The conflict between father and son in the third episode of Euripides’ Alcestis has met with varying success in the history of the reception of this myth. The negative judgment prevailed in the seventeenth and eighteenth centuries, when the general trend was to ennoble the characters (see e.g. Charles Perrault, Pier Jacopo Martello, Christoph Martin Wieland). When not ignored, Pheres underwent a profound metamorphosis, as in Alceste II, the last drama of Vittorio Alfieri, where he is represented as ready to sacrifice himself for his son, and competes in virtue with Alcestis. With the exception of Robert Browning (Balaustion’s Adventure, 1871), the embarrassment in accepting the selfishness of Pheres, or the harsh reaction of Admetus, persists at least until the Seventies (Hugo von Hofmannsthal, Robert Prechtl, Marguerite Yourcenar, Alberto Savinio, Corrado Alvaro, Maurice Valency). Only in recent years modern playwrights have staged Pheres’ refusal to die in all its rawness, recovering and sometimes exacerbating the conflict between father and son (Giovanni Raboni, Ted Hughes).
Il personaggio euripideo di Ferete, nel quarto episodio dell'Alcesti, è stato oggetto di divergenti interpretazioni, spesso correlate con la questione della responsabilità morale di Admeto, in un inesausto dibattito critico che ha visto contrapporsi innocentisti e colpevolisti. C'è tuttavia unanime consenso sul fatto che Euripide, sia disseminando nel corso del dramma molteplici riferimenti al suo rifiuto di morire al posto del figlio, sia soprattutto nel suo aspro alterco con Admeto davanti al cadavere di Alcesti, ne abbia accentuato i tratti antieroici, in palese contrasto con la protagonista femminile. Sul piano della costruzione drammatica il diverbio tra padre e figlio termina senza aver dato impulso alcuno all'azione: l'ekphorà, interrotta dall'inopportuno e tardivo ingresso di Ferete, prosegue come se nulla fosse intervenuto, e d'altra parte né il Coro né gli altri personaggi nel prosieguo del dramma fanno mai a lui riferimento. Lo scopo principale di questa scena sembra dunque quello di approfondire la caratterizzazione di Admeto e di avviare in lui un procedimento di autoconsapevolezza che sfocerà nel monologo dei vv. 935-61, dove egli ripeterà in riferimento a se stesso le accuse di codardia poco prima indirizzate al padre (cf. in part. vv. 958s. con 644s.). In età moderna il personaggio di Ferete ha conosciuto alterna fortuna. Nel Sei e Settecento la generale tendenza a nobilitare Admeto ha avuto come inevitabile conseguenza o l'eliminazione dello scontro con il padre (Quinault, Calzabigi, Wieland) o, quanto meno, una sua sostanziale ristrutturazione, come ad esempio si verifica nel dramma di Pier Jacopo Martello, dove Fereto arriva a porgere al figlio una spada perché lo uccida, e ancor più nelle riscritture di La Grange-Chancel e di Alfieri, in cui Alcesti semplicemente anticipa il suocero nella scelta sacrificale. Per un convincente recupero del personaggio euripideo bisogna arrivare, in pieno Romanticismo, a Browning, in cui la durezza dello scontro tra Admeto e il padre è finemente individuata nel fatto che ciascuno di loro riconosce nell'altro il lato più detestabile di stesso. Il personaggio del genitore riacquista progressivamente un ruolo significativo nelle rivisitazioni novecentesche del mito, anche se tende a persistere un certo imbarazzo nell'inscenare un Admeto aspramente rampognante. Hofmannsthal, ad esempio, conserva la scena nella stessa posizione dell'originale, ma con tagli cospicui che ridimensionano considerevolmente lo scontro verbale, spostandolo piuttosto nell'ambito della gestualità: Admeto sfoga la sua aggressività nell'atto di gettar via dal cadavere della moglie le offerte funebri che il padre vi aveva deposto. Anche la Yourcenar in Le mystère d'Alceste conserva la scena (e anzi l'arricchisce con l'aggiunta della madre di Admeto), ma, modificando l'antefatto rispetto ad Euripide, toglie alla coppia di genitori la responsabilità della morte di Alcesti, con l'effetto, anche qui, di attenuare il conflitto. Nemmeno nell'Alcesti di Samuele di Savinio si pone per i genitori il problema della scelta sacrificale; peraltro, nonostante essi siano costantemente in scena per tutta la durata della pièce, le peculiari scelte drammaturgiche dell'autore fanno sì che non si abbia mai alcun dialogo con il figlio, che nemmeno ode le loro continue voci di commento. Più in generale, la tendenza a valorizzare sul piano drammaturgico la figura del padre, risparmiando tuttavia ad Admeto l'imbarazzante agone verbale alla maniera euripidea, caratterizza la gran parte delle rivisitazioni del mito nella prima metà del Novecento, da Benito Perèz Galdòs a Robert Prechtl a Corrado Alvaro a Maurice Valency. Un mutamento di tendenza si riscontra invece in alcune recenti riscritture: lo scontro generazionale, ripreso da Ted Hughes (1999) con toni ancora più grotteschi che nell'originale nella rappresentazione della decrepita coppia di genitori tenacemente aggrappati alla vita, diviene addirittura l'asse portante nel dramma Alcesti o La recita dell'esilio di Giovanni Raboni (2002), dove la disputa su a chi spetti sacrificarsi occupa l'intera durata dell'azione, facendo esplodere in scena incomprensioni e conflitti che hanno radici lontane.
Pattoni, M. P., Ferete, padre di Admeto. Storia di un personaggio, da secondario a comprimario, nelle riscritture dell'Alcesti di Euripide, in Bañuls Oller, J. V., De Martino, F., Morenilla, C., Personajes secundarios con historia. XIX Congreso Internacional de Teatro Grecolatino y su pervivencia en la Cultura Occidental, Valencia, 14, 15 y 16 de Octubre 2015, Levante, Bari 2016: 461-485 [http://hdl.handle.net/10807/94100]
Ferete, padre di Admeto. Storia di un personaggio, da secondario a comprimario, nelle riscritture dell'Alcesti di Euripide
Pattoni, Maria Pia
2016
Abstract
The conflict between father and son in the third episode of Euripides’ Alcestis has met with varying success in the history of the reception of this myth. The negative judgment prevailed in the seventeenth and eighteenth centuries, when the general trend was to ennoble the characters (see e.g. Charles Perrault, Pier Jacopo Martello, Christoph Martin Wieland). When not ignored, Pheres underwent a profound metamorphosis, as in Alceste II, the last drama of Vittorio Alfieri, where he is represented as ready to sacrifice himself for his son, and competes in virtue with Alcestis. With the exception of Robert Browning (Balaustion’s Adventure, 1871), the embarrassment in accepting the selfishness of Pheres, or the harsh reaction of Admetus, persists at least until the Seventies (Hugo von Hofmannsthal, Robert Prechtl, Marguerite Yourcenar, Alberto Savinio, Corrado Alvaro, Maurice Valency). Only in recent years modern playwrights have staged Pheres’ refusal to die in all its rawness, recovering and sometimes exacerbating the conflict between father and son (Giovanni Raboni, Ted Hughes).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.