Il 7 gennaio 2015 i due fratelli franco-algerini Said e Cherif Kouachi entrano nella sede della rivista satirica Charlie Hebdo e uccidono dodici persone. La condanna per la strage, descritta come un vile attentato alla libertà di espressione, è immediata e unanime. La risonanza mediatica dell’evento è altissima, manifestazioni di solidarietà alle vittime dell’attentato parigino hanno luogo in tutto il mondo, accomunate dallo slogan Je suis Charlie (“Io sono Charlie”). Qualche tempo dopo, l’11 febbraio, il cinquantaquattrenne Craig Stephen Hicks uccide tre ragazzi musulmani nei pressi dell’Università di Chapel Hill, in North Carolina. I media inizialmente ignorano l’accaduto, ma i social network lo portano immediatamente alla ribalta invadendo la rete con gli hashtag #MuslimLivesMatter (“Le vite dei musulmani contano”) e #ChapelHillShooting (“Sparatoria di Chapel Hill”), accusando i mezzi di comunicazione occidentali di dare spazio solo alle notizie in cui i musulmani sono i carnefici e di trascurare invece quelle in cui sono le vittime. L’accusa si ritrova nella maggioranza dei media arabi, dove le due stragi – in un certo modo l’una specchio dell’altra – si intrecciano negli articoli di opinione, dando vita a un’ampia gamma di commenti e analisi. Il presente contributo offre una rassegna dei temi principali che ne emergono, utile per capire come la questione del terrorismo venga trattata al di fuori dell’Europa.
Peta, I., Da Charlie Hebdo a Chapel Hill: stragi incrociate nella lettura dei media arabi, in Alessandro Zaccur, A. Z. (ed.), Il tablet e la mezzaluna. Islam e media al tempo del meticciato, Marsilio Editore, Venezia 2016: 36- 43 [http://hdl.handle.net/10807/77122]
Da Charlie Hebdo a Chapel Hill: stragi incrociate nella lettura dei media arabi
Peta, InesPrimo
2016
Abstract
Il 7 gennaio 2015 i due fratelli franco-algerini Said e Cherif Kouachi entrano nella sede della rivista satirica Charlie Hebdo e uccidono dodici persone. La condanna per la strage, descritta come un vile attentato alla libertà di espressione, è immediata e unanime. La risonanza mediatica dell’evento è altissima, manifestazioni di solidarietà alle vittime dell’attentato parigino hanno luogo in tutto il mondo, accomunate dallo slogan Je suis Charlie (“Io sono Charlie”). Qualche tempo dopo, l’11 febbraio, il cinquantaquattrenne Craig Stephen Hicks uccide tre ragazzi musulmani nei pressi dell’Università di Chapel Hill, in North Carolina. I media inizialmente ignorano l’accaduto, ma i social network lo portano immediatamente alla ribalta invadendo la rete con gli hashtag #MuslimLivesMatter (“Le vite dei musulmani contano”) e #ChapelHillShooting (“Sparatoria di Chapel Hill”), accusando i mezzi di comunicazione occidentali di dare spazio solo alle notizie in cui i musulmani sono i carnefici e di trascurare invece quelle in cui sono le vittime. L’accusa si ritrova nella maggioranza dei media arabi, dove le due stragi – in un certo modo l’una specchio dell’altra – si intrecciano negli articoli di opinione, dando vita a un’ampia gamma di commenti e analisi. Il presente contributo offre una rassegna dei temi principali che ne emergono, utile per capire come la questione del terrorismo venga trattata al di fuori dell’Europa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.