Il terzo atto della seconda parte del Faust di Goethe è dedicato a Elena. La scena si svolge davanti al palazzo di Menelao a Sparta, dove la coppia regale ha appena fatto ritorno dalla piana di Troia. Viene apparecchiato un sacrificio, la cui vittima pare essere Elena stessa con le sue ancelle. C’è un modo per sottrarsi alla mannaia: il consenso di Elena a recarsi nel castello che una stirpe cimmeria ha innalzato dietro a Sparta nelle valli del Taigeto. Elena acconsente. Il palazzo di Menelao, circondato di nebbie, si trasforma in quello di Faust, signore nordico. (Elena viaggia nel tempo, Faust nello spazio.) Linceo, la vedetta posta a guardia del castello, col compito di segnalare, grazie alla sua vista prodigiosa, chiunque si avanzi, abbagliato dalla bellezza di Elena, viene meno al suo dovere. Faust lo condanna a morte, ma Elena lo grazia, dopo aver ascoltato la sua difesa. Col mutare dei luoghi e degli eventi i personaggi si esprimono con metri diversi. All’inizio del dramma Elena adopera trimetri giambici e a tratti tetrametri trocaici. Dopo aver ascoltato l’autodifesa di Linceo, che si esprime in quartine, dapprima in tetrapodia trocaica a rima alternata, poi in tetrapodia giambica a rima baciata, Elena, che nel frattempo è passata alla tetrapodia giambica non rimata, chiede a Faust, piena di stupore, che discorso sia quello di Linceo, così strano e gradevole, nel quale un suono pare adattarsi all’altro e dove una parola, appena giunta ad accompagnare l’orecchio, è seguita da un’altra che accarezza la precedente. Elena ha per la prima volta sentito la rima. Faust le insegnerà a formarla e mai alunna sarà stata più docile e pronta nell’apprendere. Si realizza così il connubio tra Classicità e Medioevo, tra Grecia e Germania, tra poesia classica e poesia romantica, tra metrica arcaica e rima romanza.
Frola, M. F., Faust e Elena: apprendere la rima, in Bosisio, C. (ed.), Ianuam linguarum reserare, saggi in onore di Bona Cambiaghi, Le Monnier, Firenze 2011: 94- 100 [http://hdl.handle.net/10807/7150]
Faust e Elena: apprendere la rima
Frola, Maria Franca
2011
Abstract
Il terzo atto della seconda parte del Faust di Goethe è dedicato a Elena. La scena si svolge davanti al palazzo di Menelao a Sparta, dove la coppia regale ha appena fatto ritorno dalla piana di Troia. Viene apparecchiato un sacrificio, la cui vittima pare essere Elena stessa con le sue ancelle. C’è un modo per sottrarsi alla mannaia: il consenso di Elena a recarsi nel castello che una stirpe cimmeria ha innalzato dietro a Sparta nelle valli del Taigeto. Elena acconsente. Il palazzo di Menelao, circondato di nebbie, si trasforma in quello di Faust, signore nordico. (Elena viaggia nel tempo, Faust nello spazio.) Linceo, la vedetta posta a guardia del castello, col compito di segnalare, grazie alla sua vista prodigiosa, chiunque si avanzi, abbagliato dalla bellezza di Elena, viene meno al suo dovere. Faust lo condanna a morte, ma Elena lo grazia, dopo aver ascoltato la sua difesa. Col mutare dei luoghi e degli eventi i personaggi si esprimono con metri diversi. All’inizio del dramma Elena adopera trimetri giambici e a tratti tetrametri trocaici. Dopo aver ascoltato l’autodifesa di Linceo, che si esprime in quartine, dapprima in tetrapodia trocaica a rima alternata, poi in tetrapodia giambica a rima baciata, Elena, che nel frattempo è passata alla tetrapodia giambica non rimata, chiede a Faust, piena di stupore, che discorso sia quello di Linceo, così strano e gradevole, nel quale un suono pare adattarsi all’altro e dove una parola, appena giunta ad accompagnare l’orecchio, è seguita da un’altra che accarezza la precedente. Elena ha per la prima volta sentito la rima. Faust le insegnerà a formarla e mai alunna sarà stata più docile e pronta nell’apprendere. Si realizza così il connubio tra Classicità e Medioevo, tra Grecia e Germania, tra poesia classica e poesia romantica, tra metrica arcaica e rima romanza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.