Richiamati preliminarmente i presupposti teorici e metodologici che, per l’età postridentina in particolare, rendono pacificamente legittimo snodare un percorso di ricerca attraverso gli esiti iconografici ed assegnare a dettagli o a eventuali scarti rispetto ad un canone codificato una portata densa di riverberi su molteplici livelli; ricapitolate, quindi, le specifiche coordinate culturali, pastorali ed ecclesiologiche a cui far riferimento, qualora si intenda trattare del rapporto tra Carlo e Ambrogio, l’A. individua in un dettaglio, solo apparentemente marginale – la presenza o l’assenza della barba nei ritratti di Ambrogio realizzati nell’arco cronologico che va dall’episcopato di Carlo Borromeo a quello del cugino Federico – una cartina di tornasole utile a cogliere e ad interpretare un ampio spettro di complesse dinamiche legate alla normativa e al disciplinamento, ai rapporti tra potere spirituale e temporale, nonché alla costruzione di modelli di santità, sullo sfondo di un largo coinvolgimento di attori molteplici, non privo di tensioni e dissonanze. Entro un catalogo iconografico ormai risaputo nelle sue linee generali, ma nitido e sicuro solo all’apparenza, si è preferito focalizzare l’attenzione su un unico, paradigmatico case study che offrisse l'opportunità di cogliere l’ampio ventaglio di sfumature sottese al tema affrontato e, nel contempo, consentisse di toccare con mano le difficoltà implicate da una ricostruzione storica segnata da frustranti lacune documentarie e da una letteratura scientifica spesso contradditoria. Ben si prestava a realizzare questo obiettivo la pala che dall'altare di sant'Ambrogio nel Duomo di Milano propone il perdono accordato all’imperatore Teodosio dal santo vescovo, adorno di canuta e fluente barba. Una volta scandagliati il variegato retroterra e i complessi retroscena che una documentazione insolitamente rarefatta e taciturna lasciano intuire, in un tessuto policentrico e cangiante difficile da imprigionare entro schemi troppo semplificatori, è emersa in tutta la sua contradditorietà la natura di un dipinto dove un tema caro ad entrambi i Borromeo (il rapporto tra autorità ecclesiastica e civile) è stato declinato nelle forme predilette da Federico - più tenere, dense di affettività - ma nel contempo figurativamente attuato secondo criteri che quest’ultimo mai avrebbe potuto approvare; criteri smascherati proprio dalla barba esibita da Ambrogio, non resa cogente dalla necessità di perseguire realismo o veridicità, né tantomeno dalla volontà di aderire ai decreti emanati da Carlo in merito alla tonsura del clero (che avrebbero previsto invece un santo glabro), ma comprensibile soltanto come un’eco dell’annosa polemica suscitata dai provvedimenti carolini. Polemica che, dunque, ancora a cavallo tra Cinque e Seicento era in grado di suscitar dibattiti e allineare schieramenti opposti.

Albuzzi, A., La barba di Ambrogio. Iconografia, erudizione agiografica e propaganda nella Milano dei due Borromeo, in Boucheron Patric, B. P., Gioanni Stéphan, G. S. (ed.), La memoria di Ambrogio di Milano. Usi politici di una autorità patristica in Italia (secc. V-XVIII), École Française de Rome, ROMA -- ITA 2015: 155- 207 [http://hdl.handle.net/10807/77128]

La barba di Ambrogio. Iconografia, erudizione agiografica e propaganda nella Milano dei due Borromeo

Albuzzi, Annalisa
Primo
2015

Abstract

Richiamati preliminarmente i presupposti teorici e metodologici che, per l’età postridentina in particolare, rendono pacificamente legittimo snodare un percorso di ricerca attraverso gli esiti iconografici ed assegnare a dettagli o a eventuali scarti rispetto ad un canone codificato una portata densa di riverberi su molteplici livelli; ricapitolate, quindi, le specifiche coordinate culturali, pastorali ed ecclesiologiche a cui far riferimento, qualora si intenda trattare del rapporto tra Carlo e Ambrogio, l’A. individua in un dettaglio, solo apparentemente marginale – la presenza o l’assenza della barba nei ritratti di Ambrogio realizzati nell’arco cronologico che va dall’episcopato di Carlo Borromeo a quello del cugino Federico – una cartina di tornasole utile a cogliere e ad interpretare un ampio spettro di complesse dinamiche legate alla normativa e al disciplinamento, ai rapporti tra potere spirituale e temporale, nonché alla costruzione di modelli di santità, sullo sfondo di un largo coinvolgimento di attori molteplici, non privo di tensioni e dissonanze. Entro un catalogo iconografico ormai risaputo nelle sue linee generali, ma nitido e sicuro solo all’apparenza, si è preferito focalizzare l’attenzione su un unico, paradigmatico case study che offrisse l'opportunità di cogliere l’ampio ventaglio di sfumature sottese al tema affrontato e, nel contempo, consentisse di toccare con mano le difficoltà implicate da una ricostruzione storica segnata da frustranti lacune documentarie e da una letteratura scientifica spesso contradditoria. Ben si prestava a realizzare questo obiettivo la pala che dall'altare di sant'Ambrogio nel Duomo di Milano propone il perdono accordato all’imperatore Teodosio dal santo vescovo, adorno di canuta e fluente barba. Una volta scandagliati il variegato retroterra e i complessi retroscena che una documentazione insolitamente rarefatta e taciturna lasciano intuire, in un tessuto policentrico e cangiante difficile da imprigionare entro schemi troppo semplificatori, è emersa in tutta la sua contradditorietà la natura di un dipinto dove un tema caro ad entrambi i Borromeo (il rapporto tra autorità ecclesiastica e civile) è stato declinato nelle forme predilette da Federico - più tenere, dense di affettività - ma nel contempo figurativamente attuato secondo criteri che quest’ultimo mai avrebbe potuto approvare; criteri smascherati proprio dalla barba esibita da Ambrogio, non resa cogente dalla necessità di perseguire realismo o veridicità, né tantomeno dalla volontà di aderire ai decreti emanati da Carlo in merito alla tonsura del clero (che avrebbero previsto invece un santo glabro), ma comprensibile soltanto come un’eco dell’annosa polemica suscitata dai provvedimenti carolini. Polemica che, dunque, ancora a cavallo tra Cinque e Seicento era in grado di suscitar dibattiti e allineare schieramenti opposti.
2015
Italiano
La memoria di Ambrogio di Milano. Usi politici di una autorità patristica in Italia (secc. V-XVIII)
9782728311316
École Française de Rome
Albuzzi, A., La barba di Ambrogio. Iconografia, erudizione agiografica e propaganda nella Milano dei due Borromeo, in Boucheron Patric, B. P., Gioanni Stéphan, G. S. (ed.), La memoria di Ambrogio di Milano. Usi politici di una autorità patristica in Italia (secc. V-XVIII), École Française de Rome, ROMA -- ITA 2015: 155- 207 [http://hdl.handle.net/10807/77128]
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