Al ragionamento forense da cui consegue la decisione giudiziale contribuiscono diversi attori: investigatori, giudici, parti, testimoni, esperti. Questi ultimi, in particolare, offrono all'organo giudicante un sapere specifico sui fatti oggetto di giudizio del quale il primo non dispone, sapere che entra a tutti gli effetti nel ragionamento probatorio. Il contributo illustra le differenti fasi inferenziali che compongono il ragionamento giudiziario, evidenziando i rischi di errori cognitivi che possono inserirsi nel procedimento di formazione della decisione, nei casi in cui il pensiero spontaneo, intuitivo, prevale su quello formale. Un profilo di particolare interesse, in questo senso, è offerto dall'impiego delle c.d. massime di esperienza, che celano incognite pericolose, poichè potrebbero essere il frutto di generalizzazioni empiricamente non verificate. Speciale attenzione in ambito processuale meritano attualmente le prove neuroscientifiche, in particolare nei casi in cui è in discussione la capacità di intendere e di volere dell'imputato. Esse si fondano su metodiche oggettive in grado di migliorare l'indagine sulle basi biologiche del disturbo mentale e del comportamento criminale, sollevando nel contempo quesiti ineludibili circa il loro ruolo nel processo penale e il loro impatto sul procedimento decisorio del giudice.
Bertolino, M., Prove neuro-psicologiche di verità penale, in Forti, G., Varraso, G., Caputo, P. M. (ed.), «Verità» del precetto e della sanzione penale alla prova del processo, Jovene, Napoli 2014: 111- 154 [http://hdl.handle.net/10807/57965]
Prove neuro-psicologiche di verità penale
Bertolino, Marta
2014
Abstract
Al ragionamento forense da cui consegue la decisione giudiziale contribuiscono diversi attori: investigatori, giudici, parti, testimoni, esperti. Questi ultimi, in particolare, offrono all'organo giudicante un sapere specifico sui fatti oggetto di giudizio del quale il primo non dispone, sapere che entra a tutti gli effetti nel ragionamento probatorio. Il contributo illustra le differenti fasi inferenziali che compongono il ragionamento giudiziario, evidenziando i rischi di errori cognitivi che possono inserirsi nel procedimento di formazione della decisione, nei casi in cui il pensiero spontaneo, intuitivo, prevale su quello formale. Un profilo di particolare interesse, in questo senso, è offerto dall'impiego delle c.d. massime di esperienza, che celano incognite pericolose, poichè potrebbero essere il frutto di generalizzazioni empiricamente non verificate. Speciale attenzione in ambito processuale meritano attualmente le prove neuroscientifiche, in particolare nei casi in cui è in discussione la capacità di intendere e di volere dell'imputato. Esse si fondano su metodiche oggettive in grado di migliorare l'indagine sulle basi biologiche del disturbo mentale e del comportamento criminale, sollevando nel contempo quesiti ineludibili circa il loro ruolo nel processo penale e il loro impatto sul procedimento decisorio del giudice.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.