Le rappresentazioni del carcere all'interno di prodotti videoludici sono numerose e alquanto eterogenee. Studiare un luogo con caratteristiche così precise rende molto chiaro come all'interno di un'analisi videoludica un elemento spaziale possa offrire spunti interessanti su molteplici livelli. Del resto, il cosidetto spatial turn vissuto dai game studies concede la possibilità di analizzare i mondi virtuali di gioco con gli strumenti più disparati, rinunciando al contempo a considerare gli aspetti visuali e interattivi come fondamentali. In questo lavoro vengono analizzate tre possibili configurazioni, considerando il luogo carcere sia come un ambiente virtuale in cui si svolge l'esperienza di gioco, sia come un espediente legato alle regole di cui ogni videogame è intrinsecamente dotato, sia come un ambiente narrativo caratterizzato da peculiari qualità. Il carcere videoludico allora può essere letto come semplice ambientazione per giochi come The Suffering, The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay o Batman: Arkham Asylum, diventando a tutti gli effetti un elemento chiave, se non il vero protagonista, del prodotto ludico. Inoltre può essere sfruttato come espediente in grado di mimetizzare con grande precisione quelle regole del gioco che, secondo Jesper Juul, rendono i mondi videoludici profondamente incoerenti a livello narrativo. In titoli come quelli della serie Grand Theft Auto per esempio, la morte si riduce al pagamento di un ticket ospedaliero, mentre l'arresto si trasforma nel versamento di una cauzione. Il carcere diventa allora un edificio sullo sfondo, uno stratagemma per evitare la vecchia schermata di game over e il corto circuito esperienziale che portava con sé. Infine, la rappresentazione della prigione può legarsi a strutture narrative complesse in cui l'istituto di detenzione rappresenta un luogo di passaggio obbligato della vicenda. La galera in Half-Life 2 o Dragon Age: Origins diventa allora perfetto esempio della classica caduta dell'eroe propedeutica al trionfo, la "prova centrale" alla fine del secondo atto del viaggio dell'eroe descritto da Joseph Campbell. Le tre configurazioni individuate dimostrano allora come il carcere sia un luogo profondamente radicato nell'immaginario videoludico, in grado di assumere valore trasversale e di ricoprire un ruolo preciso su diversi livelli, dalla caratterizzazione del mondo virtuale di gioco, all'edulcorazione della sua incoerenza, fino a diventare vero e proprio luogo archetipico per narrazioni videoludiche complesse.

Salvador, M., Luogo, prova, espediente, punizione. Le molteplici facce del carcere nel videogame, <<COMUNICAZIONI SOCIALI ON-LINE>>, 2011; (4): N/A-N/A [http://hdl.handle.net/10807/12431]

Luogo, prova, espediente, punizione. Le molteplici facce del carcere nel videogame

Salvador, Mauro
2011

Abstract

Le rappresentazioni del carcere all'interno di prodotti videoludici sono numerose e alquanto eterogenee. Studiare un luogo con caratteristiche così precise rende molto chiaro come all'interno di un'analisi videoludica un elemento spaziale possa offrire spunti interessanti su molteplici livelli. Del resto, il cosidetto spatial turn vissuto dai game studies concede la possibilità di analizzare i mondi virtuali di gioco con gli strumenti più disparati, rinunciando al contempo a considerare gli aspetti visuali e interattivi come fondamentali. In questo lavoro vengono analizzate tre possibili configurazioni, considerando il luogo carcere sia come un ambiente virtuale in cui si svolge l'esperienza di gioco, sia come un espediente legato alle regole di cui ogni videogame è intrinsecamente dotato, sia come un ambiente narrativo caratterizzato da peculiari qualità. Il carcere videoludico allora può essere letto come semplice ambientazione per giochi come The Suffering, The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay o Batman: Arkham Asylum, diventando a tutti gli effetti un elemento chiave, se non il vero protagonista, del prodotto ludico. Inoltre può essere sfruttato come espediente in grado di mimetizzare con grande precisione quelle regole del gioco che, secondo Jesper Juul, rendono i mondi videoludici profondamente incoerenti a livello narrativo. In titoli come quelli della serie Grand Theft Auto per esempio, la morte si riduce al pagamento di un ticket ospedaliero, mentre l'arresto si trasforma nel versamento di una cauzione. Il carcere diventa allora un edificio sullo sfondo, uno stratagemma per evitare la vecchia schermata di game over e il corto circuito esperienziale che portava con sé. Infine, la rappresentazione della prigione può legarsi a strutture narrative complesse in cui l'istituto di detenzione rappresenta un luogo di passaggio obbligato della vicenda. La galera in Half-Life 2 o Dragon Age: Origins diventa allora perfetto esempio della classica caduta dell'eroe propedeutica al trionfo, la "prova centrale" alla fine del secondo atto del viaggio dell'eroe descritto da Joseph Campbell. Le tre configurazioni individuate dimostrano allora come il carcere sia un luogo profondamente radicato nell'immaginario videoludico, in grado di assumere valore trasversale e di ricoprire un ruolo preciso su diversi livelli, dalla caratterizzazione del mondo virtuale di gioco, all'edulcorazione della sua incoerenza, fino a diventare vero e proprio luogo archetipico per narrazioni videoludiche complesse.
2011
Italiano
Salvador, M., Luogo, prova, espediente, punizione. Le molteplici facce del carcere nel videogame, <<COMUNICAZIONI SOCIALI ON-LINE>>, 2011; (4): N/A-N/A [http://hdl.handle.net/10807/12431]
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