La voce oltre a veicolare in forme linguistiche i contenuti della mente permette anche di trasmettere i sentimenti, gli stati d’animo e le intenzioni del parlante. Chi ascolta decodifica il significato di ciò che viene espresso non soltanto attraverso l’analisi del contenuto verbale (7%), ma anche utilizzando indizi forniti dalle espressioni facciali (55%) e dai tratti paralinguistici della voce (38%) (Mehrabian, 1971). Nella produzione e nella decodifica di quest’ultimi sono coinvolte strutture del sistema limbico (cervello emotivo). Secondo alcuni Autori la voce è il “barometro delle emozioni” (Aronson, 1990; Roy e Bless, 2000a), ed emozioni negative indotte da eventi stressanti, soprattutto se associate a particolari tratti di personalità che influenzano le strategie di coping allo stress, possono determinare l’insorgenza di un disturbo funzionale della voce (Baker, 2008). Il termine “Disfonia Funzionale” implica la presenza di un disturbo di voce in assenza di alterazioni della struttura e della motilità laringea. Si tratta di una categoria diagnostica che include un vasto assortimento di disturbi vocali: psicogeni, da conversione, isterici, da tensione, da iperfunzione, da cattivo uso. La differente terminologia utilizzata suggerisce che l’eziologia della disfonia funzionale è eterogenea, anche se non è ancora sufficientemente chiaro quanto questi disturbi siano qualitativamente differenti ed eziologicamente distinti (Roy, 2003). In particolare, mentre alcune etichette diagnostiche presumono la presenza di problematiche psicologiche, altre suggeriscono l’esistenza di un comportamento disfunzionale caratterizzato dalla presenza di tensioni muscolari e cattive abitudini vocali. Attualmente molti Autori, ritenendo che stress e caratteristiche della personalità possano interferire sull’equilibrio della muscolatura laringea intrinseca ed estrinseca, preferiscono utilizzare l’etichetta “Disfonia Muscolo-Tensiva Primaria (MTD I)” (Morrison et al, 1983; Morrison e Rammage, 1994; Roy et al, 1996). Quest’ultima secondo il “Classification Manual for Voice Disorders - I (CMVD-1)” (Verdolini et al, 2005) è un’alterazione della voce che si manifesta in assenza di lesioni organiche delle corde vocali, non riconducibile a una chiara eziologia psicogena o neurologica, associata a movimenti laringei eccessivi, atipici o abnormi durante la fonazione. Clinicamente la MTD I può manifestarsi in modo diverso. Il termine “ombrello” che la definisce è l’iperfunzione, ma questa può estrinsecarsi sia con l’iper- che con l’ipoadduzione delle corde vocali. L’iperadduzione determina fonotrauma ed è causalmente correlata allo sviluppo di lesioni delle corde vocali. L’ipoadduzione, che sembra maggiormente associata a particolari profili psicologici, si manifesta invece con rigidità delle corde vocali e co-contrazioni della muscolatura adduttoria e abduttoria che ostacolano l’emissione della voce, ma che non determinano alterazioni della mucosa cordale. Riguardo al ruolo svolto dai fattori psicologici nella MTD I, il CMVD- I (Verdolini et al, 2005) sottolinea che questi non possono essere presi in considerazione in assenza di elementi specifici e rilevanti e che la diagnosi di disturbo “psicogeno” della voce non è mai una diagnosi di esclusione. È tuttavia opinione condivisa che alla disfonia possano essere associati stati psicologici, come ad esempio quelli legati allo stress, che non costituiscono condizioni di psicopatologia franca, ma che possono comunque influenzare la voce. In generale, infatti, nei pazienti affetti da MTD I i problemi psicologici sembrano essere in relazione non tanto a reali problemi psichiatrici quanto piuttosto ad ansia che non supera la soglia per la diagnosi clinica (House e Andrews, 1987, 1988; Seifert e Kollbrunner, 2005). In quest’ottica appare dunque ragionevole supporre che la MTD I sia un disturbo ad eziologia multifattoriale in cui fattori fisiologici e psicologici interagiscono lungo un continuum (Altman et al., 2005; Roy e Bless, 2000b; Seifert e Kollbrunner, 2005; Verdolini et al., 2005).
