Le organizzazioni sono attualmente esposte a ambienti esterni sempre più complessi caratterizzati da ipercompetizione, rapidi cambiamenti e complessità crescente. Come affermano Giustiniano e Cantoni (2017): Alle organizzazioni contemporanee viene sempre più chiesto di affrontare alti livelli di incertezza ambientale, complessità ed equivocità, lottando non solo con forti pressioni competitive ma anche con crescente incertezza legata alle tendenze socio-politiche ed economiche. Quando le organizzazioni ed i loro membri si confrontano con crisi, difficoltà economiche e brutte sorprese, la resilienza è cruciale per la loro sopravvivenza. In questo senso, la promozione della resilienza è diventata una preoccupazione strategica per le organizzazioni. Per affrontare la crisi e l’instabilità in un contesto complesso, polimorfico e competitivo, è strategico capire l’eventuale esistenza di una relazione tra un’organizzazione e il suo territorio e quali effetti sinergici potrebbero derivarne. Nello specifico questa ricerca intende indagare – sul territorio definito dalle regioni italiane – il nesso esistente tra resilienza delle imprese e resilienza territoriale. La resilienza è definita come la capacità di resistere e recuperare di fronte a eventi esogeni potenzialmente dannosi (vale a dire gli shock generati dall’ambiente generale e dall’ambiente di attività) ed è rappresentata come una misura di: prestazione capacità. Si tratta di due approcci analitici sostanzialmente corrispondenti a due flussi di ricerca (Rizzi et al 2017): il primo si basa sulla concettualizzazione della resilienza come risultato di un percorso, è un approccio specifico per il rischio e richiede l’identificazione delle fasi di shock e recovery e la costruzione di indicatori volti a rappresentare la resistenza durante le crisi e il recupero dopo lo shock (Bailey e Turok, 2016, Martin, 2012; Martin e Sunley, 2015); il secondo è focalizzato sull’identificazione delle risorse che consentono a un territorio di affrontare un evento negativo e sulla rappresentazione della resilienza come capacità multidimensionale di rispondere al cambiamento (Graziano, 2016). La resilienza in questa seconda visione è definita come un input complesso, una capacità multidimensionale che determina lo sviluppo di un territorio. Campo di indagine è il settore della produzione e delle attrezzature delle macchine (settore ATECO, 28) l’unità di analisi è la regione italiana (livello NUTS 2). La scelta del campo è associata alla crescente diffusione di Industry 4.0 (Brettel et al, 2014) che sfrutta l’automazione e lo scambio di dati nelle tecnologie di produzione. Comprende i sistemi cyber-fisici, l’Internet delle cose, il cloud computing e il calcolo cognitivo. Le fabbriche manifatturiere devono far fronte alla necessità di un rapido sviluppo del prodotto, di una produzione flessibile e di ambienti complessi. Anche se il governo italiano non ha prodotto una politica completa sull’industria 4.0 – a differenza di altri paesi – ad es. Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, e in piccola parte, Francia e Paesi Bassi – va detto che alcuni aspetti rilevanti del Piano sono stati inclusi nella legge di bilancio 2017 in Italia (Seghezzi e Tiraboschi, 2018). Poiché il Piano fornisce alle imprese italiane un investimento pubblico con notevoli benefici fiscali, per incentivare gli investimenti privati in attività con componenti tecnologicamente avanzati (http://www.sviluppoeconomico.gov.it), cresce fortemente l’interesse in termini di ricerca scientifica ed applicata sulle dinamiche del settore. I periodi di crisi e di recupero sono stati identificati osservando le prestazioni economiche del settore manifatturiero e delle macchine nel periodo 2007-2015. I dati relativi al 2016 sono esclusi perché le modifiche ai principi contabili li rendono eterogenei. Infatti l’esercizio 2016 (per chi ha un esercizio contabile coincidente con l’anno solare) coincide con il primo bilancio annuale redatto con le modifiche introdotte dal recepimento nel nostro sistema (grazie al D.Lgs. 139/2015) della Direttiva contabile UE 34/2013 / UE. A seguito delle modifiche introdotte dal citato decreto legislativo, i principi contabili italiani sono stati aggiornati di conseguenza; in questo caso, i Principi contabili italiani OIC 12 “Composizione e bilancio”, sono stati sottoposti al necessario aggiornamento, dato che il decreto legislativo ha modificato il bilancio e il conto economico, intervenendo sugli articoli 2424 e 2425 del C.C. Tra le modifiche apportate al conto Profitti e Perdite, è particolarmente importante l’eliminazione della sezione straordinaria (classe della voce “E) Ricavi e spese non operative”) in cui sono stati rilevati i Ricavi e le Spese straordinarie (o non operative). Grazie a questa modifica (entrata in vigore nel bilancio 2016) i casi sopra citati devono quindi essere riclassificati come parte delle altre voci di costi e ricavi, con un chiaro impatto sul Risultato Operativo. Ovviamente questo approccio farà emergere “differenze” nel confronto dei bilanci nel tempo, specialmente per un lungo periodo di tempo; ciò potrebbe creare differenze (ad esempio) tra i risultati operativi del 2015 e del 2016 causati non solo dalle evidenti variazioni dettate dal management, ma anche dalla diversa classificazione dei risultati dell’area straordinaria. Poiché questa eterogeneità dovrebbe causare problemi nell’analisi comparativa, è stato deciso di escludere dalla nostra analisi i summenzionati rendiconti finanziari del 2016.

Cantoni, F., Graziano, P., Maiocchi, F., Resilienza organizzativa e territoriale: proposta di un approccio olistico, <<EYESREG>>, 2019; (9/5): N/A-N/A [http://hdl.handle.net/10807/145441]

Resilienza organizzativa e territoriale: proposta di un approccio olistico

Cantoni, Franca
;
Graziano, Paola;Maiocchi, Fabrizio
2019

Abstract

Le organizzazioni sono attualmente esposte a ambienti esterni sempre più complessi caratterizzati da ipercompetizione, rapidi cambiamenti e complessità crescente. Come affermano Giustiniano e Cantoni (2017): Alle organizzazioni contemporanee viene sempre più chiesto di affrontare alti livelli di incertezza ambientale, complessità ed equivocità, lottando non solo con forti pressioni competitive ma anche con crescente incertezza legata alle tendenze socio-politiche ed economiche. Quando le organizzazioni ed i loro membri si confrontano con crisi, difficoltà economiche e brutte sorprese, la resilienza è cruciale per la loro sopravvivenza. In questo senso, la promozione della resilienza è diventata una preoccupazione strategica per le organizzazioni. Per affrontare la crisi e l’instabilità in un contesto complesso, polimorfico e competitivo, è strategico capire l’eventuale esistenza di una relazione tra un’organizzazione e il suo territorio e quali effetti sinergici potrebbero derivarne. Nello specifico questa ricerca intende indagare – sul territorio definito dalle regioni italiane – il nesso esistente tra resilienza delle imprese e resilienza territoriale. La resilienza è definita come la capacità di resistere e recuperare di fronte a eventi esogeni potenzialmente dannosi (vale a dire gli shock generati dall’ambiente generale e dall’ambiente di attività) ed è rappresentata come una misura di: prestazione capacità. Si tratta di due approcci analitici sostanzialmente corrispondenti a due flussi di ricerca (Rizzi et al 2017): il primo si basa sulla concettualizzazione della resilienza come risultato di un percorso, è un approccio specifico per il rischio e richiede l’identificazione delle fasi di shock e recovery e la costruzione di indicatori volti a rappresentare la resistenza durante le crisi e il recupero dopo lo shock (Bailey e Turok, 2016, Martin, 2012; Martin e Sunley, 2015); il secondo è focalizzato sull’identificazione delle risorse che consentono a un territorio di affrontare un evento negativo e sulla rappresentazione della resilienza come capacità multidimensionale di rispondere al cambiamento (Graziano, 2016). La resilienza in questa seconda visione è definita come un input complesso, una capacità multidimensionale che determina lo sviluppo di un territorio. Campo di indagine è il settore della produzione e delle attrezzature delle macchine (settore ATECO, 28) l’unità di analisi è la regione italiana (livello NUTS 2). La scelta del campo è associata alla crescente diffusione di Industry 4.0 (Brettel et al, 2014) che sfrutta l’automazione e lo scambio di dati nelle tecnologie di produzione. Comprende i sistemi cyber-fisici, l’Internet delle cose, il cloud computing e il calcolo cognitivo. Le fabbriche manifatturiere devono far fronte alla necessità di un rapido sviluppo del prodotto, di una produzione flessibile e di ambienti complessi. Anche se il governo italiano non ha prodotto una politica completa sull’industria 4.0 – a differenza di altri paesi – ad es. Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, e in piccola parte, Francia e Paesi Bassi – va detto che alcuni aspetti rilevanti del Piano sono stati inclusi nella legge di bilancio 2017 in Italia (Seghezzi e Tiraboschi, 2018). Poiché il Piano fornisce alle imprese italiane un investimento pubblico con notevoli benefici fiscali, per incentivare gli investimenti privati in attività con componenti tecnologicamente avanzati (http://www.sviluppoeconomico.gov.it), cresce fortemente l’interesse in termini di ricerca scientifica ed applicata sulle dinamiche del settore. I periodi di crisi e di recupero sono stati identificati osservando le prestazioni economiche del settore manifatturiero e delle macchine nel periodo 2007-2015. I dati relativi al 2016 sono esclusi perché le modifiche ai principi contabili li rendono eterogenei. Infatti l’esercizio 2016 (per chi ha un esercizio contabile coincidente con l’anno solare) coincide con il primo bilancio annuale redatto con le modifiche introdotte dal recepimento nel nostro sistema (grazie al D.Lgs. 139/2015) della Direttiva contabile UE 34/2013 / UE. A seguito delle modifiche introdotte dal citato decreto legislativo, i principi contabili italiani sono stati aggiornati di conseguenza; in questo caso, i Principi contabili italiani OIC 12 “Composizione e bilancio”, sono stati sottoposti al necessario aggiornamento, dato che il decreto legislativo ha modificato il bilancio e il conto economico, intervenendo sugli articoli 2424 e 2425 del C.C. Tra le modifiche apportate al conto Profitti e Perdite, è particolarmente importante l’eliminazione della sezione straordinaria (classe della voce “E) Ricavi e spese non operative”) in cui sono stati rilevati i Ricavi e le Spese straordinarie (o non operative). Grazie a questa modifica (entrata in vigore nel bilancio 2016) i casi sopra citati devono quindi essere riclassificati come parte delle altre voci di costi e ricavi, con un chiaro impatto sul Risultato Operativo. Ovviamente questo approccio farà emergere “differenze” nel confronto dei bilanci nel tempo, specialmente per un lungo periodo di tempo; ciò potrebbe creare differenze (ad esempio) tra i risultati operativi del 2015 e del 2016 causati non solo dalle evidenti variazioni dettate dal management, ma anche dalla diversa classificazione dei risultati dell’area straordinaria. Poiché questa eterogeneità dovrebbe causare problemi nell’analisi comparativa, è stato deciso di escludere dalla nostra analisi i summenzionati rendiconti finanziari del 2016.
2019
Italiano
Cantoni, F., Graziano, P., Maiocchi, F., Resilienza organizzativa e territoriale: proposta di un approccio olistico, <<EYESREG>>, 2019; (9/5): N/A-N/A [http://hdl.handle.net/10807/145441]
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