A partire dagli attacchi del settembre 2001, analisti, politici, giornalisti e opinione pubblica si sono progressivamente abituati a dover fare i conti con il rischio del terrorismo internazionale di matrice islamica, sempre più definito attraverso il termine jihadismo sotto le insegne di al-Qaida. Come sempre lo sguardo storico ci ricorda che tale fenomeno aveva già imboccato la strada del suo “destino” qualche decade prima, come ad esempio gli scritti di Abdullah Yusuf Azzam avevano in parte preconizzato. Nutrita e incubata dai molteplici teatri del “nuovo jihad” in Afghanistan, Algeria e nell’ex-Jugoslavia la minaccia jihadista aveva assunto contorni sempre più delineati e precisi, a dispetto di un’attenzione di media e agenzie di sicurezza non consona alla sua portata. A quasi quindici anni dagli attacchi sul suolo statunitense, la galassia jihadista ha dimostrato di saper cambiare e adattarsi al mutare delle condizioni internazionali e regionali. Una realtà resiliente sia dal punto di vista tattico-strategico sia da quello organizzativo. Senza snaturare o contraddire i suoi principi e orientamenti dottrinali, il jihadismo ha prima pervaso la dimensione globale, o si è almeno imposto su tale piano, divenendo poi sempre più una realtà profondamente inserita nei molteplici fronti di crisi locali che si sono aperti nel corso di questi anni, come testimoniato dalla nascita dei vari al-Qaida nel Maghreb, nella Penisola Araba e in Iraq
Maggiolini, P. M. L. C., Da al-Qaida alle nuove formazioni: la minaccia jihadista cambia, in Torelli, S. M., Varvelli, A. (ed.), L’Italia e la minaccia jihadista. Quale politica estera?, Epoké-ISPI, Novi Ligure 2015: 17- 41 [http://hdl.handle.net/10807/93498]
Da al-Qaida alle nuove formazioni: la minaccia jihadista cambia
Maggiolini, Paolo Maria Leo CesarePrimo
2015
Abstract
A partire dagli attacchi del settembre 2001, analisti, politici, giornalisti e opinione pubblica si sono progressivamente abituati a dover fare i conti con il rischio del terrorismo internazionale di matrice islamica, sempre più definito attraverso il termine jihadismo sotto le insegne di al-Qaida. Come sempre lo sguardo storico ci ricorda che tale fenomeno aveva già imboccato la strada del suo “destino” qualche decade prima, come ad esempio gli scritti di Abdullah Yusuf Azzam avevano in parte preconizzato. Nutrita e incubata dai molteplici teatri del “nuovo jihad” in Afghanistan, Algeria e nell’ex-Jugoslavia la minaccia jihadista aveva assunto contorni sempre più delineati e precisi, a dispetto di un’attenzione di media e agenzie di sicurezza non consona alla sua portata. A quasi quindici anni dagli attacchi sul suolo statunitense, la galassia jihadista ha dimostrato di saper cambiare e adattarsi al mutare delle condizioni internazionali e regionali. Una realtà resiliente sia dal punto di vista tattico-strategico sia da quello organizzativo. Senza snaturare o contraddire i suoi principi e orientamenti dottrinali, il jihadismo ha prima pervaso la dimensione globale, o si è almeno imposto su tale piano, divenendo poi sempre più una realtà profondamente inserita nei molteplici fronti di crisi locali che si sono aperti nel corso di questi anni, come testimoniato dalla nascita dei vari al-Qaida nel Maghreb, nella Penisola Araba e in IraqI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.