La basilica milanese di San Simpliciano è uno dei monumenti più affascinanti e meglio conservati della città. La presenza di fasi costruttive intricate, datate prevalentemente nel range fine IV-XII secolo, la configura come un vero e proprio palinsesto dell’architettura ecclesiastica tardoantica e medievale. In merito alla sequenza costruttiva, le cui murature paleocristiane messe in luce da Wart Arslan alla metà del secolo scorso si conservano per oltre venti metri di altezza, l’aspetto più enigmatico è forse costituito dalla tripartizione in navate della grande aula longitudinale, concepita nel progetto iniziale come un ampio spazio aperto inondato di luce dai finestroni perimetrali. Il contributo verte proprio in questa direzione e vuole relazionare i vecchi studi, oltre che le scarse testimonianze documentarie e i ritrovamenti di materiali sporadici, ai nuovi dati emersi dall’analisi dei paramenti dei pilastri e delle strutture murarie conservate nel sottotetto che sembrano convergere verso l’attribuzione dell’intervento alla committenza regia longobarda.
Greppi, P., Sulla committenza regia longobarda del cantiere altomedievale di San Simpliciano: una rilettura delle vecchie acquisizioni alla luce delle ultime indagini sull’architettura., in Archeologia Barbarica 4. I longobardi a nord di Milano. Centri di potere tra Adda e Ticino., (Cairate (VA), 21-21 September 2019), SAP Società Archeologica, Mantova 2020: 73-91 [http://hdl.handle.net/10807/155231]
Sulla committenza regia longobarda del cantiere altomedievale di San Simpliciano: una rilettura delle vecchie acquisizioni alla luce delle ultime indagini sull’architettura.
Greppi, Paola
2020
Abstract
La basilica milanese di San Simpliciano è uno dei monumenti più affascinanti e meglio conservati della città. La presenza di fasi costruttive intricate, datate prevalentemente nel range fine IV-XII secolo, la configura come un vero e proprio palinsesto dell’architettura ecclesiastica tardoantica e medievale. In merito alla sequenza costruttiva, le cui murature paleocristiane messe in luce da Wart Arslan alla metà del secolo scorso si conservano per oltre venti metri di altezza, l’aspetto più enigmatico è forse costituito dalla tripartizione in navate della grande aula longitudinale, concepita nel progetto iniziale come un ampio spazio aperto inondato di luce dai finestroni perimetrali. Il contributo verte proprio in questa direzione e vuole relazionare i vecchi studi, oltre che le scarse testimonianze documentarie e i ritrovamenti di materiali sporadici, ai nuovi dati emersi dall’analisi dei paramenti dei pilastri e delle strutture murarie conservate nel sottotetto che sembrano convergere verso l’attribuzione dell’intervento alla committenza regia longobarda.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.