Attraverso la ricostruzione documentata dell’impegno profuso dal fascismo, tra la metà degli anni Venti e la metà dei Trenta, per dotare le principali città italiane di importanti stadi di calcio, il saggio non solo aggiunge nuovi materiali al filone di studi sull’uso politico dello sport da parte del regime, ma contribuisce anche a chiarire le dinamiche che, in quella fase politica, muovono gli appalti dell’edilizia sportiva. Nel fermento edilizio da cui scaturiscono quegli stadi di calcio, tra l’altro, si inserisce anche la realizzazione di altre importanti opere d’impiantistica sportiva: il “Campo Sportivo del Littorio”, un modello di complesso polivalente trasmesso da Roma a tutte le amministrazioni comunali affinché gli impianti presentino canoni comuni di realizzazione, pur rispettando le possibilità, i mezzi e le esigenze locali; il “Foro Mussolini”, odierno Foro Italico di Roma; il Velodromo Vigorelli di Milano, ecc.. Tale patrimonio di impiantistica sportiva, assicurato da un regime desideroso di visibilità e riconoscimento a livello internazionale, favorisce senz’altro la designazione dell’Italia quale sede dei Campionati del Mondo di Calcio del ’34 e prepara il terreno ai due successi consecutivi degli “azzurri” ai mondiali del ’34 e del ’38. Ma il saggio affronta anche un’altra importante questione. Se sono indiscutibili i frutti dell’investimento fascista nell’architettura sportiva – investimento che contribuisce senz’altro allo sviluppo del calcio a livello nazionale con effetti a lungo termine sull’identità di questo sport (struttura organizzativa, importanza della Nazionale, ecc..) – quali sono, invece, i risultati sul piano politico? Ovvero, quali esiti produsse il tentativo del regime di creare un senso di identità condivisa attraverso il calcio?

Lanotte, G., 1934: gli stadi della Vittoria. L’edilizia sportiva del fascismo, <<L'IMPEGNO>>, 2018; XXXVIII (n. 2): 21-39 [http://hdl.handle.net/10807/129727]

1934: gli stadi della Vittoria. L’edilizia sportiva del fascismo

Lanotte, Gioachino
2018

Abstract

Attraverso la ricostruzione documentata dell’impegno profuso dal fascismo, tra la metà degli anni Venti e la metà dei Trenta, per dotare le principali città italiane di importanti stadi di calcio, il saggio non solo aggiunge nuovi materiali al filone di studi sull’uso politico dello sport da parte del regime, ma contribuisce anche a chiarire le dinamiche che, in quella fase politica, muovono gli appalti dell’edilizia sportiva. Nel fermento edilizio da cui scaturiscono quegli stadi di calcio, tra l’altro, si inserisce anche la realizzazione di altre importanti opere d’impiantistica sportiva: il “Campo Sportivo del Littorio”, un modello di complesso polivalente trasmesso da Roma a tutte le amministrazioni comunali affinché gli impianti presentino canoni comuni di realizzazione, pur rispettando le possibilità, i mezzi e le esigenze locali; il “Foro Mussolini”, odierno Foro Italico di Roma; il Velodromo Vigorelli di Milano, ecc.. Tale patrimonio di impiantistica sportiva, assicurato da un regime desideroso di visibilità e riconoscimento a livello internazionale, favorisce senz’altro la designazione dell’Italia quale sede dei Campionati del Mondo di Calcio del ’34 e prepara il terreno ai due successi consecutivi degli “azzurri” ai mondiali del ’34 e del ’38. Ma il saggio affronta anche un’altra importante questione. Se sono indiscutibili i frutti dell’investimento fascista nell’architettura sportiva – investimento che contribuisce senz’altro allo sviluppo del calcio a livello nazionale con effetti a lungo termine sull’identità di questo sport (struttura organizzativa, importanza della Nazionale, ecc..) – quali sono, invece, i risultati sul piano politico? Ovvero, quali esiti produsse il tentativo del regime di creare un senso di identità condivisa attraverso il calcio?
2018
Italiano
Lanotte, G., 1934: gli stadi della Vittoria. L’edilizia sportiva del fascismo, <<L'IMPEGNO>>, 2018; XXXVIII (n. 2): 21-39 [http://hdl.handle.net/10807/129727]
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