L'uomo inteso come unità-complessità biologica di mente e corpo che vive e si rapporta attraverso differenti forme di motricità nell’ambiente fisico e socio relazionale: fin dal momento del suo concepimento acquisisce la possibilità di comunicare e dunque di mettersi in relazione con l’ambiente. Le prime forme di questa relazione si manifestano nel grembo della gestante quando avverte, attraverso i primi movimenti, la presenza viva del nascituro che, dalle ecografie si vede già capace di estendere e flettere le gambe, succhiare il pollice, ruotare il capo, muovere le dita dei piedi e delle mani. La madre impara a capire se il nascituro è sveglio o dorme attraverso le sensazioni attivate dai movimenti in grembo che si manifestano con contatti, tensioni muscolari ed atteggiamenti del corpo. Anche dopo la nascita le prime relazioni si realizzano attraverso il corpo nel “dialogo tonico” tra il bambino e la madre le cui reazioni corporee, dettate inconsciamente dall’affetto, sono indispensabili allo sviluppo e all’equilibrio psicologico. Queste forme di relazione, dapprima realizzate solo con la madre, si estendono all’ambiente familiare, e precedono di molto le relazioni verbali rimanendo per tutto l’arco di vita alla base di tutte le ulteriori forme future di relazione. La comunicazione corporea, che chiameremo anche “non verbale” per differenziarla dalla parola, comprende tutti i messaggi che provengono dal nostro corpo : la mimica facciale ( con l’espressività degli occhi , della bocca e della fronte ) , i singoli gesti segmentari degli arti , le posizioni e gli atteggiamenti globali del corpo. Le forme spontanee di comunicazione non verbale, nel corso dei primi anni di vita, vengono progressivamente affiancate, integrate e poi superate dalle abilità verbali . Con la progressiva padronanza della parola il bambino è in grado di migliorare di molto la qualità della comunicazione che diventa più precisa e più efficace per la definizione della relazione . Le parole e le frasi infatti ci consentono di interagire in modo più preciso , completo ed efficace con gli altri e di dare avvio a tutti i processi mentali di costruzione dei concetti e di attivazione quindi dei processi mentali dell’astrazione. Il linguaggio del corpo affianca costantemente quello verbale ed è proprio scrutando ed interpretando i gesti , movimenti e posture dell’altro che riusciamo , di norma , ad avere un riscontro credibile su quanto ci sta trasmettendo con le parole. Il linguaggio non verbale ci aiuta a comunicare i nostri sentimenti ed i nostri stati d’animo in un modo che con le sole parole potrebbe essere incompleto. Possiamo decidere di non comunicare verbalmente ma ci è impossibile non comunicare con il corpo e ciò è valido anche quando è una nostra intenzione manifesta. Alla acquisizione progressiva della conoscenza di sé e di una conseguente migliore padronanza corporea corrisponde nella età evolutiva la capacità dell’uomo non solo di comunicare in modo inconscio e spontaneo attraverso il corpo ma anche di utilizzare le forme di comunicazione corporea in modo volontario e predeterminato per gestire forme di comunicazione efficace in contesti relazionali abituali, sportivi o espressivi. Ne sono un esempio i gesti utilizzati dall’uomo per comunicare senza le parole ( per salutare, per intendersi a distanza visivamente, per esultare, per comunicare affetto) o ancora i gesti utilizzati dall’arbitro (per segnalare eventuali infrazioni, falli o intervalli di tempo) dal playmaker (per segnalare ai propri compagni l’attuazione di uno schema di gioco) o dall’allenatore (per comunicare con gli atleti in campo) ed ancora gesti e le forme di espressività costruita ed allenata utilizzati dal mimo, dalla danzatrice o da un buon attore per comunicarci sensazioni e stati d’animo. Vi è una forma di comunicazione implicita nella danza ed è quella prodotta dai movimenti del nostro corpo e dagli oggetti che porta addosso il danzatore, dalle grida e dal respiro ansimante ed è la danza che ancora oggi tutti noi eseguiamo nei primi mesi della nostra vita. Il bambino alla sua nascita “parla” la stessa lingua che parlavano i primi uomini. Il linguaggio del suo corpo è, come per l’uomo primitivo, l’unico che ha per comunicare, socializzare, vivere e amare, esprimersi e farsi capire. L’espressività del corpo che nel neonato è manifesta con la motricità riflessa, è destinata ad affinarsi e specificarsi per entrare nel mondo dei grandi. Il “pass” per essere accettati è costituito dalla capacità di comunicare. L’espressività ancora grezza e spontanea dovrà , poco alla volta, evolvere verso il mondo delle leggi di comunicazione e delle convenzioni sociali con il rischio di perdere il suo carattere di autenticità. Ogni essere umano dovrà dunque imparare a gestire e ad integrare queste due dimensioni espressivo-comunicative che si intersecheranno per tutta la sua vita futura : l’omologazione alle leggi socio-culturali e l’espressività personale ed autentica. In tale contesto l’espressività del corpo, inizialmente priva di fini, acquisterà senso e collocazione sociale. La sfida che ciascuno di noi dovrà giocarsi consisterà nel conoscere, capire e gestire la propria espressività senza privarla dell’autenticità che è data come dono ad ogni essere umano.

