L’articolo prende spunto da un caso giudiziario (deciso da Cass., 3 settembre 2019, n. 21992) in cui, nell’ambito di un rapporto di leasing immobiliare nel quale l’utilizzatore aveva ricevuto dalle società concedenti mandato senza rappresentanza ad appaltare la costruzione di un edificio sul terreno oggetto del leasing e le concedenti pagavano direttamente all’appaltatore il prezzo delle opere eseguite in proporzione alla quota di comproprietà del suolo, il corrispettivo dell’appaltatore per opere aggiuntive resesi frattanto necessarie ma non previamente concordate dall’utilizzatore con le concedenti non veniva pagato nè da queste ultime né dall’utilizzatore, la cui successiva messa in stato di concordato preventivo - con conseguente risoluzione del leasing - rendeva impossibile la riscossione del credito per l’intero. L’appaltatore sceglieva così di far valere l’azione di arricchimento ingiustificato nei confronti delle concedenti, per ottenere un’indennità pari al costo delle opere aggiuntive edificate, vedendosela respingere nei due gradi di merito per contrasto con il requisito della sussidiarietà dell’azione ex art. 2042 c.c. (avendo egli astrattamente disposizione l’azione contrattuale di adempimento nei confronti del committente nella misura del credito indicata nella proposta di concordato dello stesso) e in sede di legittimità perché l’azione di arricchimento ingiustificato indiretto – ammessa dalla giurisprudenza nel caso di insolvenza del soggetto direttamente arricchitosi - postulerebbe la gratuità del rapporto contrattuale tra il soggetto indirettamente arricchitosi e il soggetto insolvente obbligato verso il depauperato, non riscontrabile nel leasing finanziario. Entro questa cornice, l’articolo approfondisce la nozione di arricchimento ingiustificato indiretto, concentrandosi sull’ipotesi nella quale l’incapienza del committente di lavori eseguiti ex contractu su un bene che gode senza esserne proprietario pone il problema dell’ammissibilità dell’azione ex art. 2041 nei confronti del proprietario del bene che ne avvantaggia, la quale si suole far dipendere dalla gratuità, in un senso da precisarsi. In particolare, valorizzando l’istanza perequativa alla base dell’istituto e la motivazione di una pronuncia delle Sezioni Unite al riguardo (n. 24772/2008), la riflessione giunge alla conclusione teorica – che avrebbe condotto a una diversa soluzione del caso – secondo la quale l’azione sia proponibile in virtù non della gratuità del titolo contrattuale del soggetto indirettamente arricchitosi, bensì dell’arricchimento conseguito da questo pur entro un rapporto in astratto oneroso, trattandosi di verificare volta per volta se il beneficio patrimoniale ottenuto non risulti bilanciato da una prestazione inversa a carico dell’arricchito e della quale si avvantaggi, direttamente o indirettamente, la controparte contrattuale.
Renda, A., Arricchimento ingiustificato indiretto e gratuità, <<RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE>>, 2020; (2): 797-823 [http://hdl.handle.net/10807/159824]
Arricchimento ingiustificato indiretto e gratuità
Renda, Andrea
2020
Abstract
L’articolo prende spunto da un caso giudiziario (deciso da Cass., 3 settembre 2019, n. 21992) in cui, nell’ambito di un rapporto di leasing immobiliare nel quale l’utilizzatore aveva ricevuto dalle società concedenti mandato senza rappresentanza ad appaltare la costruzione di un edificio sul terreno oggetto del leasing e le concedenti pagavano direttamente all’appaltatore il prezzo delle opere eseguite in proporzione alla quota di comproprietà del suolo, il corrispettivo dell’appaltatore per opere aggiuntive resesi frattanto necessarie ma non previamente concordate dall’utilizzatore con le concedenti non veniva pagato nè da queste ultime né dall’utilizzatore, la cui successiva messa in stato di concordato preventivo - con conseguente risoluzione del leasing - rendeva impossibile la riscossione del credito per l’intero. L’appaltatore sceglieva così di far valere l’azione di arricchimento ingiustificato nei confronti delle concedenti, per ottenere un’indennità pari al costo delle opere aggiuntive edificate, vedendosela respingere nei due gradi di merito per contrasto con il requisito della sussidiarietà dell’azione ex art. 2042 c.c. (avendo egli astrattamente disposizione l’azione contrattuale di adempimento nei confronti del committente nella misura del credito indicata nella proposta di concordato dello stesso) e in sede di legittimità perché l’azione di arricchimento ingiustificato indiretto – ammessa dalla giurisprudenza nel caso di insolvenza del soggetto direttamente arricchitosi - postulerebbe la gratuità del rapporto contrattuale tra il soggetto indirettamente arricchitosi e il soggetto insolvente obbligato verso il depauperato, non riscontrabile nel leasing finanziario. Entro questa cornice, l’articolo approfondisce la nozione di arricchimento ingiustificato indiretto, concentrandosi sull’ipotesi nella quale l’incapienza del committente di lavori eseguiti ex contractu su un bene che gode senza esserne proprietario pone il problema dell’ammissibilità dell’azione ex art. 2041 nei confronti del proprietario del bene che ne avvantaggia, la quale si suole far dipendere dalla gratuità, in un senso da precisarsi. In particolare, valorizzando l’istanza perequativa alla base dell’istituto e la motivazione di una pronuncia delle Sezioni Unite al riguardo (n. 24772/2008), la riflessione giunge alla conclusione teorica – che avrebbe condotto a una diversa soluzione del caso – secondo la quale l’azione sia proponibile in virtù non della gratuità del titolo contrattuale del soggetto indirettamente arricchitosi, bensì dell’arricchimento conseguito da questo pur entro un rapporto in astratto oneroso, trattandosi di verificare volta per volta se il beneficio patrimoniale ottenuto non risulti bilanciato da una prestazione inversa a carico dell’arricchito e della quale si avvantaggi, direttamente o indirettamente, la controparte contrattuale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.