D'Alatri, L., Ausili Cefaro, C., Disfonie funzionali ed aspetti psicologici, in De Vincentiis, M. (ed.), Il recupero delle funzioni laringee in seguito a malattie neurologiche, psichiatriche e chirurgia cervico-facciale, FrancoAngeli srl, MILANO -- ITA 2016: 161- 167 [http://hdl.handle.net/10807/93892]
Disfonie funzionali ed aspetti psicologici
D'Alatri, LuciaPrimo
;Ausili Cefaro, CarolinaUltimo
2016
Abstract
La voce oltre a veicolare in forme linguistiche i contenuti della mente permette anche di trasmettere i sentimenti, gli stati d’animo e le intenzioni del parlante. Chi ascolta decodifica il significato di ciò che viene espresso non soltanto attraverso l’analisi del contenuto verbale (7%), ma anche utilizzando indizi forniti dalle espressioni facciali (55%) e dai tratti paralinguistici della voce (38%) (Mehrabian, 1971). Nella produzione e nella decodifica di quest’ultimi sono coinvolte strutture del sistema limbico (cervello emotivo). Secondo alcuni Autori la voce è il “barometro delle emozioni” (Aronson, 1990; Roy e Bless, 2000a), ed emozioni negative indotte da eventi stressanti, soprattutto se associate a particolari tratti di personalità che influenzano le strategie di coping allo stress, possono determinare l’insorgenza di un disturbo funzionale della voce (Baker, 2008). Il termine “Disfonia Funzionale” implica la presenza di un disturbo di voce in assenza di alterazioni della struttura e della motilità laringea. Si tratta di una categoria diagnostica che include un vasto assortimento di disturbi vocali: psicogeni, da conversione, isterici, da tensione, da iperfunzione, da cattivo uso. La differente terminologia utilizzata suggerisce che l’eziologia della disfonia funzionale è eterogenea, anche se non è ancora sufficientemente chiaro quanto questi disturbi siano qualitativamente differenti ed eziologicamente distinti (Roy, 2003). In particolare, mentre alcune etichette diagnostiche presumono la presenza di problematiche psicologiche, altre suggeriscono l’esistenza di un comportamento disfunzionale caratterizzato dalla presenza di tensioni muscolari e cattive abitudini vocali. Attualmente molti Autori, ritenendo che stress e caratteristiche della personalità possano interferire sull’equilibrio della muscolatura laringea intrinseca ed estrinseca, preferiscono utilizzare l’etichetta “Disfonia Muscolo-Tensiva Primaria (MTD I)” (Morrison et al, 1983; Morrison e Rammage, 1994; Roy et al, 1996). Quest’ultima secondo il “Classification Manual for Voice Disorders - I (CMVD-1)” (Verdolini et al, 2005) è un’alterazione della voce che si manifesta in assenza di lesioni organiche delle corde vocali, non riconducibile a una chiara eziologia psicogena o neurologica, associata a movimenti laringei eccessivi, atipici o abnormi durante la fonazione. Clinicamente la MTD I può manifestarsi in modo diverso. Il termine “ombrello” che la definisce è l’iperfunzione, ma questa può estrinsecarsi sia con l’iper- che con l’ipoadduzione delle corde vocali. L’iperadduzione determina fonotrauma ed è causalmente correlata allo sviluppo di lesioni delle corde vocali. L’ipoadduzione, che sembra maggiormente associata a particolari profili psicologici, si manifesta invece con rigidità delle corde vocali e co-contrazioni della muscolatura adduttoria e abduttoria che ostacolano l’emissione della voce, ma che non determinano alterazioni della mucosa cordale. Riguardo al ruolo svolto dai fattori psicologici nella MTD I, il CMVD- I (Verdolini et al, 2005) sottolinea che questi non possono essere presi in considerazione in assenza di elementi specifici e rilevanti e che la diagnosi di disturbo “psicogeno” della voce non è mai una diagnosi di esclusione. È tuttavia opinione condivisa che alla disfonia possano essere associati stati psicologici, come ad esempio quelli legati allo stress, che non costituiscono condizioni di psicopatologia franca, ma che possono comunque influenzare la voce. In generale, infatti, nei pazienti affetti da MTD I i problemi psicologici sembrano essere in relazione non tanto a reali problemi psichiatrici quanto piuttosto ad ansia che non supera la soglia per la diagnosi clinica (House e Andrews, 1987, 1988; Seifert e Kollbrunner, 2005). In quest’ottica appare dunque ragionevole supporre che la MTD I sia un disturbo ad eziologia multifattoriale in cui fattori fisiologici e psicologici interagiscono lungo un continuum (Altman et al., 2005; Roy e Bless, 2000b; Seifert e Kollbrunner, 2005; Verdolini et al., 2005).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.