Casolo, F., Melica, S., Il Corpo che parla : comunicazione ed espressività nel movimento umano, Vita e Pensiero, Milano 2005: 235 [http://hdl.handle.net/10807/132037]

Il Corpo che parla : comunicazione ed espressività nel movimento umano

Casolo, Francesco;Melica, Stefania
2005

Abstract

L'uomo inteso come unità-complessità biologica di mente e corpo che vive e si rapporta attraverso differenti forme di motricità nell’ambiente fisico e socio relazionale: fin dal momento del suo concepimento acquisisce la possibilità di comunicare e dunque di mettersi in relazione con l’ambiente. Le prime forme di questa relazione si manifestano nel grembo della gestante quando avverte, attraverso i primi movimenti, la presenza viva del nascituro che, dalle ecografie si vede già capace di estendere e flettere le gambe, succhiare il pollice, ruotare il capo, muovere le dita dei piedi e delle mani. La madre impara a capire se il nascituro è sveglio o dorme attraverso le sensazioni attivate dai movimenti in grembo che si manifestano con contatti, tensioni muscolari ed atteggiamenti del corpo. Anche dopo la nascita le prime relazioni si realizzano attraverso il corpo nel “dialogo tonico” tra il bambino e la madre le cui reazioni corporee, dettate inconsciamente dall’affetto, sono indispensabili allo sviluppo e all’equilibrio psicologico. Queste forme di relazione, dapprima realizzate solo con la madre, si estendono all’ambiente familiare, e precedono di molto le relazioni verbali rimanendo per tutto l’arco di vita alla base di tutte le ulteriori forme future di relazione. La comunicazione corporea, che chiameremo anche “non verbale” per differenziarla dalla parola, comprende tutti i messaggi che provengono dal nostro corpo : la mimica facciale ( con l’espressività degli occhi , della bocca e della fronte ) , i singoli gesti segmentari degli arti , le posizioni e gli atteggiamenti globali del corpo. Le forme spontanee di comunicazione non verbale, nel corso dei primi anni di vita, vengono progressivamente affiancate, integrate e poi superate dalle abilità verbali . Con la progressiva padronanza della parola il bambino è in grado di migliorare di molto la qualità della comunicazione che diventa più precisa e più efficace per la definizione della relazione . Le parole e le frasi infatti ci consentono di interagire in modo più preciso , completo ed efficace con gli altri e di dare avvio a tutti i processi mentali di costruzione dei concetti e di attivazione quindi dei processi mentali dell’astrazione. Il linguaggio del corpo affianca costantemente quello verbale ed è proprio scrutando ed interpretando i gesti , movimenti e posture dell’altro che riusciamo , di norma , ad avere un riscontro credibile su quanto ci sta trasmettendo con le parole. Il linguaggio non verbale ci aiuta a comunicare i nostri sentimenti ed i nostri stati d’animo in un modo che con le sole parole potrebbe essere incompleto. Possiamo decidere di non comunicare verbalmente ma ci è impossibile non comunicare con il corpo e ciò è valido anche quando è una nostra intenzione manifesta. Alla acquisizione progressiva della conoscenza di sé e di una conseguente migliore padronanza corporea corrisponde nella età evolutiva la capacità dell’uomo non solo di comunicare in modo inconscio e spontaneo attraverso il corpo ma anche di utilizzare le forme di comunicazione corporea in modo volontario e predeterminato per gestire forme di comunicazione efficace in contesti relazionali abituali, sportivi o espressivi. Ne sono un esempio i gesti utilizzati dall’uomo per comunicare senza le parole ( per salutare, per intendersi a distanza visivamente, per esultare, per comunicare affetto) o ancora i gesti utilizzati dall’arbitro (per segnalare eventuali infrazioni, falli o intervalli di tempo) dal playmaker (per segnalare ai propri compagni l’attuazione di uno schema di gioco) o dall’allenatore (per comunicare con gli atleti in campo) ed ancora gesti e le forme di espressività costruita ed allenata utilizzati dal mimo, dalla danzatrice o da un buon attore per comunicarci sensazioni e stati d’animo. Vi è una forma di comunicazione implicita nella danza ed è quella prodotta dai movimenti del nostro corpo e dagli oggetti che porta addosso il danzatore, dalle grida e dal respiro ansimante ed è la danza che ancora oggi tutti noi eseguiamo nei primi mesi della nostra vita. Il bambino alla sua nascita “parla” la stessa lingua che parlavano i primi uomini. Il linguaggio del suo corpo è, come per l’uomo primitivo, l’unico che ha per comunicare, socializzare, vivere e amare, esprimersi e farsi capire. L’espressività del corpo che nel neonato è manifesta con la motricità riflessa, è destinata ad affinarsi e specificarsi per entrare nel mondo dei grandi. Il “pass” per essere accettati è costituito dalla capacità di comunicare. L’espressività ancora grezza e spontanea dovrà , poco alla volta, evolvere verso il mondo delle leggi di comunicazione e delle convenzioni sociali con il rischio di perdere il suo carattere di autenticità. Ogni essere umano dovrà dunque imparare a gestire e ad integrare queste due dimensioni espressivo-comunicative che si intersecheranno per tutta la sua vita futura : l’omologazione alle leggi socio-culturali e l’espressività personale ed autentica. In tale contesto l’espressività del corpo, inizialmente priva di fini, acquisterà senso e collocazione sociale. La sfida che ciascuno di noi dovrà giocarsi consisterà nel conoscere, capire e gestire la propria espressività senza privarla dell’autenticità che è data come dono ad ogni essere umano.
2005
Italiano
Monografia o trattato scientifico
Vita e Pensiero
Casolo, F., Melica, S., Il Corpo che parla : comunicazione ed espressività nel movimento umano, Vita e Pensiero, Milano 2005: 235 [http://hdl.handle.net/10807/132037]
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10807/132037
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact