Il contributo, caratterizzato da un approccio teorico e metodologico di carattere interdisciplinare, approfondisce il tema dell’apporto della giurisprudenza costituzionale in materia penale: apporto tanto significativo da apparire equiparabile a quello derivante dallo stesso legislatore. Negli oltre sessanta anni del suo operato la Corte costituzionale si è espressa nella materia penale attraverso una varietà di sentenze, eterogenee per contenuti ma soprattutto per metodo. Essa ha elaborato nel tempo nuovi strumenti decisionali, che hanno integrato l’originaria e certamente non esaustiva dicotomia sentenze di accoglimento-sentenze di rigetto. L’intervento della Corte nel settore del diritto penale è tuttora in continua espansione e contraddistinto da un crescente grado di creatività, che si manifesta con evidenza rispetto ad alcune tipologie di sentenze, in particolare le sentenze c.d. manipolative. Attraverso tali controverse pronunce la Corte attua un’ingerenza nel dettato normativo, nel senso di una sua eliminazione o di un suo ampliamento, ed appare travalicare il suo ruolo giurisdizionale strettamente inteso per offrire rimedio in via diretta ed immediata a situazioni di (reale o potenziale) incostituzionalità. L’analisi, condotta sulla scorta di una ricca e puntuale casistica giurisprudenziale, che esplora anche i settori specifici della giustizia penale nel settore minorile ed in quello militare, è svolta secondo una duplice prospettiva di fondo: indagare il rapporto della Corte costituzionale con il legislatore e con i giudici ordinari. Rispetto ai rapporti con il legislatore, emblematiche della crescente consapevolezza acquisita dalla Corte circa il proprio ruolo di garante dei principi costituzionali sono le sentenze c.d. di monito, con le quali la Corte, ravvisando nella legislazione vigente squilibri o disarmonie rispetto al dettato costituzionale, sollecita l’intervento del legislatore al fine di scongiurare pronunce di incostituzionalità e vuoti normativi, salvo intervenire direttamente con decisioni di segno garantistico nel caso di perdurante inerzia dello stesso. Anche i rapporti tra Corte costituzionale e giudici ordinari sono interessati da una significativa evoluzione, chiaramente distinguibile soprattutto negli ultimi decenni. L’analisi della giurisprudenza costituzionale consente di rilevare tra questi interlocutori l’instaurazione di un rapporto fondato sulla reciproca valorizzazione: dalla Corte sono incoraggiati i poteri interpretativi del giudice ordinario, e gli effetti delle decisioni del giudice delle leggi sono accolti e sviluppati dai giudici ordinari. Le sentenze c.d. interpretative di rigetto, in particolare, rappresentano una tecnica decisoria importante a questi fini poiché, pur respingendo la questione di legittimità costituzionale, promuovono un’interpretazione del dettato normativo differente da quella fornita dal giudice a quo, che potrà essere recepita nelle successive applicazioni pratiche. Si delinea inoltre la tendenza della Corte costituzionale ad impegnare i giudici ordinari in un’opera di ricerca e di individuazione, tra le varie interpretazioni possibili, di quelle conformi a Costituzione. In altre parole, dalla Consulta provengono richiami ad una maggiore responsabilizzazione dei magistrati nell’esercizio del sindacato di costituzionalità di leggi e ad un sempre più accentuato e diffuso controllo di costituzionalità delle stesse, soprattutto quando oggetto di contestazione non sono le opzioni normative di fondo ma il loro carattere assoluto o eccessivamente rigido, che nell’applicazione al caso concreto conduce ad esiti contrari a ragionevolezza. All’esito dell’indagine svolta è possibile cogliere la complessità dello scenario in cui la Corte costituzionale attualmente opera. La dottrina tanto penalistica quanto costituzionalistica sembra in proposito concordare nel riconoscere al giudice delle leggi un ruolo di primo piano verso l’adeguamento del diritto penale vigente ai principi costituzionali, attuato attraverso un coinvolgimento sempre più diretto dei giudici, sollecitati a formulare interpretazioni conformi a Costituzione, e dello stesso legislatore, a cui si richiedono interventi di riforma ritenuti necessari ad un diritto penale costituzionalmente orientato.

