Il contributo indaga il tema del ruolo attuale dell'informazione come strumento di conoscenza e di pubblicizzazione delle questioni inerenti il crimine. Il diritto di cronaca, in particolare, ha progressivamente assunto carattere pervasivo soprattutto in ambito giudiziario, dedicando speciale attenzione ai reati e alle relative vicende processuali. Tale tendenza, se da un lato adempie alla fondamentale funzione di "in-formazione" del pubblico, dall'altro lato rischia di compromettere diritti primari della persona costituzionalmente garantiti, tra i quali la presunzione di non colpevolezza. L'analisi si concentra sul ruolo dei media nell'informazione e nella rappresentazione del reato, evidenziando le spiccate potenzialità distorsive che un uso non corretto degli strumenti di informazione può provocare: l'attivazione di meccanismi di esclusione, attraverso processi di identificazione negativa; di meccanismi di emulazione da parte dei soggetti più deboli ed esposti; di meccanismi di identificazione positiva con la vittima, che favoriscono la diffusione di un senso di paura (moral panic). Sono indagate, quindi, le ricadute sul sistema penale della realtà oggetto di "rappresentazione", con riferimento tanto alla prospettiva del legislatore in ambito penale, quanto ai momenti del processo penale e dell'esecuzione della pena. Si evidenzia che i media potrebbero costituire un prezioso alleato del sistema penale delle garanzie, qualora fossero in grado di formare ed educare la coscienza collettiva alla "verità" del crimine, senza enfatizzazioni né "normalizzazioni" del fenomeno criminale.
Bertolino, M., Giustizia narrata o giustizia tradita?, in Forti, G., Mazzucato, C., Visconti, A. (ed.), Giustizia e letteratura - I, Vita e Pensiero, Milano 2012: 610- 635 [http://hdl.handle.net/10807/56481]
Giustizia narrata o giustizia tradita?
Bertolino, Marta
2012
Abstract
Il contributo indaga il tema del ruolo attuale dell'informazione come strumento di conoscenza e di pubblicizzazione delle questioni inerenti il crimine. Il diritto di cronaca, in particolare, ha progressivamente assunto carattere pervasivo soprattutto in ambito giudiziario, dedicando speciale attenzione ai reati e alle relative vicende processuali. Tale tendenza, se da un lato adempie alla fondamentale funzione di "in-formazione" del pubblico, dall'altro lato rischia di compromettere diritti primari della persona costituzionalmente garantiti, tra i quali la presunzione di non colpevolezza. L'analisi si concentra sul ruolo dei media nell'informazione e nella rappresentazione del reato, evidenziando le spiccate potenzialità distorsive che un uso non corretto degli strumenti di informazione può provocare: l'attivazione di meccanismi di esclusione, attraverso processi di identificazione negativa; di meccanismi di emulazione da parte dei soggetti più deboli ed esposti; di meccanismi di identificazione positiva con la vittima, che favoriscono la diffusione di un senso di paura (moral panic). Sono indagate, quindi, le ricadute sul sistema penale della realtà oggetto di "rappresentazione", con riferimento tanto alla prospettiva del legislatore in ambito penale, quanto ai momenti del processo penale e dell'esecuzione della pena. Si evidenzia che i media potrebbero costituire un prezioso alleato del sistema penale delle garanzie, qualora fossero in grado di formare ed educare la coscienza collettiva alla "verità" del crimine, senza enfatizzazioni né "normalizzazioni" del fenomeno criminale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.