche e atteggiamenti personali un atteggiamento di sovranismo, che si oppone al trasferimento di poteri (Ambrosini, 2017) e competenze dallo Stato nazionale a un organo internazionale, dall’altro appare, soprattutto nel momento in cui si prende in considerazione il fenomeno migratorio, che il personalismo e il desiderio di valorizzazione dell’altro si mostrano impostazioni capaci di rispettare e riconoscere le caratteristiche intrinseche dell’uomo, della sua umanità e delle sue competenze. In particolare, muovendo dalla necessità di superare l’attitudine di considerare la migrazione solamente sul piano emergenziale e dunque in una logica di nuovo umanesimo in cui i soggetti diventano protagonisti e spendono le loro competenze, gli organismi internazionali si sono resi consapevoli della necessità di darne una lettura olistica, considerando la migrazione come un fenomeno da affrontare in comunione, seppur nel rispetto e la valorizzazione di ogni esperienza nazionale. Su questa consapevolezza si è basata nel 2016 la Dichiarazione di New York, che ha incoraggiato l’adozione di riforme a sostegno dei rifugiati e delle comunità ospitanti nell’ambito di un nuovo quadro d’azione. La definizione di un approccio nuovo ha portato come frutti due accordi, con l’obiettivo di migliorare la cooperazione internazionale in risposta alla mobilità umana. Il primo, il Global Compact on Refugees ha come obiettivo principale il desiderio di rafforzare la cooperazione internazionale nel rispondere a flussi massicci di rifugiati, con un sostegno più sistematico e robusto per coloro che sono costretti ad abbandonare il loro Paese, nonché per le comunità che li accolgono. Il secondo, Il Global Compact for Safe, Orderly, and Regular Migration che, a 70 anni dalla dichiarazione fonda le sue radici nel quadro normativo esistente sui diritti umani, è il primo accordo internazionale negoziato tra governi sotto l’egida delle Nazioni Unite che comprende tutte le dimensioni della migrazione internazionale, con desiderio di porre centralità all’uomo in quanto tale. Quest’ultimo rispetta la sovranità degli Stati nella gestione migratorio, ma esprime una dichiarazione di intenti, quasi a chiamar in causa non solo coloro che rappresentano gli Stati, ma ogni singolo cittadino del mondo che diviene dunque protagonista delle relazioni. Proprio per questo si ritiene consona e si propone per il lavoro una lettura pedagogica del documento, nella consapevolezza che la prospettiva educativa possa sostenere la valorizzazione e lo sviluppo integrale dell’individuo (Cipollone, 2009). Questo perchè la pedagogia, disciplina che studia i processi dell'educazione e della formazione umana, ci permette di fare una lettura integrale del patto, che ha come protagoniste le persone che grazie ad esso vengono valorizzate e riconosciute (Cambi, 2006). Il personalismo sembra dunque contrapporsi al sovranismo, nella prospettiva di pensare e promuovere la centralità dell’individuo come valore assoluto. La persona, pertanto, è un «focolare di libertà e perciò oscura come il centro di una fiamma e il suo comportamento è fatto di equilibrio, continuità e disponibilità (Mounier, 1949, 28-31)». Come nel lavoro educativo, il Global Compact for Migration può essere rielaborato nella consapevolezza del ruolo che l’informazione e il contesto hanno in una progettazione rivolta ad un individuo, dove questi si fanno strumenti per la necessità del riconoscimento identitario volto alla crescita, sviluppo e formazione dell’uomo in quanto persona.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.