Il linguaggio è creatore di mondi, lo spiegava solerte Popper alla fine degli anni Settanta quando all’universo delle entità fisiche (il cosiddetto “Mondo 1”) e degli stati mentali (il “Mondo 2”) affiancava il mondo delle creazioni della mente umana, il “Mondo 3”, la cui realtà ha uguale dignità e diritto d’esistenza di quella degli altri due mondi. Ma la natura di questo mondo terzo è appunto linguistica, e Lars Gustafsson, che non era solo un letterato e scrittore, ma anche un puntuale studioso di filosofia del linguaggio – studiò a Oxford con Gilbert Ryle alla fine degli anni Cinquanta –, lo sapeva bene e proprio per questo, da «abitante di un universo in cui non si sentiva di casa», come il Lars Lennart Westin, morituro apicultore di genio del romanzo del 1978, con il suo linguaggio, di mondi ne creò infiniti, esercitando quella salvifica «arte di poter diventare qualcun altro» che lo caratterizzava nel profondo. Lo svedese Lars Gustafsson, che come tutti i protagonisti del suo mondo narrativo era nato nel 1936 nel Västerås, Svezia centrale, due giorni or sono ha definitivamente abbandonato il Mondo 1 e 2 lasciando però ancora nel Mondo 3 tutte le maschere con cui volle rivestire il volto di quel se stesso che amava chiamare Chiunque. Poeta, prolifico romanziere, giornalista e filosofo, insegnò fino al 2006 – per ben ventidue anni – «Storia del pensiero europeo» a Austin, Texas, dove ambientò tra l’altro il suo magnifico “ciclo americano” (Storia con cane, 1994; Windy racconta, 1999 e Il decano, 2003, tutti tradotti da C. Giorgetti Cima ed editi da Iperborea) col quale riuscì a restituire con forza la desolazione di un deserto assolato e dimentico la cui voracità non è riuscita a spegnere la vitalità del suo pensiero.

Basso, I. M., Lars Gustafsson. Lo stupore come antidoto alla trivialità quotidiana, <<ALIAS DOMENICA>>, 2016-04-05 [http://hdl.handle.net/10807/107186]

Lars Gustafsson. Lo stupore come antidoto alla trivialità quotidiana

Basso, Ingrid Marina
2016

Abstract

Il linguaggio è creatore di mondi, lo spiegava solerte Popper alla fine degli anni Settanta quando all’universo delle entità fisiche (il cosiddetto “Mondo 1”) e degli stati mentali (il “Mondo 2”) affiancava il mondo delle creazioni della mente umana, il “Mondo 3”, la cui realtà ha uguale dignità e diritto d’esistenza di quella degli altri due mondi. Ma la natura di questo mondo terzo è appunto linguistica, e Lars Gustafsson, che non era solo un letterato e scrittore, ma anche un puntuale studioso di filosofia del linguaggio – studiò a Oxford con Gilbert Ryle alla fine degli anni Cinquanta –, lo sapeva bene e proprio per questo, da «abitante di un universo in cui non si sentiva di casa», come il Lars Lennart Westin, morituro apicultore di genio del romanzo del 1978, con il suo linguaggio, di mondi ne creò infiniti, esercitando quella salvifica «arte di poter diventare qualcun altro» che lo caratterizzava nel profondo. Lo svedese Lars Gustafsson, che come tutti i protagonisti del suo mondo narrativo era nato nel 1936 nel Västerås, Svezia centrale, due giorni or sono ha definitivamente abbandonato il Mondo 1 e 2 lasciando però ancora nel Mondo 3 tutte le maschere con cui volle rivestire il volto di quel se stesso che amava chiamare Chiunque. Poeta, prolifico romanziere, giornalista e filosofo, insegnò fino al 2006 – per ben ventidue anni – «Storia del pensiero europeo» a Austin, Texas, dove ambientò tra l’altro il suo magnifico “ciclo americano” (Storia con cane, 1994; Windy racconta, 1999 e Il decano, 2003, tutti tradotti da C. Giorgetti Cima ed editi da Iperborea) col quale riuscì a restituire con forza la desolazione di un deserto assolato e dimentico la cui voracità non è riuscita a spegnere la vitalità del suo pensiero.
Italiano
5-apr-2016
Basso, I. M., Lars Gustafsson. Lo stupore come antidoto alla trivialità quotidiana, <<ALIAS DOMENICA>>, 2016-04-05 [http://hdl.handle.net/10807/107186]
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