Bertolino, M., Dalla mera interpretazione alla «manipolazione»: creatività e tecniche decisorie della Corte costituzionale tra diritto penale vigente e diritto vivente, in Marta Bertolin, M. B., Luciano Euseb, L. E., Gabrio Fort, G. F. (ed.), Studi in onore di Mario Romano - volume I -, Jovene, Napoli 2011: 55- 148 [http://hdl.handle.net/10807/8214]

Dalla mera interpretazione alla «manipolazione»: creatività e tecniche decisorie della Corte costituzionale tra diritto penale vigente e diritto vivente

Bertolino, Marta
2011

Abstract

Il contributo, caratterizzato da un approccio teorico e metodologico di carattere interdisciplinare, approfondisce il tema dell’apporto della giurisprudenza costituzionale in materia penale: apporto tanto significativo da apparire equiparabile a quello derivante dallo stesso legislatore. Negli oltre sessanta anni del suo operato la Corte costituzionale si è espressa nella materia penale attraverso una varietà di sentenze, eterogenee per contenuti ma soprattutto per metodo. Essa ha elaborato nel tempo nuovi strumenti decisionali, che hanno integrato l’originaria e certamente non esaustiva dicotomia sentenze di accoglimento-sentenze di rigetto. L’intervento della Corte nel settore del diritto penale è tuttora in continua espansione e contraddistinto da un crescente grado di creatività, che si manifesta con evidenza rispetto ad alcune tipologie di sentenze, in particolare le sentenze c.d. manipolative. Attraverso tali controverse pronunce la Corte attua un’ingerenza nel dettato normativo, nel senso di una sua eliminazione o di un suo ampliamento, ed appare travalicare il suo ruolo giurisdizionale strettamente inteso per offrire rimedio in via diretta ed immediata a situazioni di (reale o potenziale) incostituzionalità. L’analisi, condotta sulla scorta di una ricca e puntuale casistica giurisprudenziale, che esplora anche i settori specifici della giustizia penale nel settore minorile ed in quello militare, è svolta secondo una duplice prospettiva di fondo: indagare il rapporto della Corte costituzionale con il legislatore e con i giudici ordinari. Rispetto ai rapporti con il legislatore, emblematiche della crescente consapevolezza acquisita dalla Corte circa il proprio ruolo di garante dei principi costituzionali sono le sentenze c.d. di monito, con le quali la Corte, ravvisando nella legislazione vigente squilibri o disarmonie rispetto al dettato costituzionale, sollecita l’intervento del legislatore al fine di scongiurare pronunce di incostituzionalità e vuoti normativi, salvo intervenire direttamente con decisioni di segno garantistico nel caso di perdurante inerzia dello stesso. Anche i rapporti tra Corte costituzionale e giudici ordinari sono interessati da una significativa evoluzione, chiaramente distinguibile soprattutto negli ultimi decenni. L’analisi della giurisprudenza costituzionale consente di rilevare tra questi interlocutori l’instaurazione di un rapporto fondato sulla reciproca valorizzazione: dalla Corte sono incoraggiati i poteri interpretativi del giudice ordinario, e gli effetti delle decisioni del giudice delle leggi sono accolti e sviluppati dai giudici ordinari. Le sentenze c.d. interpretative di rigetto, in particolare, rappresentano una tecnica decisoria importante a questi fini poiché, pur respingendo la questione di legittimità costituzionale, promuovono un’interpretazione del dettato normativo differente da quella fornita dal giudice a quo, che potrà essere recepita nelle successive applicazioni pratiche. Si delinea inoltre la tendenza della Corte costituzionale ad impegnare i giudici ordinari in un’opera di ricerca e di individuazione, tra le varie interpretazioni possibili, di quelle conformi a Costituzione. In altre parole, dalla Consulta provengono richiami ad una maggiore responsabilizzazione dei magistrati nell’esercizio del sindacato di costituzionalità di leggi e ad un sempre più accentuato e diffuso controllo di costituzionalità delle stesse, soprattutto quando oggetto di contestazione non sono le opzioni normative di fondo ma il loro carattere assoluto o eccessivamente rigido, che nell’applicazione al caso concreto conduce ad esiti contrari a ragionevolezza. All’esito dell’indagine svolta è possibile cogliere la complessità dello scenario in cui la Corte costituzionale attualmente opera. La dottrina tanto penalistica quanto costituzionalistica sembra in proposito concordare nel riconoscere al giudice delle leggi un ruolo di primo piano verso l’adeguamento del diritto penale vigente ai principi costituzionali, attuato attraverso un coinvolgimento sempre più diretto dei giudici, sollecitati a formulare interpretazioni conformi a Costituzione, e dello stesso legislatore, a cui si richiedono interventi di riforma ritenuti necessari ad un diritto penale costituzionalmente orientato.
2011
Italiano
Studi in onore di Mario Romano - volume I -
978-88-243-2023-8
Bertolino, M., Dalla mera interpretazione alla «manipolazione»: creatività e tecniche decisorie della Corte costituzionale tra diritto penale vigente e diritto vivente, in Marta Bertolin, M. B., Luciano Euseb, L. E., Gabrio Fort, G. F. (ed.), Studi in onore di Mario Romano - volume I -, Jovene, Napoli 2011: 55- 148 [http://hdl.handle.net/10807/8214]
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